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Dal 15/02/2007 tutti i testi saranno inseriti
in ordine cronologico crescente

Si prega non inviare testi non attinenti al mondo dell'Arte

Per inserire il vostro testo o commento

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E.mail di Giuseppe Salerno:

" Cara Befana,

non ho mai creduto in te, ma voglio dirti una cosa.

Il Premio Terna, al quale partecipano tantissimi “artisti” le cui opere in concorso vengono pubblicate sull’apposito sito, assegna annualmente un riconoscimento a chi riceve il maggior numero di voti on-line. 

E così ogni volta centinaia di email mi arrivano puntualmente da altrettanti artisti che, tra loro in competizione, si attendono tutti, in virtù della nostra amicizia, che voti per loro. 

Dopo essersi regolarmente registrato, chiunque può, pur nell’impossibilità sostanziale di visionare e comparare le migliaia di opere in concorso, assegnare il proprio voto.

Alla stregua di aspiranti miss, vallette, veline o postine, gli artisti mobilitano familiari, amici e amici di amici pregandoli, come in una interminabile catena di S. Antonio, di coinvolgerne ancora altri alla ricerca di preziosi voti. 

Voti, si chiedono voti e non apprezzamenti! Al di la di ogni impossibilità di valutazione, ciascuno ti chiede esplicitamente e ripetutamente di votare per loro. 

Esattamente come avveniva, e ci auguriamo sia solo un ricordo, nel segreto della cabina elettorale dove si dava la preferenza al nome che qualcuno ci aveva appuntato sul bigliettino che a nostra volta avevamo ben piegato e riposto nel fondo della tasca. 

Sono questi meccanismi perversi, che nulla hanno a che vedere con l’arte, a generare la convinzione che valore e riconoscimento spettino a quanti, a qualunque costo, dimostrino la propria capacità di mobilitazione.

Di fronte a ciò provo una grande tristezza non per quanti raccogliendo migliaia di indirizzi utili incrementano il loro potere comunicazionale, ma per i tanti “artisti” che continuano a credere nella befana.

L'arte, quella vera, non ha bisogno di voti né di vincitori ma di attenzione, sensibilità, cultura. Soltanto la passione che l’alimenta, la frequentazione ed il contagio determinano quella crescita sconosciuta ad un mercato distorto, drogato e lontano dalle istanze che dell’arte sono a fondamento. 

Vadano gli artisti per primi a visitare le altrui mostre! Non quelle promosse da un'economia che ha i suoi tornaconti. Contribuiscano essi, con la propria assidua presenza fisica, a determinare un clima di partecipazione e condivisione ogni qualvolta ciascuno di loro si mette a nudo su una tela o attraverso le proprie parole. Coinvolgano dolcemente altri a respirare la medesima aria.

L’arte è vita per chi la produce e linfa vitale per chi se ne nutre. L'arte è incontro e confronto, mai competizione.

Cara Befana, non ho mai creduto in te e non ti chiedo regali ma, qualora tu esistessi, ti prego: portati via il Premio Terna!"

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S’inaugura lunedì 7 gennaio alle ore 18 il nono appuntamento espositivo di “Firenze: Panorama Arti Visive”, rassegna artistica che si svolgerà fino a luglio 2013 nei locali dell’Ideal Firenze, in via Il Prato 4/b.
Ideata e diretta dal giornalista Fabrizio Borghini con la collaborazione di Daniela Pronestì, la rassegna si propone di raccontare l’arte contemporanea attraverso una serie di appuntamenti
in cui la presenza di differenti linguaggi artistici porrà in essere un intreccio di suggestioni visive, stili e tecniche tra modernità e tradizione. La mostra, curata e presentata per l’occasione dalla
critica d’arte Veronica Mura, vedrà la partecipazione di Gianfranco Autunnali, Maurizio Biagioni, Fabrizio Filippi e Daniele Ricci.

Alle ore 19 presentazione del libro “Assenzio” scritto da Veronica Mura.

Presente all’inaugurazione il Presidente del Consiglio Comunale Eugenio Giani.

La mostra si protrarrà fino al 21 gennaio e sarà visitabile negli orari di apertura del locale (Lun - Giov 7.00 / 24.00, Ven - Sab 8.00 / 24.00).

L’evento sarà ripreso dalle telecamere di Toscana Tv.

Per info: danielapronesti@hotmail.com  

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DA ROMA AL POLO SUD
Foto e altri documenti dall’archivio di Erich B. Kusch

14 gennaio-16 febbraio 2013

s.t. foto libreria galleria
Via degli Ombrellari, 25 Roma (Borgo Pio)

inaugurazione lunedì 14 gennaio, ore 19:00

con il patrocinio della Casa di Goethe
in collaborazione con Viaggi dell'Elefante 

s.t. foto libreria galleria 
via degli ombrellari, 25
Roma (Borgo Pio) 00193
+39 0664760105
info@stsenzatitolo.it
www.stsenzatitolo.it

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MARCELLO SCARSELLI 
IN MOSTRA A PALAZZO MEDICI RICCARDI DI FIRENZE.


Si inaugura venerdì 11 gennaio 2013 alle ore 16,30 a Firenze presso la sala espositiva “La Limonaia” di Palazzo Medici Riccardi, in via Cavour (sede della Provincia di Firenze) la mostra di pittura, scultura e incisione dell’artista Marcello Scarselli dal titolo “Humanitas Machinarum” (il lavoro dipinto) a cura di Giuseppe Cordoni e Filippo Lotti.
Marcello Scarselli: artista pisano, pittore, disegnatore e scultore. Inizia la sua carriera artistica negli anni ’70, partecipando a numerose mostre collettive e consolidandola negli anni attraverso una costante attività espositiva sia in Italia che all’estero con antologiche personali d’ampio respiro.
Decisivo nella sua formazione l’incontro con numerosi artisti toscani come Paolo Grigò e Mario Madiai e la conoscenza di artisti di fama internazionale quali Ennio Calabria e Giancarlo Ossola.
Marcello Scarselli nato a Santa Maria a Monte (PI) nel 1953, dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico di Pontedera, prosegue gli studi frequentando corsi di disegno ed intaglio. La sua pittura è raccontata attraverso tecniche e contenuti d’avanguardia. la cui evoluzione espressiva è soggetta ad una costante ricerca.
Come scrive il critico Giuseppe Cordoni nel suo testo: “gran parte della critica ha più volte già rimarcato la duttile complessità e l’eclettismo stilistico che aumenta la sintesi a cui il linguaggio di Scarselli a man mano perviene; espressionismo astratto ed informale, gestualità segnica e onirismo infantile”. 
Dal canto suo Elena Capone sottolinea “quel suo agile appropriarsi d’una modernità che prende in prestito tecniche e procedure arcaiche, in un astrattismo ibrido in cui affiorano forme riconoscibili e familiari; un’indagine artistica che fa del silenzio e dell’introspezione il suo motivo conduttore complesso, infinito e mai risolto”.
Una pittura interiore, un viaggio nella materia, scrive Riccardo Ferrucci, che diventa scoperta di sentimenti ed emozioni; l’arte è un gioco tra luce e buio, tra memoria e ricordo, un appassionato dialogo con la storia e il tempo.
Le sue immagini si fanno più delicate, rarefatte, malinconiche, affiorano i toni del grigio, si riducono le variazioni cromatiche, si aprono spazi più vuoti ed essenziali.
Marcello Scarselli nel 2011 è stato selezionato dalla critica del Regno Unito, per una esposizione internazionale alla Galleria Royal Opera Arcade Pall Mall (London).
Di recente ha esposto, con artisti come Ivan Theimer, Gigi Guadagnucci, Silvio Loffredo, Girolamo Ciulla, Renato Frosali, Alfonso Borghi. 
Numerosi suoi dipinti figurano in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.
Ha realizzato etichette d’autore per importanti vini di Bolgheri (Versilia Wine Art, a cura di Lodovico Gierut, Chiesa di Sant’Agostino a Pietrasanta).

La mostra patrocinata dalla Regione Toscana e Provincia di Firenze e con la collaborazione con FuoriLuogo, servizi per l’Arte e con l’Associazione Culturale “La Ruga” è curata da Giuseppe Cordoni e Filippo Lotti, curatore anche del catalogo che accompagna la mostra.
La mostra itinerante sarà esposta in altre due prestigiose location in Toscana: Palazzo Mediceo di Seravezza e il Museo Piaggio di Pontedera.
Inaugurazione: venerdì 11 gennaio 2013, ore 16,30
La Limonaia Palazzo Medici Riccardi, via Cavour 1-3 Firenze.
Orario mostra: tutti i giorni dalle 9,00 alle 19,00.
Chiuso il mercoledì. 
Ingresso libero solo il giorno dell’inaugurazione.

Anna Scorsone Alessandri

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ASOLOARTFILMFESTIVAL

1973 – 2013 Quarant'anni di Cinema d'arte

32ª EDIZIONE
BANDO DI CONCORSO

30 Agosto – 8 Settembre 2013

Festival Internazionale del Film sull’Arte e di Biografie d’Artisti

Il Festival è ideato ed organizzato da A.I.A.F. (Asolo International Art Festival), ente 
culturale non profit con personalità giuridica privata (D.G.R. del Veneto N° 59/41.03 del 
18/04/03). 

Il Concorso si articola in due sezioni: 

• FILM SULL'ARTE per opere dedicate all’arte in tutte le sue forme e a lavori di ricostruzione storica e interpretazione critica dedicati all'arte;

• BIOGRAFIE D'ARTISTA per lavori di ricostruzione storica e interpretazione critica dedicati a personaggi del mondo dell'arte;

REGOLAMENTO

Al Concorso possono partecipare solo opere realizzate dopo il 1 gennaio 2011. Le opere dovranno rientrare in una delle 2 sezioni previste da contrassegnarsi nella scheda d’iscrizione. 
La Commissione di selezione si riserva tuttavia, qualora ne ravvisasse gli estremi, la possibilità d’inserire l’opera pervenuta in una sezione diversa da quella suggerita dall’artista. 
Le opere dovranno avere una durata non superiore ai 52 minuti per le opere con tecnica classica e non superiore ai 10 minuti per i film d'animazione. 
La partecipazione al Concorso è gratuita. 

Per partecipare al Concorso è obbligatorio: 

• compilare e stampare il presente regolamento completo di scheda di partecipazione compilata in ogni sua parte, in modo chiaro e leggibile; 
• inviare l’entry-form compilata e firmata, con annessa autorizzazione all’utilizzo dell’opera a scopi didattici, culturali e promozionali di AsoloArtFilmFestival, senza fini di lucro; 
• inviare 2 copie dell’opera in DVD standard PAL; 
• inviare una breve biografia e una filmografia essenziale dell’autore e/o degli autori; 
• inviare una sinossi dell’opera in lingua italiana e/o inglese; 
• inviare immagini del film in formato JPEG ed eventuali foto di scena dell’opera in supporto CD ROM (almeno 4); 
• inviare il dettaglio dei brani musicali originali e non, utilizzati come colonna sonora, indicando autore e titolo dei brani. 

La scheda di partecipazione priva di firma non ha valore legale. Pertanto l’assenza della stessa comporterà l’automatica esclusione dal Concorso. 

Per qualsiasi ulteriore informazione contattare A.I.A.F. all’indirizzo e-mail: info@asolofilmfestival.it 

L'invio dei materiali di cui sopra sarà ad esclusivo carico e a cura dei partecipanti e dovrà avvenire entro il 30 maggio 2013. 

Per le opere che perverranno oltre tale data, farà fede il timbro postale. Qualora l’invio fosse incompleto, l’ammissione al Concorso sarà decisa ad insindacabile giudizio della Direzione del Festival. Le copie dell’opera inviate al Concorso non saranno restituite, ma entreranno a far parte dell’archivio A.I.A.F. fondato per scopi didattici, culturali e divulgativi, nonché per dare a tutte le opere archiviate la maggiore visibilità possibile. A.I.A.F. garantisce che le opere suddette potranno essere liberamente e gratuitamente consultabili. 
Le opere inviate al Concorso non verranno duplicate, copiate, proiettate e/o presentate al di fuori dei luoghi ufficiali ove si svolge la XXXII edizione di AsoloArtFilmFestival, fatte salve le copie necessarie per le proiezioni e le collaborazioni ulteriori, effettuate a scopi didattici, culturali e di promozione del Festival e senza alcuno scopo di lucro. 

Le opere e relativa documentazione richiesta, dovranno essere spedite al seguente indirizzo: 
AsoloArtFilmFestival
Foresto Vecchio, 8
31011 Asolo (TV), Italia


Una Commissione di Selezione selezionerà le opere pervenute. 

Il giudizio della Commissione di Selezione è insindacabile. 

Gli autori e i produttori delle opere in Concorso saranno informati sull’ammissione o meno al Concorso; in caso di ammissione, dovranno inviare all’indirizzo sopra indicato una copia del master dell’opera riversata su DVD testato PAL. 

Le copie delle opere selezionate dovranno giungere alla Direzione del Festival entro e non oltre il 15 luglio 2013. 

Tale copia, se in lingua diversa dall’italiano, dovrà essere dotata di sottotitoli in italiano e o in inglese. La mancanza di sottotitoli, ove richiesti, comporterà l’automatica esclusione dal Concorso. 

Inviare (consigliato) unitamente alla copia selezionata un trailer (sequenza con titoli) del film della durata massima di due minuti per i film in tecnica classica, e massimo un minuto per i film d'animazione, che verrà inserito nella Web TV per la promozione del festival. 
La Giuria sarà composta da cinque membri designati dalla Direzione del Festival scelti tra esperti internazionali di dichiarata fama, ai quali si potrà affiancare come osservatore un rappresentante di A.I.A.F. 

La Giuria assegnerà alle opere ammesse al Concorso i seguenti premi: 

• GRAN PREMIO ASOLO PER LA MIGLIORE OPERA IN CONCORSO 
• PREMIO ASOLO PER IL MIGLIORE FILM SULL’ARTE
• PREMIO ASOLO PER LA MIGLIORE BIOGRAFIA D'ARTISTA
• PREMIO GIAN FRANCESCO MALIPIERO PER LA MIGLIORE COLONNA SONORA ORIGINALE
La Giuria potrà inoltre segnalare, con MENZIONE SPECIALE, altre opere in Concorso di particolare valore. 

Il giudizio della Giuria è insindacabile. 

Accanto alla Giuria ufficiale è istituita una Giuria popolare costituita dal pubblico presente alla XXXII edizione del Festival che compilerà un’apposita scheda di votazione per l’assegnazione finale del PREMIO DEL PUBBLICO. Le schede di votazione saranno consegnate all’ingresso del Teatro Eleonora Duse. 

Inoltre, grazie alle collaborazione dell'associazione con le scuole del territorio, verrà istituita una Giuria giovanile, costituita da ragazzi interessati all'arte e al cinema, che avrà il compito di assegnare il PREMIO DELLA GIURIA GIOVANI e massimo due menzioni speciali.

Nel quadro della collaborazione tra Galleria San Fedele e A.I.A.F. è promossa la partecipazione al progetto Premio Artivisive San Fedele. I vincitori del progetto giovani registi e i vincitori del progetto giovani artisti (che presentino lavori video) del Premio Artivisive San Fedele 2010/2013, saranno ammessi di diritto alla XXXII edizione di AsoloArtFilmFestival, nel rispetto delle norme previste dal Bando di Concorso, per il quale si rimanda al sito: www.asolofilmfestival.it  

Con la loro partecipazione al Concorso, i detentori dei diritti delle opere selezionate autorizzano, ai soli fini della promozione di AsoloArtFilmFestival, l’inserimento gratuito di brevi sequenze dell’opera, per la durata massima di quattro minuti, in telegiornali, rubriche televisive ed internet. Inoltre, autorizzano gratuitamente ulteriori proiezioni integrali dell’opera per scopi didattici, culturali e di promozione del Festival stesso e senza fini di lucro, ritenendosi responsabili dei contenuti dell’opera e della diffusione, per mezzo di essa, di sceneggiature e di musica non originale protette da copyright. 

L’organizzazione attraverso la presente adesione acquisisce implicitamente il diritto di pubblicare liberamente e gratuitamente tutti i componimenti ritenuti idonei.

A.I.A.F. declina ogni responsabilità per eventuali ritardi postali, furti, danneggiamenti o smarrimenti che dovessero verificarsi prima, durante o dopo il festival delle opere che verranno inviate o consegnate dai partecipanti al Concorso. 

L’organizzazione del Festival non si fa altresì carico di spese postali e/o doganali.

Per l’interpretazione del presente Bando di Concorso fanno fede i testi italiano e inglese. 

In caso di controversie è competente il Foro di Treviso. 
La partecipazione al Concorso implica l’accettazione del presente Regolamento.

I dati personali verranno trattati secondo quanto previsto dal Decreto Legge sulla Privacy del 30/06/2003 n°196 e successive modificazioni ed integrazioni. 

Asolo, gennaio 2013

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URGENZA DI PAROLE
di Loredana Rea

Il linguaggio pittorico che Rita Mele ha costruito in questi ultimi anni è complesso nella ricerca di continue commistioni tra soluzioni formali differenti sia nei presupposti sia negli esiti, perché alimentato da una curiosità vorace che la spinge a esplorare ogni volta altri territori di sperimentazione, creando stratificazioni, sovrapposizioni, mescolanze, contaminazioni inaspettate tra persistenze figurative e istanze di matrice post-informale. Un linguaggio che trova le motivazioni di sé in una materia esuberante, a tratti densa e a tratti rarefatta, ma sempre calda, rigogliosa, germinante, capace di creare un intrigante equilibrio tra la sensualità istintiva del colore e l’urgenza di un racconto intimo, suggerito attraverso immagini elementari eppure evocative, in cui naufraga ogni pretesa di razionalità.
A emergere con inaspettato vigore, infatti, ben oltre l’ammaliante voluttà della pasta cromatica, tenuta sotto registro da una gestualità contenuta ma suadente, e dei segni che da essa affiorano come da uno scavo archeologico, è la necessità di restituire inalterata la profondità di un sentire in cui il recupero della memoria rappresenta il filo sottile ma tenace, che lega gli elementi essenziali del suo alfabeto visivo gli uni agli altri inscindibilmente. Memoria di luoghi, su cui si radicano le tracce del vissuto quotidiano, intrecciandosi alle fugacità di altre esistenze, alla continuità di antiche tradizioni e al tessuto di una gestualità che affonda in un’abitudine di cui spesso non si conoscono le origini. Solo attraverso la pittura è data la possibilità di recuperarle all’oblio di un tempo che fagocita tutto, per lasciare emergere la qualità delle emozioni che sostanzia ogni accadimento e riportarla a una dimensione interiore, in cui la percezione ineludibile della transitorietà rende tangibile la continuità tra passato, presente e futuro. 
Per questa esposizione Mele propone al pubblico lavori recenti, tutti di formato quadrato, di grandi e piccole dimensioni, dominati dalla necessità di lasciare che lo sguardo penetri all’interno della materia pittorica, intesa come sostanza originaria, matrice di tutto ciò che è in fieri, luogo in cui il segno dialoga con la fisicità del colore, che si coagula e poi si dirada, come a seguire le esigenze di un suo fisiologico sviluppo, in un infittirsi di pennellate di andamento e lunghezza differenti, per formare forme in sé significanti, figure in potenza cariche di tempo e di tracce del suo scorrere inesorabile. Ma accanto alle immagini minimali prendono corpo le parole, incise nella densità cromatica o scritte in punta di pennello, a cadenzare il bisogno di trattenere i pensieri rubati allo scorrere della quotidianità e, soprattutto, di far pulsare di altri significati il suono catturato e rimasto sospeso nell’aria. Lo sguardo allora per necessità diventa mobile, avanzando rapidamente sulla superficie delle tele, accendendosi e poi spegnendosi repentinamente, per poi riprendersi e nuovamente interrompersi seguendo il ritmo di un percorso che incessantemente inverte la sua direzione, voltandosi indietro e tornando infine a rivolgersi in avanti, per scoprire qualcosa che era sfuggito, in un crescendo di intensità che può bruscamente cessare. È così che la materia ha il sopravvento sul colore nel rivelare la presenza di un cammino disseminato di piccoli accidenti e grandi incanti, in cui il suono delle parole si pone inevitabilmente come materializzazione dell’urgenza di rendere visibile ciò che non sempre è visibile e, soprattutto, di riuscire a dire ciò che non è facile dire.

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Clicca sull'immagine e guarda il video

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Luciana Bertorelli: il film "Terra creia" che Gigi Coppola ha girato su di me

http://vimeo.com/57609038

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ANTONIO CANOVA – “IL SEGNO DELLA GLORIA” –
MUSEO DI ROMA PALAZZO BRASCHI.


Il Museo di Roma Palazzo Braschi ospita fino al 7 aprile un’esposizione di Antonio Canova “Il segno della gloria”. Un viaggio intenso che prende vita attraverso un contributo di 71 disegni, 9 acqueforti, 1 modello in terracotta e 3 in gesso, 3 calchi autografi, 2 marmi e cinque dipinti di cui 4 a tempera e 1 a olio.
Disegni come pensieri, come prime tracce di una ideazione e di una genesi artistica. Questo rappresentava per Antonio Canova il disegno: “un pensiero” sintetizzato, una percezione a priori, un segno del tutto personale di un’aspirazione e di una ispirazione, anche improvvisa, che si sarebbe poi concretizzata nell’opera d’arte finita.
La mostra dedicata proprio ai disegni del grande artista, racconta un percorso di studio, un metodo di progettazione e ancor di più l’urgenza di trasporre i propri pensieri in creazioni; infatti la mostra è stata realizzata a Palazzo Braschi, ricco di opere Neoclassiche.
L’esposizione curata da Giuliana Ericani, è stata organizzata in collaborazione con l’Associazione Metamorfosi e Zetema Progetto Cultura: “è stata realizzata con costi contenuti, a dimostrazione che è possibile fare cultura e realizzare una grande mostra con budget tutt’altro che esosi”.
L’esposizione individua due principali percorsi di lettura dell’opera canoviana: il rapporto con la scultura antica delle collezioni romane e quello con i personaggi storici e della cultura del suo tempo. Del primo fanno parte i disegni per tre importanti opere realizzate: La Venere Italica, Il Creugante e Damosseno e l’Ercole e Lica. Della seconda i disegni per i monumenti e le sculture di personaggi quali Napoleone Bonaparte, Maria Luisa d’Asburgo, George Washington, Vittorio Alfieri, Orazio Nelson, Paolina Borghese,
Antonio Canova nasce a Possagno, Treviso, il primo novembre del 1757: a soli quattro anni rimase orfano di padre e la madre dopo poco tempo si risposò e si trasferì nel suo paese natale. La sensibilità di Antonio assorbe questi eventi molto profondamente, tanto da restarne segnato per tutta la vita.
Fin da giovanissimo, egli dimostra una naturale inclinazione alla scultura: esegue piccole opere con l’argilla di Possagno; si racconta che, all’età di sei o sette anni, durante una cena di nobili veneziani, in una villa di Asolo, abbia eseguito un leone di burro con una tale bravura che tutti gli invitati rimasero sbalorditi; il padrone di casa, il Senatore Giovanni Falier, intuì la capacità artistica di Antonio e lo volle avviare allo studio e alla formazione professionale.
Nel 1768, comincia a lavorare presso lo studio di scultura dei Torretti, poco distante da Possagno quell’ambiente per Antonio fu una vera e propria scuola d’arte. Eseguì le prime opere che lo resero famoso a Venezia e nel Veneto: Orfeo e Euridice (1776), Dedalo e Icaro (1779).
La sua arte cresceva sia in Italia che all’estero e riceveva commissioni da ogni parte d’Europa: organizzata secondo la tecnica degli antichi greci, dal disegno all’argilla, dal gesso al marmo, sviluppò un lavoro formidabile e una vicinanza sempre più forte ai temi della mitologia classica.
A Possagno si dedica alla pittura per due anni interi e dipinse molte tele che oggi sono custodite nella sua casa natale. Per Canova fu facile inserirsi in quel clima da capitale della cultura che fu Roma nel Settecento riuscendo a crescere anche come artista, esercitando per lunghissimo tempo la sua attività e influenzando altri artisti. Proprio a Roma inizia quel riconoscimento al suo genio e al suo talento che gli procura in seguito successo e fama a livello mondiale.
Canova è stato il massimo esponente della corrente neoclassica: amato quasi all’isterismo dai suoi contemporanei, trova poco dopo il XVIII secolo dei critici severi e riteniamo che non hanno avuto del tutto torto quando hanno affermato: “…fu riformatore della scultura, ma non riuscì perfetto; imitò l’antico, non la natura; ebbe la perfezione dell’arte antica, nella forma sensibile, non l’ideale nuovo apportato dal Cristianesimo, diede la forma fredda e calma delle deità mitologiche, non le aspirazioni, gli affetti…”, “…tuttavia si considera come il principe degli scultori del suo tempo…”.
Un merito indiscutibile Canova lo ha avuto ed è stato quello di ottenere dalla Francia la restituzione all’Italia di quasi tutti i capolavori che Napoleone aveva trafugato dal nostro Paese. 
Muore a Venezia la mattina del 13 ottobre 1822, mentre si trova ospite a casa del suo amico Francesconi.
Lascia suo erede universale il fratellastro, il vescovo Giovanni Battisti Sartori.
Il sepolcro che custodisce le sue spoglie è Possagno, suo paese natale, dove egli stesso, tre anni prima di morire, nel luglio 1819, si reca personalmente, progetta e fa edificare a sue spese Il tempio, posandone personalmente la prima pietra.
Edificio maestoso, dedicato alla SS. Trinità, una chiesa parrocchiale che sarà portata a termine solo dieci anni dopo la sua morte.

La mostra, promossa da Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza ai Beni Culturali e Comune di Bassano del Grappa, è curata da Giuliana Ericani, direttore del Museo civico bassanese e patrocinata dall’Istituto di Ricerca per gli Studi su Antonio Canova ed il Neoclassicismo e dal Comitato per l’Edizione Nazionale per le opere di Antonio Canova. 
La mostra sarà visitabile fino al 7 aprile 2013, Palazzo Braschi, nella centralissima piazza Navona, Roma.

Anna Scorsone Alessandri

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E’ con profonda tristezza che l’Associazione Shozo Shimamoto annuncia la morte del Maestro avvenuta il 25 gennaio scorso. In questo momento la memoria non può non andare alle tante occasioni di incontro e collaborazione con uno dei maggiori artisti dell’arte contemporanea. In particolare vogliamo ricordare il rapporto che il maestro ebbe con l’Italia, in occasione di molteplici manifestazioni artistiche, testimoniate da opere tra le più belle e importanti della sua attività.
L’Associazione Shozo Shimamoto si sente vicina alla famiglia anche attraverso l’impegno a mantenere viva e a rinnovare la fama del Maestro nel mondo dell’arte.
Shozo Shimamoto è stato per noi, oltre che un grande artista, un amico e uomo di pace con il quale abbiamo condiviso momenti di elevata espressione artistica e momenti quotidiani sereni e di gioia che rimarranno per sempre nel nostro cuore.

Rosanna Chiessi Giuseppe Morra
Associazione Shozo Shimamoto

The Shozo Shimamoto Association is filled with sadness in announcing that the master Shozo Shimamoto passed away on the 25th of January, 2013. Our memories go straight to the many events done in collaboration with Shimamoto, one of the most important artists in the world of contemporary art. We are glad to remember the special relationship between Shozo Shimamoto and Italy, where he left a precious sign of his art in the form of beautiful works.
The Shozo Shimamoto Association will support the family of the avant-garde artist and will continue to work and sustain his art in the world.
Master Shimamoto has been for us not only an extraordinary artist, but also a friend and a man of peace, with whom we had the honor of sharing moments of artistic expression as well as moments of everyday life that will remain in our hearts forever.

Rosanna Chiessi Giuseppe Morra
Shozo Shimamoto Association

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mercoledì 13 febbraio, ore 18:30
presentazione del libro di
Riccardo Finocchi e Antonio Perri
No reflex.Semiotica ed estetica della fotografia digitale
ed. Graphofeel
Con gli autori ne discutono
Marco Delogu, Paolo Fabbri, Pietro Montani

domenica 17 febbraio ore 16:00 -18:00 
L'OCCHIO DEL FOTOGRAFO. Laboratorio di fotografia per bambini
a cura di FOTOgrafica

martedì 26 febbraio, ore 19:00
opening
Veronica Della Porta
Scale
a cura di Ludovico Pratesi
con un testo di Isabella Ducrot
comunicato-stampa

ogni venerdì e sabato sera
BUWOWSKI' s.t. BAR
musica jazz video libri e foto dalle 19:00 alle 01:00
con aperitivo fino alle 21:30
Sabato 2 febbraio
dj-set MINI K (funk, soul & old school) 

s.t. foto libreria galleria
via degli ombrellari, 25 
Roma (Borgo Pio) 00193
+39 06 64760105
info@stsenzatitolo.it

www.stsenzatitolo.it

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NICOLA SAMORI', QUANDO SFREGIARE LE OPERE DIVENTA ARTE. 

Sabato 26 gennaio è stata inaugurata una personale di Nicola Samorì, presso la Galleria Mazzoli di Modena.
Una personale importante, intensa ed emozionante, un artista che con la sua preparazione va dalla pittura alla scultura passando per l’incisione. L’artista ha voluto turbare, deturpare e deformare la pittura, mettendo in evidenza il suo aspetto emofiliaco, di cambiamento. Tale distorsione/dislocazione ha permesso all’artista di investigare e reinterpretare la Storia dell’arte, mettendo in pratica i suoi delitti-diletti ai danni della pittura. 
Come scrive Giulia Valsecchi: “Quello che si sprigiona dalle sue opere è uno spirito, un’ origine da temi e stilemi universalmente e anticamente sacri, ma proprio la loro cerimonia si traduce in una figurazione che segna un punto di rottura un attrito o divaricazione in cui la storia delle forme viene riscritta e per molti sfregiata, se non addirittura derisa e deturpata. Uno spartiacque che, tuttavia nell’intento di Nicola Samorì non si identifica mai con una provocazione vuota o una molestia dimostrativa, ma intende far parlare un rapporto personale con le immagini che hanno segnato i repertori più canonici”.
I quadri di questa mostra infrangono l’armonia delle immagini per svelare e svellere la pittura stessa, trasformando i soggetti in una materia in via di disgregazione. Si parla per Samorì di dissacrazione non conforme, per il modellato di un Cristo poco realistico o per l’espulsione di una ramificazione dalla bocca della Vergine.
La critica più frequente mossa a Samorì è l’oltraggio a geni indiscussi, due anni fa gli è stata negata da Rossella Vodret, ex direttrice dei Musei Romani, l’esposizione di due tele di rivisitazione caravaggesca, ma ad essere davvero in discussione è l’idea di integrità dell’arte. E’ in gioco la necessità di tornare a parlare dopo secoli di silenzio e di farlo con un linguaggio che renda discutibile anche il nome più assoluto, perché non muoia l’interesse, ma soprattutto non cali sopra capolavori sempiterni un’invisibilità, un’aura protettiva che ne congeli pericolosamente lo slancio.
Nato a Forlì nel 1977, comincia a dipingere all’età di quattro anni. Si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Sin dai primi anni novanta sviluppa una intesa attività pittorica, che lo porta ad affinare le più diverse tecniche espressive, fra le quali quella dell’affresco. Affronta anche le tecniche calcografiche, conseguendo nel 2002 il Premio Giorgio Morandi per l’incisione, e quelle plastiche, in particolare la scultura Lignea, approfondita all’Accademia di Belle Arti di Berlino nel 2000. Nicola Samorì nel 2002/2003 è stato protagonista dell’evento internazionale “Enigma uomo. Il fuoco della rinascita”, mostre e incontri sul tema attualissimo del recupero dell’identità culturale, umana e artistica dell’uomo contemporaneo. Il progetto, patrocinato dal Parlamento Europeo, della Regione Emilia Romagna, dall’Università di Bologna, a Bruxelles presso il Parlamento Europeo e in Australia. Nel 2004 hanno avuto luogo importanti eventi dedicati alla sua ricerca, fra i quali la significativa personale “La conquete de l’ubiquité” nella sede dell’ex chiesa di Sant’Anna nella Repubblica San Marino, a cura dei Musei di Stato, e la mostra “Classicism Betrayed” presso la Erdmann Contemporary Gallery di Cape Town, Sud Africa con il Patrocinio del Consolato Italiano, nel 2005 sono state presentate opere recenti nella personale “Tac. Un paesaggio chiamato uomo” nella Galleria L’Ariete artecontemporanea di Bologna con notevole riscontro di pubblico e di critica.
Invitato alla mostra di rilievo internazionale “Figurative Kunst aus Italien”, ha esposto due grandi opere presso la Die Galerie di Frankfurt am Main (D). Ha realizzato un grande lavoro, sul tema dell’invidia

La mostra sarà visitabile fino al 30 marzo 2013 presso la Galleria Emilio Mazzoli, Via Nazario Sauro n. 58 Modena.
Orari: 10,00 – 13,00 / 16,00 – 19,00 chiuso i festivi.
Anna Scorsone Alessandri 

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Nome: Nicola Andreace
From: Segmenti d'arte
Email: resta.angela@alice.it
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Date: 30/01/2013
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Testo
Evento Presentazione del Dizionario etimologico e grammatica del dialetto parlato a Massafra e dei dialetti dell’arco jonico delle Gravine di Roberto Caprara. Luogo Massafra, Teatro Comunale Data Martedì, 29 gennaio, ore 18 Indirizzi di saluto Martino Tamburrano, Sindaco Antonio Cerbino, Assessore alla cultura Intervento Antonio Dellisanti, Editore dell’opera Presentazione Roberto Caprara, autore dell’opera Preludio musicale Antonello Tannoia Scenografia Nicola Andreace Coordina e presenta Nicla Pastore Patrocinio Comune Città di Massafra Il 29 gennaio 2013 nel Teatro Comunale di Massafra Roberto Caprara, studioso ed archeologo di grande professionalità,ha presentato il suo Primo Volume del Dizionario etimologico e Grammatica del dialetto parlato a Massafra e …( pag. 550,Editore Antonio Dellisanti). La pubblicazione non è un semplice vocabolario formato da parole dialettali con relativa traduzione in italiano, ma è una miniera di saperi, atto d’amore dell’autore per la sua terra. Le voci sono impreziosite dalla loro etimologia, da proverbi, da modi di dire, e da versi di poeti dialettali dall’Ottocento ai giorni nostri , che rispecchiano il patrimonio culturale del nostro popolo contadino ed artigiano, oggi completamente scomparso e dimenticato. Una storia della lingua, quindi, che evidenzia, come dice l’autore, la ricchezza del nostro linguaggio materno e lo spessore della plurimillenaria civiltà della nostra piccola patria .Del “Dizionario etimologico e Grammatica del dialetto parlato a Massafra” , Nicola Andreace ha curato la grafica, arricchendo il testo con immagini in bianco e nero di sue opere, raffiguranti personaggi ed habitat della nostra civiltà contadina ed artigianale. Di Andreace sono anche le immagini del catalogo e la scenografia della serata in cui è stato presentato il Primo volume del Dizionario. Sul catalogo-invito in “Case di Puglia” un’opera del 1966, Andreace con la magia del colore e la robustezza del segno, fa emergere il nostro contesto architettonico territoriale, fatto di spazi del vissuto, dinanzi ai quali strumenti di lavoro, di uso comune quotidiano, nobilitati nella loro straordinaria normalità, rappresentano in maniera suggestivamente lirica il rapporto dell’uomo con il suo ambiente. In “memoria di una civiltà” del 2001 , sono illustrate le trasformazioni della città. La persistenza malleabile dinamica del colore fa balzare vivo lo stato di abbandono delle case, le cui finestre e porte rappresentano plasticamente le ferite del degrado. Ora non più attrezzi di lavoro, ma lo scempio di oggetti buttati via, sporchi dal nero del disuso e dal rosso sanguigno del dolore, ma su di essi una lanterna fa sperare che possa riaccendersi la luce per il recupero della memoria della nostra civiltà antica. Anche nella scenografia, che maestosamente ha fatto da sfondo al palcoscenico, dove è stato presentato il” Dizionario”, Andreace usa colore, segni, linee, tracce, che, sistemati nello spazio,danno il senso del finito e dell’infinito del tempo. L’artista propone icone della memoria, intese non solo come narrazione di eventi lontani, ma anche come evocazione di fatti della nostra storia recente. Personaggi famosi, che hanno contribuito alla crescita morale e civile della nazione, si alternano con gente semplice, laboriosa, eroi del quotidiano, che lottano con dignità per vivere. Elementi epocali della classicità sono accostati a quelli della contemporaneità, ai prodotti della nostra Puglia, a scene familiari in momenti di dolori e di gioie. In tal modo, nell’opera- scena, la lente dell’immagine creativa, rintracciando motivazioni antiche, di cui affida la memoria alla società contemporanea, si fa sguardo sul presente, occasione di riflessione, sollecitazione al rispetto e alla conservazione del nostro patrimonio culturale, invito reso ancora più incisivo dall’evento della serata, dove letteratura, arte visiva, musica e danza, raccontando storie e fatti , aiutano“a scoprire la filosofia del corretto vivere sociale”. 

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NERO CELESTE
Fotografie e disegni di Patrizia Ricco

A cura di Luigi Dello Russo

Vernissage della mostra sabato 2 febbraio 2013 ore 19,00.

Intervento polifonico degli En Sabir

Presso
A D S U M Artecontemporanea
via Marconi, 5 (Palazzo della Meridiana) – Terlizzi(BA)

visitabile dal 2 al 16 febbraio 2013

orario: dal lunedì al sabato dalle ore 10.00-12.30 18.30- 20.30 chiusura giovedì pomeriggio e festivi
www.retearte.it - adsum.arte@libero.it Tel. 3476502478

LA SINEDDOCHE DELLA RICCO

l secolo scorso, “secolo breve” a detta del grande storico Eric J. Hobsbawm , insieme alle violenze connesse alle dittature di massa, è stato il momento della nascita di nuove forme espressive e creative come la danza moderna, il cinema e la fotografia. Quest'ultima si è imposta in Italia con un certo ritardo per la persistenza della cultura crociana, impregnata di idealismo e proprio perciò contraria alle nuove tecnologie. È stata una lacuna che ci ha distanziato di molto da quella internazionale... ora il salto è fatto! Le nuove generazioni sono interessate e soprattutto operative nelle ricerca tecnica e formale di questa nuova espressione d'arte. Patrizia Ricco ne è un'esponente colta: produce infatti polisemantici testi iconici. La sua poetica, già allusivamente esplicitata nell'ossimoro della titolazione, “Nero celeste”, si manifesta nell'uso di una “retorica”, che perde il significato dispregiativo di uso corrente, recuperando invece quello originario di espressività alta e riccamente semantica. Per l'occasione ha esercitato tale estetica su un manufatto specifico della cultura meridionale: la statua dell' “Addolorata” della città di Bisceglie. Opera di alto valore antropologico-religioso presente e dominante nei riti della settimana santa. Creazione attribuita forse al grande scultore andriese Nicola Antonio Brudaglio (ca. 1703 – dopo 1788 ), come anche quella dello stesso artista sita nella cattedrale terlizzese, è opera d'arte d'ascendenza spagnola ravvisabile nella gestualità delle mani e nel pathos del volto. La Ricco respinge a priori la scontata immaginetta controriformistica, cui siamo abituati, sottopone invece l'icona ad uno sguardo “altro” con interventi soggettivi quali leggere incisioni, parziali dilavamenti, maculazioni ottiche, forzate prospettive ribassate ma soprattutto con una mappatura parzializzata della statua, appunto la figura retorica della sineddoche, per recuperare ex novo un messaggio profondamente cristiano ed umano: la sofferenza per un figlio perduto.Una per tutte: si osservi con partecipata emozione l'acuta spada confitta nel petto, che colpisce il suo cuore come il nostro.La Ricco ci fa vedere e sentire come nuova e intimamente profonda una icona della nostra cultura meridionale

ADSUM artecontemporanea 
Art director : MARIA BONADUCE e GIOVANNI MORGESE
Critico e storico dell’arte : LUIGI DELLO RUSSO
Ufficio stampa: NICOLO’ MARINO CECI
Comunicazione e marketing : FRANCESCO PARISI
Collaboratori: GIANRAFFAELE PORFILIO – NICOLA MASTANDREA - SABRINA VENDOLA.

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POSTWAR. PROTAGONISTI  ITALIANI
23 febbraio – 15 aprile 2013
A cura di Luca Massimo Barbero 
Lucio Fontana (1899- 1968), Piero Dorazio (1927-2005), Enrico Castellani (n. 1930), Paolo Scheggi (1940-1971), Rodolfo Aricò (1930-2002), sono i cinque indiscussi interpreti della mostra Postwar. Protagonisti italiani, alla Collezione Peggy Guggenheim dal 23 febbraio al 15 aprile 2013. Un percorso espositivo, a cura di Luca Massimo Barbero, che “rilegge” l’idea di arte italiana a partire dal superamento dell’Informale. Gli artisti presenti, utilizzando il linguaggio pittorico degli appena nati anni Sessanta, portarono agli occhi del pubblico internazionale la scena artistica italiana che tramite un nuovo modo di dipingere utilizzò la forza cromatica e la simbologia del monocromo come elementi visivi e concettuali. L’esposizione, che si sviluppa cronologicamente sala per sala, intende presentare al pubblico la sperimentazione di ciascun autore, dimostrando come, proprio a partire da Fontana, le generazioni successive abbiano raggiunto pienamente un linguaggio pittorico personale in un momento ben specifico della loro produzione, tra gli anni ‘60 e ’70 del XX secolo. 

Postwar. Protagonisti italiani riserva al pubblico due preziosi momenti. Un particolare omaggio a Paolo Scheggi, artista toscano prematuramente scomparso, che il grande pubblico riscopre in questa occasione riconoscendone l'attualità di sperimentatore dalla profonda sensibilità artistica, in mostra con otto lavori, tra cui Intersuperficie curva bianca del 1963, opera recentemente donata al museo veneziano da Franca e Cosima Scheggi. Uno speciale approfondimento è riservato a Rodolfo Aricò, in concomitanza con la realizzazione di una pubblicazione sulla sua produzione artistica degli anni ’60, a cura dell’Archivio Rodolfo Aricò, grazie alla cui collaborazione sono state realizzate le due sale a lui dedicate. 

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GIUSEPPE DE NITTIS PROTAGONISTA A PALAZZO ZABARELLA, PADOVA

E’ in mostra a Padova una imponente esposizione dedicata a Giuseppe De Nittis originario di Barletta. 
Oltre 120 capolavori provenienti dai più prestigiosi musei italiani, inglesi e francesi costituiscono il percorso di uno dei protagonisti assoluti dell’Ottocento europeo. 
Tra le opere molti inediti sconosciuti alla critica, come quelli del ciclo delle vedute londinesi. 
Giuseppe De Nittis con la sua arte e il suo fascino tutto italiano ha affascinato la Parigi delle Esposizioni Universali, una Parigi brillante, vivace, sfavillante; è riuscito ad esprimere così bene lo spirito della città che è stato considerato più parigino degli stessi parigini. Si è confrontato, con Edgar Degas e Claude Monet e gli Impressionisti sapendo cogliere il meglio delle loro novità per interpretarle a suo modo in maniera del tutto originale. 
Artista di successo. Ha avuto una delle carriere più fortunate ed è stato uno degli artisti più alla moda del suo tempo. Amato dalla critica, sposato con una brillante francese, Leonine Gruvelle, la sua casa parigina era il punto di incontro di artisti, intellettuali e dell’alta società. Non c’era tema che egli non abbia trattato, il paesaggio, il ritratto ma soprattutto il ritratto delle belle donne, insieme a Giovanni Boldini, altro protagonista italiano della scena parigina.
Nel 1878 l’Esposizione Internazionale parigina, ha riservato grandi onori a Giuseppe De Nittis: è stato insignito della Legion d’onore, mentre una sua opera, Le rovine delle Tuileries, è stata acquistata dal governo per il Museo del Lussemburgo.
Le sue opere raccontano un mondo e una società in veloce cambiamento. Sono vedute, dipinte in plein air, proprio come facevano gli Impressionisti, sulla loro Senna, ma anche sulle falde del Vesuvio e lungo il Tamigi. Tavolette e tele di piccole dimensioni, che compongono uno straordinario reportage pittorico. 
La formazione di De Nittis, è avvenuta a Napoli. Si immedesima nella natura, trasponendo sulla tela quella che chiamava l’atmosfera diversamente identificata secondo il mutare delle stagioni e delle ore del giorno. Come ha avuto modo di scrivere lo stesso artista nel suo Taccuino di memorie, “A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché, credetemi, l’atmosfera io la conosco bene; e l’ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura”. 
Per questa mostra sono state selezionate e ottenute le opere veramente fondamentali dell’artista, provenienti dalla Pinacoteca “Giuseppe De Nittis” di Barletta. Di questi dipinti, molti di grande formato e rari, sono la fragranza, la vitalità, l’intensità di un’epoca quelle che De Nittis fa rivivere sulle pareti di Palazzo Zabarella. Un pittore che incanta e seduce. Una pittura capace di trasmettere emozioni, vitalità, gusto sia che si tratti di ritratti, di scene d’interno che di paesaggi urbani o bucolici.
Lascia la mondanità e si dedica all’amatissima famiglia che ritrae nel 1884 in un ultimo capolavoro, un testamento artistico e spirituale, “Colazione in giardino”, nella penombra del giardino della casa di campagna siedono al tavolo del tè Titina e il figlio Lolo sullo sfondo le oche, e una sedia scostata lascia immaginare la presenza invisibile del padre che guarda la scena, fissandola sulla tela con incredibile emotività. 
Muore nell’agosto del 1884 a soli trent’otto anni a Saint-Gemain-en-Lave, colpito da un fulminante ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise.
La mostra curata da Emanuela Angiuli e Fernando Mazzocca è promossa dalle Fondazioni Bano di Padova e Antonveneta.
Il catalogo dell’esposizione è pubblicato da Marsilio editori, grazie anche alla ricomposizione attraverso testimonianze eccellenti come le memorie stesse del pittore. 
La mostra è visitabile fino al 26.5.2013 Palazzo Zabarella, via San Francesco, 27 Padova.
Tutti i giorni 9,30 – 19,00. – biglietti intero € 12.00; ridotto € 9.00; ridotto speciale € 6.00; gratuito per i bambini fino a 5 anni e guide autorizzate di Padova e giornalisti con tesserino. 
Visite guidate gruppi € 110.00; scolaresche € 50.00. 
Anna Scorsone Alessandri

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ALIGI SASSU FUTURISTA

Nella celebrazione del centenario della sua nascita le opere di Aligi Sassu approdano in Sicilia alla Catania Art Gallery. Oltre venticinque opere pittoriche provenienti dalla collezione privata della moglie. Protagonista della storia artistica italiana del XX secolo, Sassu ha cercato di realizzare nelle sue opere uno stile ed un linguaggio basati sull’idea del rinnovamento dell’arte. Maestro del colore utilizza il motivo del cavallo, originato da memorie personali. 
La ricchezza del significato dell’intera opera di Sassu è oltre che il frutto della sua sensibilità artistica, il risultato di una vita vissuta nel nome dell’arte, attraverso le tensioni e gli accadimenti della prima metà del Novecento e sino ai nostri giorni. Sassu è il pittore del rinnovamento, attratto dell’Espressionismo francese e dal Futurismo non meno che della pittura dell’Ottocento francese. Inizia ad interessarsi all’arte e a dipingere fin dall’adolescenza, e da allora è un susseguirsi di sperimentazioni che lo portano ad accostarsi alle avanguardie dell’epoca, pur senza trascurare i modelli del passato da cui trae spunto per una messa in scena di un classicismo eclettico manifesto nelle tematiche e nella gestualità.
Una delle prime tematiche affrontate è quella dei cavalli, spesso ricorrenti nelle sue opere espressione di libertà e dinamismo, egli associa il galoppo alla corsa delle onde, impetuoso come impetuosa la sua ricerca di verità. I cavalli si ritrovano anche nei temi mitologici, che l’artista sviluppa in contemporanea, come nei Cavalli di Poseidone in cui l’ebbrezza del movimento viene tradotta direttamente nel colore, un ritmo decorativo intenso che evidenzia l’amore per il movimento che ha caratterizzato l’attività di questo straordinario artista. 
La mostra riannoda i fili di una narrazione di eccezionale intensità, evidenziandone il libero fluire delle idee e delle emozioni che si manifesta nella concretezza delle immagini.
Come scrive la curatrice della mostra, Giovanna Giordano: “Ho sempre visto l’arte – afferma la Giordano - come una grande avventura dello spirito e degli occhi, Aligi Sassu, che ho frequentato a casa sua per diversi giorni proprio per un lavoro di ricerca legato ai suoi disegni, era un visionario anche nei colori, probabilmente perché da bambino si era nutrito dei colori della Sardegna, una tavolozza di rosa e di rossi presenti nella sua pittura che non hanno eguali”. 
Il viaggio alla scoperta di Sassu parte con le opere degli anni trenta, quando pubblica la serie degli “Uomini rossi”. Opere attente alla storia e alla cronaca del tempo che portano il maestro a sviluppare quel piacere per il colore puro, diventando la chiave di lettura delle sue opere più mature: e sempre negli anni trenta che con Giacomo Manzù, Nino Strada, Candido Grassi, Giuseppe Occhetti, e Gino Pancheri, riesce ad allestire a Milano la sua prima ed importante mostra, recensita anche da Carlo Carrà. 
Artista multiforme ed esuberante. Che si trasforma negli anni e con lui il modo di percepire la quotidianità, attraverso la storia, la spiritualità e l’esperienza.
Numerose le mostre in Italia e all’estero. Nel 1993 completa i Miti del Mediterraneo, murale in ceramica di 150 metri quadrati per la nuova sede del Parlamento Europeo a Bruxelles. L’anno successivo presenta Manuscriptum, una cartella con incisioni destinata alla mostra itinerante in Svezia “I ponti di Leonardo”. Nel 1995 viene nominato Cavaliere della Croce del Presidente della Repubblica. 
Muore a Pollenca il 17.7.2000 all’età di 88 anni, proprio il giorno del suo compleanno.

La mostra è visitabile fino al 2 marzo 2013 presso Catania Art Gallery – Via Galatioto, 21 Catania tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 20,00.
Sabato e domenica dalle 10,30 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 20,00.
Ingresso libero.
Anna Scorsone Alessandri

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mercoledì 13 febbraio, ore 18:30
presentazione del libro di
Riccardo Finocchi e Antonio Perri
No reflex.Semiotica ed estetica della fotografia digitale
ed. Graphofeel
Con gli autori ne discutono
Marco Delogu, Paolo Fabbri, Pietro Montani
comunicato-stampa

s.t. foto libreria galleria
via degli ombrellari, 25 
Roma (Borgo Pio) 00193
+39 06 64760105

info@stsenzatitolo.it
www.stsenzatitolo.it

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Vedute coloristiche
L'urbano, Io spazio urbano composto da edifici vecchi e insieme nuovi di vicoli, strade, piazze, è stato oggetto di attenzione e rappresentazione iconografica, pittorica fin dal medioevo, transitando nella pittura trecentesca perviene allo sguardo prospettico, poi ai vedutisti al cubismo, futurismo, metafisica_ L'apparire successivamente dell'analisi e della critica sociale, culturale, lo studio da parte degli urbanisti anche rispetto all'emarginazione all'isolamento e degrado delle periferie urbane viene sottolineato dalla cinematografia impegnata, dalla fotografia e dal video documentaristico.
Tali molteplici aspetti sono per Dalcò oggetto di riflessione e di suggestione ed egli implicitamente vi si commisura_ Nella sua modalità operativa, il dato estetico, il sentire emotivo, la percezione degli spazi segnali, contrassegnati da eventi naturali sono oggetto di grande attenzione e sensibilità. Questi sono spesso registrati, colti fotograficamente e come tali considerati traccia, memoria — stimolo creativo.
Gli illustri predecessori di Lorenzo Dalcò hanno spesso trovato nell'urbano, nel suo manifestarsi, la fonte di turbamenti, angosce e inquietudine: i luoghi dove si svolgevano scontri, agitazioni movimenti di moltitudini e violenza, sono stati più volte colti con similarità partecipazione quanto melodrammaticità_ Nella nostra società tardo capitalistica appare nel linguaggio il concetto di perturbante, per indicare la dimensione urbana esemplificata in film come True Stories, l'ultimo spettacolo, Rade Runner o Arancia Meccanica.
Qui in Dalcò nelle sue opere, nelle sue tavole, non troviamo questa estetica ma troviamo immediatamente il colore della pittura_ Cercavamo le ragioni della sua opera il loro senso all'interno di una retorica dell'impegno di denuncia sociale ma non é questo il senso_ Dalcò parla dell'operare che compie il colore quando incontra il 'debole disagio delle strutture architettoniche che costituiscono le facciate degli edifici quali si presentano con il canone prospettico.
Queste sono sottoposte ad una 'passione' - espressione coloristica così sollecitante che sembra le conduca fino al punto di essere demolite o almeno oscillanti — indifese come appaiono.
Le forze degli elementi della natura celeste il cielo là dove risiede (abita) la potenza coloristica mette in crisi ogni struttura architettonica_ - Tempeste di colore incombono sul debole codice costruttivo.
Sovente queste facciate vengono contaminate dal conflitto che avviene sopra di esse tanto che le luci e le ombre si assentano così come le persone, gli individui e nessuno percorre queste strade, solamente qualche automobile quasi inUmorita sosta in gruppi quasi a proteggersi_ Talvolta le strade umide di pioggia colorata si accendono di lampi argentei. Queste opere testimoniano di una pittura che dipinge., è un conflitto in cielo che prende anche colui che dipinge.
Dalcò è preso e sorpreso nel e dal colore che lo fa dipingere, entrando in dialogo con le cose prepotentemente. Vedute coloristiche urbane è il senso di queste cose pittoriche_ Dalcò non poteva placare tale prepotenza dopo le esperienze trascorse con esso_ Qui egli ha tentato di addomesticarla, ma essa si mostra indomita. Questa è la caratteristica migliore che contraddistingue tale pittura; la coscienza di ciò significa porre le condizioni per una proficua creatività_
Parma gennaio 2013
Fabrizio Sabini

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Firenze: Panorama Arti Visive - Rassegna di arte contemporanea

18 Febbraio - 4 Marzo 2013 

Ideal Firenze, Via Il Prato 4/b, Firenze
Orari di apertura: Lun - Sab 12.00 / 24.00 

S’inaugura lunedì 18 Febbraio alle ore 18.00 il dodicesimo appuntamento espositivo di “Firenze: Panorama Arti Visive”, rassegna artistica che si svolgerà fino a luglio 2013 nei locali dell’Ideal Firenze, in via Il Prato 4/B. Ideata e diretta dal giornalista Fabrizio Borghini con la collaborazione della critica d'arte Daniela Pronestì, la rassegna si propone di raccontare l’arte contemporanea attraverso una serie di appuntamenti in cui la presenza di differenti linguaggi artistici porrà in essere un intreccio di suggestioni visive, stili e tecniche tra modernità e tradizione. In mostra le opere di Laura Casini, Francesco Curvo, Grazia Di Napoli, Luciano Faggi, Alyosha Marino, Patrizio Mugnaini, Rose Ann Parisian, Lucetta Risaliti, Gabriella Tatini.
Sarà presente all’inaugurazione il Presidente del Consiglio Comunale di Firenze Eugenio Giani.
L’evento sarà ripreso dalle telecamere di Toscana Tv.

Per info: danielapronesti@hotmail.com 

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Mostra a Palazzo Merati alla 55. Biennale di Venezia - Un salotto per l’arte
Data della mostra: dal 01/06/2013 al 31/07/2013

In concomitanza con la 55. Biennale di Venezia, il M.A.C.I.A. Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America organizzerà un'esposizione d'arte contemporanea a Palazzo Merati d'Audiffret de Greoux, storico palazzo del circuito storico veneziano, ove visse per anni Giacomo Casanova e la sua famiglia. L'inaugurazione della mostra intitolata "Sinfonia dei colori" sarà nell'estate 2013 (nel periodo giugno / luglio 2013), con data esatta da stabilirsi. Il M.A.C.I.A. Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America per l'organizzazione si avvale delle collaborazioni dello Studio Daniela Lombardi e di Artouverture Milano. Gli artisti saranno segnalati da una commissione del Museo, nell'ambito della pittura, scultura e fotografia. La mostra ed il catalogo sono a cura di Gregorio Rossi. La mostra vanterà gli avvalli di: Stemma della Repubblica Italiana, Patrocinio dell'Ambasciata della Repubblica di Costa Rica presso il Quirinale, Logo del M.A.C.I.A. e l'inserimento del catalogo nella Collana editoriale del Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America.

Non è soltanto un’ esposizione, ma un momento di ritrovo e di avvicinamento all'arte, durante il quale potrete conoscere gli stessi artisti che saranno presenti. Non soltanto dipinti,fotografia e scultura, ma anche musica, letterarura. 

Una splendida cornice dove incontrarsi, confrontarsi: un salotto-culturale trasversale per lo scambio di opinioni su argomenti letterari, artistici, filosofici, storici e culturali con persone altrettanto interessate e orientate alla curiosità, all’apprendimento e al dibattito, invitando a partecipare non solo persone di riconosciuta competenza da cui poter attingere informazioni, ma anche giovani talenti nascenti. 

Press Office Daniela Lombardi 339-4590927 0574-32853

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Il 26 Febbraio nel teatro dell’Opera – Casino di Sanremo- ore 16.30 Nicoletta Mantovani Pavarotti e Lisa Galli presentano il libro “Quando la vita cambia colore” Ed Mondadori.

Quando la malattia entra, direttamente o indirettamente, nella nostra vita, tutto attorno a noi sembra cambiare colore: l'amore, il lavoro, l'amicizia, la famiglia… Reagire è difficile, ma si può. "Il lettore, malato o familiare di malati, non troverà qui la risposta a tutti i problemi che è costretto ad affrontare; però, se leggerà con la volontà e il desiderio di mettere in discussione le sue priorità e i suoi atteggiamenti, riuscirà forse a scoprire - nei sentimenti, nei pensieri, nelle emozioni che tiene nascosti in fondo al cuore - degli strumenti e un aiuto per fare fronte a quello che lo aspetta." Dentro ognuno di noi c'è una forza segreta chiamata "resilienza". È la forza che ci permette di assorbire anche l'urto più duro e rialzarci, conquistare un nuovo punto di vista sulle cose e risalire con energia sulla barca della vita. Lisa Galli, psicologa, da anni aiuta i malati e i loro parenti a trovare le risorse per reagire. Ecco perché queste pagine sono piene anche di storie vere, tutte diverse eppure simili, che regalano un confortante senso di condivisione a chi si sente terribilmente solo con il proprio dolore. A impreziosire il libro la testimonianza inedita, ma soprattutto intensa, calda, vera di Nicoletta Mantovani, Pavarotti che scrive per la prima volta la storia della sua malattia e di quella del marito Luciano Pavarotti, deceduto per tumore nel 2007: "Alla fine ha sempre avuto ragione lui: la positività e l'entusiasmo sono fondamentali. Non bisogna mai fermarsi di fronte a quello che la vita ti prende, occorre mantenere la voglia di girar pagina perché la vita ha sempre qualcosa da restituirti".

Un libro che si legge d’un fiato che fa riflettere e che riesce a donare speranza .

PRESS OFFICE DANIELA LOMBARDI 339-4590927 0574-32853

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I nostri prossimi Eventi Culturali:

- Mercoledì 20/Giovedì 21 Febbraio 2013 – ore 21:00 - Spettacolo Teatrale “Pandora” a cura Teatro Bis – MARTE – C.so Umberto I, 137 - Cava de’ Tirreni (SA);

- Venerdì 22 Febbraio 2013 – ore 19:00 – Marco Vecchio - “La Musica del Quadro” – Linee Contemporanee – Via Parmenide, 39 – Mercatello – Salerno. Catalogo con scritti Ada Patrizia Fiorillo ed Erminia Pellecchia;

- Venerdì 1 Marzo 2013 – ore 19:30 – Michele Calocero “Quod Video Est” – MARTE – C.so Umberto I, 137 - Cava de’ Tirreni (SA).

Fornace Falcone per la Cultura.

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I GRANDI CAPOLAVORI DEL CORALLO A PALAZZO VALLE, FONDAZIONE PUGLISI COSENTINO DI CATANIA.

Organizzata dalla Fondazione Puglisi Cosentino con il contributo della Fondazione Roma Mediterraneo, si terrà una grande mostra con inaugurazione 3.3.2013 nella splendida cornice di Palazzo Valle di Catania: il più bello tra gli edifici civili progettato dall’architetto palermitano Giovanni Battista Vaccarini nella prima metà del ‘700 e conclusosi a metà 800 in stile barocco. La facciata è molto ricca con balconi ad andamento curvilineo. La parte più importante è il portale d’ingresso sormontato dal ricco timpano che regge la mensola aggettante del ricco balcone centrale del palazzo, i particolari e le rifiniture conferiscono al prospetto principale una grande eleganza.
La mostra riunisce in assoluto i capolavori dell’antica arte del corallo in Sicilia, al centro del Mediterraneo, luogo dove la realizzazione di questi manufatti raggiunse l’apice della bellezza e della maestria artistico artigianale.
Il corallo, percepito comunemente come un singolo organismo, in realtà è formato da migliaia d'individui identici geneticamente, ognuno grande solo pochi millimetri. La parte terminale del corallo si sviluppa tramite riproduzione asessuata dei polipi. Molte sono le credenze dovute alla doppia natura del corallo, quale specie vivente e oggetto prezioso infatti, ha rischiato di scomparire per la particolare azione devastante dei fondali oggi attentamente regolamentati e salvaguardati nelle aree marine protette.
Secondo la mitologia, i coralli, si formarono quando il sangue che scorgeva dalla testa recisa della Medusa venne al contatto con l’aria e si solidificò. La loro forma ha suggerito il simbolismo dell’Albero inteso come origine e asse del mondo e collegamento tra i diversi mondi, unione dei tre generi della natura, l’animale, il minerale e il vegetale, e della vita, simboleggiata dal rosso del sangue.
Tra il XV e il XVI secolo, i pescatori di Trapani, iniziarono a praticare la pesca del corallo, grazie all'abbondanza dei banchi corallini scoperti. Il corallo era soprattutto simbolo della bellezza e perfezione del Creato e per questo divenne la materia prima, insieme con l’oro. L'artigianato della lavorazione del corallo acquistò fama in tutto il bacino del Mediterraneo con vari prodotti: oggetti sacri e profani, capezzali e cornici, presepi nei quali il corallo è frammisto a oro, argento, smalti e pietre preziose. Presso il Museo Regionale Agostino Pepoli di Trapani si possono ammirare sculture, monili e altre opere dei maestri trapanesi realizzate in corallo tra il XVI e il XVIII secolo. Oggi, tuttavia, la pesca è quasi del tutto scomparsa, mentre è limitata a qualche artigiano la lavorazione del corallo.
Valeria Li Vigni, direttore del Museo Pepoli e curatrice di questa splendida mostra, ha raccolto meravigliose realizzazioni in corallo esponendo collezioni inedite.
Le opere in mostra testimoniano la ricchezza e la qualità di alcune collezioni fondamentali del settore: quelle della Banca di Novara, del Museo Pepoli di Trapani , della Fondazione Whitaker e del Museo Diocesano di Monreale, altre raccolte che vengono da collezionisti privati italiani e stranieri.
Il Prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Roma Mediterraneo dichiara: “Siamo orgogliosi di contribuire all’allestimento di questa mostra, ennesima testimonianza del gusto per il bello dell’artigianato italiano e quello siciliano in particolare.
L’impegno della Fondazione Roma Mediterraneo per la diffusione della cultura in Sicilia è testimoniato dalle esposizioni già realizzate come quelle dedicate a Piero Guccione e ad Alessandro Kococinski, ospitate a Palazzo Sant’Elia di Palermo e quelle che hanno coniugato l’Antico con il Moderno, grazie alle opere di Igor Mitoraj e alle suggestive installazioni di Fabrizio Plessi allestite nella Valle dei Templi di Agrigento. Questo impegno è destinato a proseguire con ulteriori mostre, che a Palazzo Valle vedranno protagonisti i capolavori di pittori stranieri, nella Sicilia dell’Ottocento, e quelli di pittori siciliani dei primi del ‘900, due esposizioni che faranno successivamente tappa a Palermo e a Erice”.

Immagine: Orafo trapanese, Pendente con San Giovanni Battista, oro, corallo, smalti, perla – prima metà sec. XVII cm. 11 x 6,2.

La mostra si inaugura il 3/3 e sarà visitabile fino al 5/5/2013 presso la Fondazione Puglisi Casentino, via Vittorio Emanuele II, 122 – Palazzo Valle, Catania.
Orari di apertura: da martedì a domenica 10,00 – 13,00 e 16,00 – 20,00
Chiuso il lunedì
Ingresso gratuito.

Anna Scorsone Alessandri

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Edizione internazionale 2013 de "Il Benessere Universale" con mostre d’Arte

Il Benessere Universale, uno spazio un posto, un tempo per l’Essere: è l’aforisma che si legge sul sito http://www.ilbenessereuniversale.org/programma_completo_conferenze.html  di presentazione dell’Edizione internazionale 2013 de “Il Benessere Universale”, dal titolo “Dalla nascita alla morte” che si terrà nei giorni del 2 e 3 marzo 2013, presso il Polo fieristico della città di Udine. Un’occasione veramente imperdibile per aderire, ad ogni livello, attraverso le varie proposte (provenienti anche dai più atavici luoghi di meditazione e culto del Pianeta) ad un re-incontro con noi stessi mediante i concetti universali di Salute e Benessere. Tra le particolari opportunità in agenda vi è quella dell’Arte (trasversale/latente/ubiquitaria a tutte le attività e forme, umane e non), rappresentata da Fedele Boffoli e Mariagrazia Semeraro, artisti promotori del risveglio di significati profondi, spesso dimenticati. Saranno, pertanto, esposte le loro gigantografie fotografiche e fotopitture, con testi poetici, riguardanti la relazione Natura-Uomo (e viceversa) nel Ciclo di vita-morte-rinascita, con riferimento ai temi dell’Eros e della Creazione/Ricreazione (Sexfiori e Substantia: M. Semeraro - http://anforah.altervista.org/sex/sex.htm, http://anforah.altervista.org/substantia/substantia.htm,

http://www.repubblica.it/2008/11/calendari/arte/sex-fiori/sex-fiori/3.html), della Poesia e del Mistero (Presenza e L’Arte dei Fiori: Fedele Boffoli - http://anforah.altervista.org/natura/natura.htm, http://anforah.altervista.org/animamundi/animamundi.htm, http://anforah.altervista.org/rosamystica/rosamystica.htm); previsto (domenica 3.3 alle ore 12) l' incontro con gli autori. Riportiamo, in proposito uno scritto di Boffoli dedicato, appunto, al rapporto Arte-Salute-Benessere e a quest'Edizione 2013 de “Il Benessere Universale”:

<<Sul concetto di benessere si potrebbe disquisire non poco; certo è che per “vivere bene” occorre prendersi cura, quotidianamente del proprio Sé, nella sua specificità e unità psico-fisica in relazione all’ambiente che lo circonda. Sia ben chiaro “curarsi” non significa, soltanto, evitare le patologie ma molto più opportunamente intenderle come delle risorse vere e proprie al servizio dell’umana Coscienza. La malattia, infatti, con suoi dolori e sofferenze, ci racconta di noi e degli altri e se ascoltata e compresa, nelle sue narrazioni profonde, può indurre fondamentali trasformazioni di vita; uno strumento alchemico di consapevolezza, quindi, per superare e risolvere nodi e blocchi della vita. Anche piaceri e gioie (che tutti vorremmo avere sempre per noi) sono mezzi sensibili di conoscenza, interiore ed esteriore, al servizio dell’umanità ed elementi indispensabili nel ciclo di latenza/alternanza/coesistenza di tutte le cose e al mondo. Gli artisti, come tutti gli altri, non si sottraggono a questa idea di “benessere” che viene da loro esercitata attraverso la creazione delle opere d’arte, da cui si evince, attraverso le più disparate forme, il racconto universale e significativo della vita: bellezza e panorami dell’anima che ci parlano e raccontano…“Dalla nascita alla morte”.>>

L’ARTE E’: http://www.youtube.com/watch?v=qZpjO8uL9UQ - campagna informativa 2013 per recupero dell’Arte, Webgalleria di Arti Visive e Letterarie Anforah. 

Trieste, 25 febbraio 2013

Fedele Boffoli
info@fedeleboffoli.it (in Facebook)
www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm
http://anforah.altervista.org/index.htm
Bari - Trieste - Tel. 338-2246495

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ANTONIO LIGABUE
ISTINTO, GENIALITA’ E FOLLIA.

La mostra “Antonio Ligabue, Istinto, genialità e follia” organizzata da Lu.C.C.A.- Lucca Center of Contemporary Art si è aperta il 2 marzo e proseguirà fino il 9 giugno 2013. L’evento espositivo, curato da Maurizio Vanni in collaborazione con Giuseppe Amadei, ripercorre attraverso 80 opere di cui tre inedite, legate alle differenti tecniche espressive (olio su tela, disegni, sculture e grafiche) la storia di uno degli artisti più controversi e imprevedibili della storia dell’arte del Novecento, Antonio Ligabue. Uomo-artista, insieme al rapporto tra arte e follia. La sua è una pittura legata ad una necessità fisica di espressione, un mezzo per sentirsi vivo e fuggire l’emarginazione.
Le opere figurative di Ligabue, dense e squillanti traboccano di nostalgia, di paura e di eccitazione, di dettagli minuziosi nelle scene di vita campestre attinti dalla profondità di un’incredibile memoria visiva ed una immaginazione prodigiosa. 
La mostra permetterà di capire se geniali e folli si diventa, oppure sono le condizioni sociali e del quotidiano a trasformare l’equilibrio mentale di una persona estremamente sensibile. “Ligabue – scrive Maurizio Vanni nel suo saggio – è un randagio della cultura, un artista libero dentro che, alla vulnerabilità emotiva congenita, ha unito grandi tragedie personali vissute nell’infanzia e nell’adolescenza. Un’artista coerente, fedele solo a se stesso, capace di interagire con il flusso continuo, irregolare e talvolta estremo delle emozioni che sentiva dentro di sé, senza doverle controllare. La sua lucida alterazione mentale lo porta a violare ogni schema, ad andare oltre ogni consuetudine, ad assecondare in modo attivo le sue nevrosi”.
Nato nel 1899, fin dalla più tenera età Ligabue ha avuto un’esistenza difficile: figlio naturale di una emigrata italiana, ha sempre ignorato il nome del padre. Nel 1900 viene affidato ad una coppia di svizzeri tedeschi, non verrà legittimata la sua adozione, ma il bambino si legherà moltissimo alla matrigna, con un insolito rapporto di amore e odio. Dopo aver superato la terza elementare entra in un collegio per handicappati, dove si distingue per l’abilità nel disegno e per la cattiva condotta. Viene espulso dalla Svizzera su denuncia della madre adottiva quindi ritorna in Italia dove vive come vagabondo, continuando però a disegnare e creare delle piccole sculture con l’argilla. Nel 1928 incontra Renato Marino Mazzacurati, pittore e scultore il quale ne comprese l’arte genuina e gli insegna l’uso dei colori ad olio guidandolo nel suo talento. In quegli anni si dedica completamento alla pittura. 
Durante la guerra fa da interprete alle truppe tedesche ma, per aver percosso con una bottiglia un soldato tedesco, nel '45 viene nuovamente internato. Nel '48 viene dimesso; i critici e i galleristi cominciano ad occuparsi di lui. Iniziano anni durante i quali lentamente la fortuna sembra volgere a suo favore. La sua fama si allarga, la sua attività pittorica subisce un netto miglioramento. Gli autoritratti, - come quello "con cane" - hanno una decisa assonanza con certi disegni espressionistici tedeschi, nell'accentuarsi delle deformazioni, nella forte caratterizzazione e concentrazione dell'immagine, rendono in pochi tratti situazioni psicologiche ed emozioni senza mai scadere o sfiorare la caricatura. Sono proprio anche questi "autoritratti" grafici che denunciano l'interesse di Ligabue per l'abbigliamento. Spesso l'artista risolve il proprio volto con pochi ma intensi tratti, la matita corre a definire la giacca, la camicia, il cappello, un particolare del vestito, quasi voglia sostituire il colore restituire al personaggio o conferirgli la dignità e la considerazione che ritiene gli debbano essere riconosciuti dalla gente. Ed è spesso l'abbigliamento che sottolinea lo stato psicologico dell'artista nell'autoritrarsi.
Guardando un disegno di Ligabue si ha l'intuizione dell'animale nella sua fisicità, nel suo movimento, nel suo esistere e sembra che nessuna meditazione vi sia stata tra l'artista e l'animale anche se invece sappiamo che Ligabue disegnava, come dipingeva, ricreando l'immagine in sé, a memoria si potrebbe dire.
Vince premi, vende quadri, trova amici che lo ospitano, si girano film e documentari su di lui. Ligabue rimane però lo stesso, anche se viene identificando nelle automobili, dopo la passione per le motociclette. 
Nel 1961 viene allestita la sua prima mostra personale alla Galleria “La Barcaccia” di Roma. Nonostante un incidente di motocicletta e l’anno successivo, colpito da una paresi, continua comunque a dipingere. Chiede di essere battezzato e cresimato, muore il 27 maggio 1965 e sepolto nel cimitero di Gualtieri, sulla sua lapide una maschera funebre in bronzo ad opera di Andrea Mozzali. Ligabue fu denominato Al Matt (il matto). Nel 1965, all’indomani della sua morte, gli viene dedicata una retrospettiva nell’ambito della IX Quadriennale di Roma.
Nel 2002 Sergio Negri, maggiore esperto di Ligabue, pubblica un catalogo generale dei dipinti edito dalla casa editrice Electa Mondatori.

Con il patrocinio di: Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Assindustria, Camera di Commercio, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato tutti di Lucca e con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio e Fondazione Banca del Monte di Lucca. – Catalogo: Silvana Editoriale di Milano.

Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art.
Via della Fratta 36 Lucca – Orari mostra dal martedì alla domenica 10 – 19. Chiuso il lunedì e 1 maggio. Biglietto intero € 7,00; ridotto € 5,00.
Visitabile fino al 9 giugno 2013.
Anna Scorsone Alessandri

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L'arte parte da un'idea passando dalla realizzazione. Il percorso è sempre una sorpresa, così come l'arrivo ma anche, stavolta, la partenza. La partenza è una violenza di destinazione, un'aberrazione di genere.

(Primo tempo)
La materia che costituisce il colore crea, deve creare, legami e biunivoche corrispondenze con il suo doppio d'elezione: la pittura ha il muro, l'olio ha la tela, l'acquerello ha il foglio, lo smalto ha l'automobile. Ecco, lo smalto. Uno smalto steso su una tavola rompe il legame di basilare affinità chimica per il quale entrambe le cose sono nate, penetra verso l'interno e si diffonde all'esterno in superficie, rapido e incontrollabile a cercare la sua lamiera, il suo ferro elettivo. In questo momento inizia il lavoro di violenza, di contenimento e di controllo su ciò che si dibatte; lo smalto, ancora vivo, si contorce distonico e ti lascia pochi minuti per dargli una direzione e un senso prima che una prima morte lo cristallizzi, lucentissimo e cangiante, in una nube astratta.

(Intervallo)
Asciughiamoci, aiutiamoci coi catalizzatori anche. Ci sta una sigaretta e quella sensazione di pericolo.

(Secondo tempo)
Poi arrivano i colori istituzionali. Acrilici ad esempio, quelli fatti per la tavola. Gli acrilici si stendono a costruire forme e sagome convenzionali, strade palazzi luci cantieri forme persone, reali in rappresentazione reale. Ma anche l'acrilico tituba sulla sfondo astratto, uno sfondo non suo, uno sfondo non tavola. Fuori luogo ancora una volta.
Combattono, i colori.
Combattono in rappresentazione, astratto contro figurativo.
Combattono in territorio, l'acrilico cerca la tavola e lo smalto la rifugge interponendosi.
Combattono in chimica: dove l'acrilico si stende lo smalto si solleva, soffia e sbuffa, si contorce per chimica e per sdegno; si fanno in là i colori, ora per rispetto e ora per aprire il cerchio alla rissa.
Poi il tempo acquieta, la chimica si porta all'equilibrio e i colori si acquartierano definitivamente sulle loro posizioni di eterna trincea.
Sul campo di battaglia restano paesaggi e scorci e persone e strade, vividi reali del reale, su uno sfondo acido di una Morte Grata.

Vedute coloristiche
L'urbano, Io spazio urbano composto da edifici vecchi e insieme nuovi di vicoli, strade, piazze, è stato oggetto di attenzione e rappresentazione iconografica, pittorica fin dal medioevo, transitando nella pittura trecentesca perviene allo sguardo prospettico, poi ai vedutisti al cubismo, futurismo, metafisica_ L'apparire successivamente dell'analisi e della critica sociale, culturale, lo studio da parte degli urbanisti anche rispetto all'emarginazione all'isolamento e degrado delle periferie urbane viene sottolineato dalla cinematografia impegnata, dalla fotografia e dal video documentaristico.
Tali molteplici aspetti sono per Dalcò oggetto di riflessione e di suggestione ed egli implicitamente vi si commisura_ Nella sua modalità operativa, il dato estetico, il sentire emotivo, la percezione degli spazi segnali, contrassegnati da eventi naturali sono oggetto di grande attenzione e sensibilità. Questi sono spesso registrati, colti fotograficamente e come tali considerati traccia, memoria — stimolo creativo.
Gli illustri predecessori di Lorenzo Dalcò hanno spesso trovato nell'urbano, nel suo manifestarsi, la fonte di turbamenti, angosce e inquietudine: i luoghi dove si svolgevano scontri, agitazioni movimenti di moltitudini e violenza, sono stati più volte colti con similarità partecipazione quanto melodrammaticità_ Nella nostra società tardo capitalistica appare nel linguaggio il concetto di perturbante, per indicare la dimensione urbana esemplificata in film come True Stories, l'ultimo spettacolo, Rade Runner o Arancia Meccanica.
Qui in Dalcò nelle sue opere, nelle sue tavole, non troviamo questa estetica ma troviamo immediatamente il colore della pittura_ Cercavamo le ragioni della sua opera il loro senso all'interno di una retorica dell'impegno di denuncia sociale ma non é questo il senso_ Dalcò parla dell'operare che compie il colore quando incontra il 'debole disagio delle strutture architettoniche che costituiscono le facciate degli edifici quali si presentano con il canone prospettico.
Queste sono sottoposte ad una 'passione' - espressione coloristica così sollecitante che sembra le conduca fino al punto di essere demolite o almeno oscillanti — indifese come appaiono.
Le forze degli elementi della natura celeste il cielo là dove risiede (abita) la potenza coloristica mette in crisi ogni struttura architettonica_ - Tempeste di colore incombono sul debole codice costruttivo.
Sovente queste facciate vengono contaminate dal conflitto che avviene sopra di esse tanto che le luci e le ombre si assentano così come le persone, gli individui e nessuno percorre queste strade, solamente qualche automobile quasi inUmorita sosta in gruppi quasi a proteggersi_ Talvolta le strade umide di pioggia colorata si accendono di lampi argentei. Queste opere testimoniano di una pittura che dipinge., è un conflitto in cielo che prende anche colui che dipinge.
Dalcò è preso e sorpreso nel e dal colore che lo fa dipingere, entrando in dialogo con le cose prepotentemente. Vedute coloristiche urbane è il senso di queste cose pittoriche_ Dalcò non poteva placare tale prepotenza dopo le esperienze trascorse con esso_ Qui egli ha tentato di addomesticarla, ma essa si mostra indomita. Questa è la caratteristica migliore che contraddistingue tale pittura; la coscienza di ciò significa porre le condizioni per una proficua creatività_
Parma gennaio 2013
Fabrizio Sabini

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8 marzo – Roma - La poesia che cura. Un laboratorio per migliorare se stessi e il proprio umore.

La poesia diventa terapia e ci aiuta a migliorare la nostra vita. A Roma il prossimo 8 marzo parte un laboratorio sotto la regia dello psicoterapeuta Giovanni Porta, esperto di arteterapia.

La poesia ci aiuta a scoprire le realtà nascoste dentro di noi, se usata con sincerità può anche essere terapeutica ed aiutarci a migliorare la nostra vita. A Roma il prossimo 8 marzo parte un laboratorio poetico molto particolare. Sotto la guida esperta di uno psicoterapeuta, Giovanni Porta, esperto di arteterapia, la scrittura prende vita e ci aiuta ad illuminare il nostro animo. 
“Scribacchiare qualche parola su un foglio non è difficile, il difficile è farle diventare una poesia. Anche nella vita: arrivare a sera trascinandosi in qualche modo non è difficile; il difficile è essere felici e soddisfatti di sé. – spiega Giovanni Porta – psicoterapeuta esperto di arteterapia - Per scrivere poesie, come per essere soddisfatti di sé, serve una grande dose di sincerità: solo dicendo innanzitutto a me stesso quello che sento, e che voglio, posso sperare di trasformare la mia espressione, e la mia vita, in arte. In questo laboratorio mescoleremo tecniche poetiche, di meditazione, movimento e crescita personale per andare alla ricerca di un'espressione libera e onesta, per dare voce a quello che siamo, anche alle parti che spesso tacitiamo, e scoprire che effetto ci fa permettere di esprimere agli altri e a noi stessi quello che pensiamo e che vogliamo. Esattamente”.
Il fine non è unicamente rendere più efficace il proprio modo di scrivere: durante il laboratorio verranno presentate e sperimentate varie tecniche dello scrivere poetico che potranno permettere di "migliorare" la qualità dei propri scritti, ma il fulcro di una poesia sono le emozioni che vi albergano, e quelle non possono essere insegnate ma solo scoperte. Scoprire la propria profonda verità e imparare a conviverci, per poi farla diventare poesia...
Il laboratorio è rivolto a chiunque sia interessato a lavorare su di sé per arrivare a un'espressione più autentica, non è necessario essere in possesso di particolare esperienza nella scrittura poetica.
Il laboratorio è organizzato in collaborazione con l’associazione Atmos Artiterapeutiche, che da anni organizza percorsi in cui le arti vengono utilizzate come strumenti di crescita personale, consapevolezza e trattamento dei disagi personali e relazionali.

IL CONDUTTORE
Giovanni Porta, psicologo psicoterapeuta di orientamento gestaltico, specializzato nell'utilizzo di tecniche artistiche nella relazione d'aiuto, poeta e performer. Negli ultimi anni ha partecipato ad alcuni dei più importanti busker festival italiani proponendo performance di poesia istantanea. 
Vedi anche www.giovanniporta.it

DATE, ORARI E LUOGHI
Il laboratorio si svolgerà in sei date, sempre di venerdì, presso Atmos Artiterapeutiche, via G. Ansaldo 6 (zona Garbatella) – Roma.
La prima serata, che si terrà venerdì 8 marzo dalle 20 alle 22, sarà introduttiva e completamente gratuita, al fine di permettere a chi sia interessato di sperimentare in prima persona il metodo di lavoro, e decidere se proseguire o meno.
Le altre date, che si svolgeranno sempre presso Atmos Artiterapeutiche, saranno: 22 marzo - 12 aprile - 3 maggio - 17 maggio - 31 maggio.

IL LABORATORIO INTRODUTTIVO REPLICA

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E’ appena uscito il libro ‘Dieci vite per la scienza’ di Alessandro Cecchi Paone

"Siamo tutti figli di una stessa madre di colore. La scienza conferma che il razzismo non ha ragion d'essere", lo afferma il prof Luigi Luca Cavalli Sforza, uno dei massimi genetisti del mondo, alla luce delle sue indagini sulle popolazioni mondiali che si sono generate da un primo gruppo di ominidi preistorici residenti nella zona dell'attuale Corno d'Africa. 

L’ affermazione è stata confermata in una lunga intervista ad Alessandro Cecchi Paone, pubblicata nel volume Dieci vite per la scienza, un cofanetto ( libro + 2 dvd) che accompagna le interviste integrali alle più grandi menti italiane nel campo della scienza e della tecnologia con le biografie e la guida alla comprensione dei contenuti. 

Un’opera preziosa per la conoscenza diretta, approfondita e coinvolgente di grandi protagonisti del nostro tempo. Uno strumento essenziale per prepararsi ai nuovi sviluppi e alle nuove applicazioni della medicina, della biologia, della fisica, della chimica, dell’astrofisica, delle neuroscienze, della logica, della matematica, dell’informatica, dell’elettronica, dell’ecologia e dell’etologia. Il volume, in libreria da domani 6 marzo, sarà presentato in anteprima nazionale a Milano, martedì 19 marzo, alle ore 18, presso il Salone d’Onore della Triennale.

PRESS OFFICE DANIELA LOMBARDI 339-4590927 0574-32853

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MICHELANGELO ANTONIONI “UN POETA DEL NOSTRO MONDO CHE CAMBIA”. PALAZZO DEI DIAMANTI, FERRARA

Nella celebrazione del centenario della sua nascita, Michelangelo Antonioni, uno dei più grandi registri della storia del cinema moderno, in mostra a Palazzo dei Diamanti, accostando la sua creatività, i suoi lavori a opere di grandi artisti, come De Chirico, Moranti, Rothko, Pollock, Burri e Vedova, e offrendo un inedito e suggestivo dialogo tra film e pittura, letteratura e fotografia. Un poeta, uno dei padri della modernità cinematografica. La sua opera che ha oltrepassato i confini della settima arte, è stata profondamente ispirata dalle arti figurative e ha esercitato a sua volta su di esse un notevole ascendente, come sul cinema di ieri e di oggi. 
Antonioni nel 1940 si trasferisce a Roma, dove diventa redattore della rivista “Cinema”, ma ci resta poco per divergenze politiche col segretario del direttore Vittorio Mussolini, si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia, ma frequenta solo un semestre perché viene chiamato alle armi. Durante il servizio militare partecipa alla stesura di “Un pilota ritorna” di Roberto Rossellini. Seguono altri documentari: uno nel 1948 N,U. (Nettezza Urbana) che vince il Nastro d’Argento, e tre nel 1949. Il suo esordio avviene nel 1950 con Cronaca di un amore, pellicola che segna la fine del neorealismo e la nascita di una nuova stagione del cinema italiano. Antonioni ha firmato alcune delle pagine più intense e profonde del cinema degli anni sessanta e settanta.
A celebrare il maestro ferrarese è appunto questa grande mostra, a cura si Dominique Palini – già direttore della Cinèmathèque Francaise – organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara – Museo Michelangelo Antonioni, in collaborazione con la Fondazione Cineteca di Bologna. La mostra racconta il prezioso patrimonio di opere, oggetti e documenti relativi alla vita e al lavoro del regista di proprietà del Comune di Ferrara: i film i documentari, la biblioteca, la discoteca, gli oggetti personali e professionali che parlano delle passioni di Antonioni. Il percorso espositivo, vede avvicendarsi un racconto cronologico e approfondimenti tematici su alcuni motivi chiave del lavoro del regista: le leggendarie nebbie della pianura padana ritornano in molti dei suoi film, sono contrapposte alla luce abbagliante dei deserti aridi e polverosi delle pellicole della maturità. Ad arricchire l’allestimento una grande istallazione, collocata nel giardino interno del Palazzo dei Diamanti, ispirata ad una delle più celebri scene di Blow Up, quella partita di tennis.
Michelangelo Antonioni nasce a Ferrara il 29 settembre 1912 dopo il diploma all’Istituto Tecnico consegue nel 1935 la laurea in Economia e Commercio presso l’Università di Bologna. Ad avvicinarsi al mondo dello spettacolo è un gruppo di amici, coi quali crea una compagnia studentesca che mette in scena alcuni suoi testi, Pirandello, Ibsen, Cechov; intanto diviene titolare della rubrica cinematografica del quotidiano di Ferrara, il “Corriere Padano”, e inizia a girare un cortometraggio sulla pazzia al manicomio di Ferrara, ma gestire i pazienti è difficile e il lavoro non viene terminato. Nonostante le difficoltà del Paese in guerra, Antonioni riesce a girare il suo primo cortometraggio: Gente del Po, La guerra costringe Antonioni a lasciare incompiute le riprese, e ad abbandonare le pellicole girate, parte delle quali si deteriora; solo nel 1947 il materiale rimasto verrà montato. Nel 1952 Antonioni gira I vinti, con l’intenzione di raccontare in tre episodi, ambientati uno in Francia, uno in Inghilterra ed uno in Italia, tre delitti compiuti da giovani, ma senza appesantire la narrazione con tematiche moralistiche e cattoliche, cosa invece pretesa dai produttori. Con queste pretesa si scontra la laicità del regista, e i compromessi raggiunti a fatica non accontentano nessuno. Il film risulta discontinuo, anche per tagli operati dalla censura, che stravolge l’episodio italiano perché i due protagonisti sono omosessuali.
Per alcuni anni, in attesa di realizzare alcuni progetti a cui teneva molto, Antonioni scrive racconti per Il corriere della Sera, e dipinge piccolissimi quadri che verranno poi presentati nella raccolta “Le montagne incantate”. Durante la biennale del cinema di Venezia del 1983, e sono attualmente esposte al Museo di Ferrara “Michelangelo Antonioni”. Per il regista dipingere e scrivere non sono operazioni estranee al cinema, ma anzi un “approfondimento dello sguardo”. Sempre nel 1983 gira per Raitre Ritorno a Lisca Bianca, un breve documentario a colori suoi luoghi dell’Avventura. Numerosi sono i film di Antonioni: L’avventura, la notte, L’eclisse, Deserto rosso, tutti interpretati dall’allora sua compagna Monica Vitti. Questi film consacrano Antonioni tra i dieci registri più importanti del mondo, e gli fanno ottenere un contratto per tre film con la Metro Goldwin Mayer.
Nel 1985 viene colpito da un ictus. La malattia lo priva della parola e lo costringe sulla sedia rotelle. Dopo un periodo di inattività forzata nel 1989 Antonioni ritorna al lavoro, grazie all’aiuto anche professionale della moglie Enrica con un lavoro girato nel 1977 in India su una festa religiosa gli permette di presentare a Cannes, nell’ambito del Progetto Antonioni, il documentario Kumbha Mela.
A questi seguono altri documentari: nel 1990 Roma, per la serie “12 autori 12 città, nel 1992 Noto Mandorli Vulcano Stromboli Carnevale e nel 1997 Sicilia.
Dopo dieci anni dall’ictus, Antonioni torna al lungometraggio con Al di là delle nuvole, film costituito da quattro episodi, per quattro storie d’amore ambientante in città diverse e realizzato con la collaborazione del suo grande estimatore Wim Wenders. 
Stremato dalla malattia, si dedica negli ultimi anni alla pittura.
Michelangelo Antonioni muore la sera del 30 luglio 2007 nella sua casa di Roma e sepolto, per espressa volontà nel Cimitero Monumentale della Certosa di Ferrara.

Palazzo dei Diamanti – C.so Ercole d’Este 21 – Ferrara .- Dal 9 marzo al 9 giugno 2013.
Orari di apertura: lunedì 14,00 – 19,00, Da martedì a domenica 10,00 – 19,00.
Aperto anche a Pasqua e lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno.
Biglietto d’ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,50 (dai 6 a 18 anni, over 65, studenti universitari, categorie convenzionate).
Gruppi (minimo 15 persone) € 8,50 (uno accompagnatore gratuito ogni 20 persone paganti) – Gratuito: bambini sotto i 6 anni, portatori di handicap con un accompagnatore, giornalisti con tesserino, guide turistiche con tesserino e militari in divisa.
Anna Scorsone Alessandri

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Dal 16 fino al 30 marzo 2013 è possibile visitare presso la galleria Studio 71 di Palermo Via Fuxa n. 9 la mostra collettiva: 
percorsi incrociati n. 6

Una mostra che ha visto susseguirsi, nelle cinque edizioni precedenti, pittori e scultori di notevole spessore nazionale e giovani promesse intenti a far “dialogare” le loro opere senza pregiudizi e soprattutto senza riserve. Questo è il senso che ha voluto dare la galleria Studio 71 di Palermo che si è intestato l’evento fin dal 2004. 
Le sedi prestigiose che via via sono state interessate: La Fondazione Mazzullo di Taormina e la Fondazione La Verde La Malfa di San Giovanni La Punta, sono certamente una carta di credito speciale per gli autori che di volta in volta si sono avvicendati. 
A distanza di tre anni dall’ultima edizione, quest’anno è la galleria Studio 71 di Palermo che apre le sue porte a “Percorsi incrociati n.6”. 
Anna Barbagallo, Simona Franz, Jacò, Lucia Mignosa, Giovanna Nicotra, Giuseppe Sciacca, Andrea Todaro sono gli artisti che incrociano ancora una volta le loro carriere artistiche.
L’incisione si fa scultura, il disegno diviene dipinto. La materia lascia spazio alla grafite, il colore all’inchiostro. 
Donne modellate e scavate, miti antichi e moderni si compenetrano dando vita ad una nuova razza. Silenzi e sfrontatezza, pause intime e cariche di profondità psicologiche, visioni oniriche intrise di tradizioni, caratterizzano questa mostra.
In un continuo scambio di visioni, gli artisti fanno interagire le proprie creature in uno spazio reale dando vita ad un ambiente in cui la presenza della fiaba, del mito modella l’atmosfera.
Una mostra ricca di spunti e di contrasti armoniosi in cui mondi ed esperienze artistiche differenti concorrono alla stesura di un breve discorso sull’arte. La mostra curata da Vinny Scorsone, suo il testo in catalogo, comprende 21 lavori tra dipinti, sculture e incisioni.
La mostra è visitabile alla galleria Studio 71 di Palermo fino al 30 marzo con il seguente orario dalle 17.00 alle 20.00 tutti i giorni.

Uff. stampa e p.r.
Mariella Calvaruso

mariacalvaruso@virgilio.it

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Carlos Martiel   Punto di Fuga

a cura di Eugenio Viola
venerdì 22 marzo dalle ore 19:00
Museo Nitsch (vico Lungo Pontecorvo 29/d, Napoli)


Venerdì 22 marzo alle ore 19:00 negli spazi del Museo Nitsch inaugura Punto di Fuga, performance e prima personale europea dell’artista cubano Carlos Martiel, a cura di Eugenio Viola.

Il “punto di fuga” e la relativa elaborazione prospettica ad esso sotteso sono espressione della volontà di conferire al mondo un ordine geometrizzante, il frutto di un episteme occidentale che prova a razionalizzarlo in termini logico-matematici. Entrambi appartengono ad un sistema di pensiero fondato sulla concezione antropocentrica dell’uomo misura del mondo, rappresentato da Leonardo da Vinci nell’Homo Vitruvianus, visualizzazione estrema della corrispondenza neoplatonica tra macrocosmo e microcosmo.

Partendo da queste considerazioni e confrontandosi con un motivo topico della storia dell’arte e della cultura occidentale, Carlos Martiel ribalta col proprio corpo il portato iconico dell’immagine di partenza, esibisce la deviazione dal modello, dall’essenza platonica che aspira alla purezza originaria, dall’eidos di tradizione classica per restituirne una versione polemicamente multiculturale e meticciata.

Il corpo dell’artista diviene un paesaggio da attraversare e percorrere, la sua pelle una tela da personalizzare e penetrare, le sue appendici rami da cui pendono precisi segni di appartenenza: il luogo dell’incontro fra codici differenti e molteplici. L’azione diviene uno sforzo di congiunzione tradotto in tensione geometrico-performativa, sofferenza ed estasi quasi mantrica di un corpo declinato nella sua irriducibile alterità.

Nel lavoro di Carlos Martiel il contesto di appartenenza e la consapevolezza del proprio corpo sono sempre presentati come il prodotto mutevole di processi attributivi complessi. La strada e lo spazio pubblico sono i suoi luoghi privilegiati d’intervento e d’azione, garantiti da continue forme di riappropriazione.

L’artista cubano si concentra su episodi mirati, volti a intensificare la percezione delle disuguaglianze sociali, spingendo il pubblico ad adottare, inevitabilmente, una posizione ideologica che porta con sé le tracce di una situazione determinata, di un contesto preciso. Le sue azioni, come spesso nel magmatico continente latino americano, sono legate ad una forte icasticità espressiva, assumono gli accenni della denuncia, il sapore della rivolta, e rimandano situazioni sgradevoli, segnali allarmanti del profondo disagio esistenziale nel quale si dibatte la società contemporanea. Le sue opere violente, drammatiche, sono caratterizzate da una bellezza disturbante e da una forza quasi catartica che le spinge oltre il commento sociologico o contestuale: originate da una precisa localizzazione geopolitica, procedono per induzione dal particolare al generale in quanto fanno riferimento, nostro malgrado, a problematiche globali.

Eugenio Viola

Si ringraziano Ana Pedroso, contemporaneacubaproject, Philipp Dür, SaBuLee

Carlos Martiel (La Habana Cuba, 1989), vive e lavora tra Buenos Aires e l’Avana, dove ha frequentato la Cattedra di “Arte de Conducta” di Tania Bruguera (2008-09). Ha realizzato numerose performances e partecipato a diverse mostre in America Latina, fra cui al Centro de Arte Contemporáneo Wifredo Lam (La Habana, Cuba, 2012); Haus Der Kunst (Vallarta, Messico, 2012); Espacio Quina (Belo Horizonte, Brasile, 2012); Museo d’Arte Moderno di Buenos Aires (MAMbA, Argentina, 2012); Centro de Arte Contemporáneo de Quito (CAC, Ecuador, 2012). Ha inoltre partecipato all’XI Biennale de la Habana 2012 e preso parte alla 135.aktion di Hermann Nitsch (I.S.A. La Habana, 2012), alla VI Biennale di Liverpool (2010) e alla XXXI Biennale di Pontevedra (Galizia, 2010)

Eugenio Viola è critico d’arte e curatore indipendente. Studioso delle poetiche performative e corporali e delle loro derive, ha pubblicato sull’argomento numerosi saggi e ha curato le monografie e le relative mostre dedicate a Marina Abramović al PAC di Milano (The Abramović Method, 24 Ore Cultura, Milano, 2012) e ad Orlan al Musée d’Art Moderne de Saint Etienne in Francia (Le Récit, Charta, Milano, 2007), oltre al Festival di performance Corpus. Arte in Azione (Museo Madre Napoli, 2009-12).

Museo Hermann Nitsch
Vico Lungo Pontecorvo 29/d - 80135 Napoli
Tel.+ 39 081 5641655 / Fax.+39 081 5641494
info@museonitsch.org

Carlos Martiel
Vanishing Point
Curated by Eugenio Viola
on March Friday the 22 at 7.00 pm
Nitsch Museum of Naples

On March 22 at 7.00 pm, the Nitsch Museum of Naples will inaugurate Vanishing point, the performance and the first European solo show of the Cuban artist Carlos Martiel, curated by Eugenio Viola.

The “vanishing point” and the perspective elaboration thus implied are the expression of the will to give the world a geometrical order produced by a western episteme aiming to rationalize it through logic mathematics terms. They both belong to a doctrine based on the anthropocentric concept of man as measure of the world, thus represented by Leonardo da Vinci in the Homo Vitruvianus that becomes the extreme visualization of the Neoplatonic correspondence between macrocosm and microcosm.

Starting from these considerations and dealing with a topical theme of western culture and history of art, Carlos Martiel reverses the iconic outcome of the given image by using his body, he shows the deviation from the model, from the platonic essence aiming at the original pureness as well as the classic eidos in order to restore a version which is controversially multicultural and hybrid.

The artist’s body turns into a landscape to be crossed and covered, his skin becomes a painting to be personalized and comprehended, his appendixes are branches with specific signs of belonging just hanging on them: the meeting place for several different codes. Action is an effort of junction which is translated into a geometrical-performative tension, into grief and nearly mantric ecstasy of a body declined into its unshakable alterity.

In Carlos Martiel’s work, the context of belonging and the awareness of his own body are always shown as being the mutable outcome of complex processes of attribution. The street and the public place are his favourite field for acting and operating since they are granted by continuous ways of repossession.

The Cuban artist is focused on specific episodes aiming to intensify the perception of social inequalities by driving the public to adopt an ideological position which comprises signs of a determined situation and precise context.
As it often happens in the magmatic continent of South America, Martiel’s actions are bound to a strong expressive vividness, they assume denouncing overtones and a taste of rebellion, they recall unpleasant situations which are worrying signs of the deep existential discomforts fought by contemporary society.
His harsh and dramatic works are characterized by a disturbing beauty and a nearly cathartic strength which drive them beyond the contextual or sociological remark. His works, originated from a specific geopolitical localization, proceed inductively from the particular to the general since they refer, against our will, to global problems.

Eugenio Viola

Thanks to Ana Pedroso, contemporaneacubaproject, Philipp Dür, SaBuLee

Carlos Martiel (La Habana, Cuba, 1989), lives and works between Buenos Aires and Havana where he attended the academic chair of “Arte de Conducta” of Tania Bruguera (2008-09). He made several performances and took part in many exhibitions in Latin America like at Centro de Arte Contemporáneo Wifredo Lam (La Habana, Cuba, 2012); Haus Der Kunst (Vallarta, Mexico, 2012); Espacio Quina (Belo Horizonte, Brasil, 2012); Museo d’Arte Moderno dì Buenos Aires (MAMbA, Argentina, 2012); Centro de Arte Contemporáneo de Quito (CAC,Ecuador, 2012). He also attended the XI Bienal de la Habana (2012), the 135.aktion by Hermann Nitsch (I.S.A., La Habana, 2012), VI Liverpool Biennial (2010) and XXXI Biennial of Pontevedra (Galizia, 2010).

Eugenio Viola is an art critic and independent curator. Expert (Scholar) of the performative and bodily poetics as well as of their drifts, he published several essays on this topic and curated both the monographs and the exhibition dedicated to Marina Abramović at PAC of Milan (The Abramović Method, 24 Ore Cultura, Milan, 2012) and to Orlan at Musée d’Art Moderne de Saint Etienne-France (Le Récit, Charta, Milan, 2007). Moreover, he curated the performance festival “Corpus. Art in Action” at MADRE (DonnaRegina contemporary Art Museum) Naples, 2009-12.

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SGUARDI SULLA SCULTURA CERAMICA DEL XX SECOLO

E’ in corso presso la sala espositiva della Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì in collaborazione con il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza la mostra “Sguardi sulla scultura ceramica del XX secolo”.
Si tratta di uno sguardo focalizzato sul secondo Novecento dagli anni cinquanta in avanti ed intende fornire uno spaccato interessante sulla scultura ceramica del XX secolo, opere appartenenti alla collezione del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza che si è distinto sin dalle origini. 
Una sezione accoglie, oltre ad una selezione di designers, anche capolavori di artisti universalmente riconosciuti come Pablo Picasso, Henri Matisse, Marc Chagall, Leoncillo Leonardi, Lucio Fontana, Alberto Burri, Ugo Nespolo, Carlo Zauli, solo per citarne alcuni.
Il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza è stato fondato nel 1908 da Gaetano Ballardini, diventando un centro culturale di ricerca e di documentazione per la ceramica di tutto il mondo e può proporre al pubblico un’ampia campionatura di quanto è stato prodotto dall’antichità classica fino ai nostri giorni.
Faenza è nota nel mondo per la sua produzione di ceramiche che risale al XII secolo, ma raggiunse il suo momento più alto e artisticamente significativo nel periodo rinascimentale. La tradizione e la sua cultura costituiscono tuttora il polo vitale della Faenza moderna, con il suo Museo Internazionale delle Ceramiche che conserva splendide collezioni di oggetti provenienti da ogni età e paese. 
Come afferma la direttrice del Museo Internazionale delle Ceramiche, Claudia Casali, “Il Ventesimo secolo fu un periodo ricco di innovazioni per la scultura ceramica. Il secondo dopoguerra pose le basi per un rinnovamento globale che interessò grandi protagonisti che si avvicinarono al linguaggio ceramico per rinnovarlo radicalmente… la ceramica oggi sta vivendo una nuova dimensione critica e progettuale che si riscontra nelle tante proposte espositive e nel grande interesse che sta sempre più suscitando, divenendo un vero indiscusso linguaggio contemporaneo”. 
Lo stile e l’evoluzione del suo ultimo periodo artistico influenza prepotentemente il mondo della ceramica ed i primi a sentirne gli influssi sono stati Salvatore Meli e Tono Zanganaro. Incomincia allora una nuova ricerca plastica, dove spazio materia e forma si rivoluzionano verso una non figuralità, transitando per la vena pop, fino alle grandi installazioni come quelle di Giacinto Cerone. 
Questa esposizione conferma il dialogo, ormai consolidato, tra Fondazione MIC e la Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì, filo conduttore la ceramica, ma rende omaggio anche al “Premio Faenza”, attivo dal 1938, internazionalmente ritenuto quale il più importante riconoscimento dedicato all’arte ceramica a livello nazionale ed ha ottenuto sempre maggiori consensi sino ad arrivare ad un livello internazionale negli anni ’60 con artisti giapponesi sempre più interessati a questo concorso. Infatti una sala espositiva ospiterà alcuni dei partecipanti al Concorso Internazionale dell’Arte Ceramica. Tra le opere esposte sono da segnalare le elaborazioni del giapponese Suhearu Fukami, la svizzera Petra Weiss, l’americano Paul Donhauser, il lettone Juris Bergins.
Una meravigliosa cornice che vede il ventesimo secolo come un contenitore straordinario di ricerca, sperimentazione, materie essenziali per l’arte della ceramica.

Palazzo del Monte di Pietà, Corso Garibaldi 37 Forlì.
Orari di apertura: da martedì a venerdì ore 15 – 18; - sabato, domenica e festivi ore 10 – 13 e 15 – 18. fino al 14 aprile 2013.
Anna Scorsone Alessandri

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“Impronte quotidiane”, storie raccontate attraverso il vetro, la sabbia, il nero del carboncino su carta.
Nelle opere esposte emerge una sensibilità spiccatamente femminile nel cogliere e raccontare poeticamente gli aspetti del reale.
L’opera “Impronte” gioca con l’assenza, le impronte di un neonato sulla sabbia riproducono un frammento di memoria di ciò che era e che adesso non è più. Una possibile riflessione sulla fragilità delle cose comunque soggette al trascorrere del tempo. E’ il gioco dell’innocenza, della spontaneità, dei primi passi, le prime impronte lasciate sul bagno asciuga.
Le forme irregolari di vetro trasparente, come pozzanghere si animano nell’elemento naturale della sabbia dando vita ad una armoniosa danza. Non si sa dove iniziano e non si sa dove vadano, ma, tutti ci hanno giocato e hanno riso degli schizzi dell’acqua e della piacevole sensazione di sprofondare nella sabbia e di lasciarci le impronte.
Nell’opera “Croci”eseguite con la tecnica Sand Casting (Vetro fuso in stampi di sabbia) vi troviamo frammenti del corpo: mani, viso, ombelico che si fondono in un unico elemento. Una interpretazione femminile della croce.
L’opera “E vidi le gambe in su tenere” prende a prestito, le parole pronunciate dal sommo poeta per descrivere la figura di Lucifero, angelo ribelle cacciato dal Paradiso che si trova conficcato a testa in giù al centro della Terra, al confine tra Inferno e Purgatorio. Analogamente, l’installazione di Marianna Gasperini si presenta come una serie di moduli rettangolari raffiguranti delle gambe capovolte, frutto di un meticoloso quanto emotivamente partecipata ricerca che l’artista ha operato, partendo dallo studio anatomico della figura per giungere alle profondità più remote dell’animo umano. Marianna si avvale della tecnica del disegno a carboncino per dare forma a quel gioco di ombre e luci che agitano il nostro subconscio, mettendo in risalto, soprattutto, quei “nodi” irrisolti che caratterizzano il nostro vissuto.
Vi aspetto in mostra, cordiali saluti.
Luigi Consonni 
lconson@alice.it

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LANFRANCO QUADRIO -TRA LA TERRA E L’ARIA 
SPAZIO PARALLELO PALERMO


Sabato 23 marzo ore 18 presso lo Spazio Parallelo di Via Libertà 34 di Palermo si inaugurerà la mostra di Lanfranco Quadrio: un viaggio attraverso il suo mondo, della sua ricerca, dei suoi oggetti. 
La sua attenzione si rivolge allo studio di strutture anatomiche animali e umane. Nel disegno così come pure nella pittura, fortemente connotati dalla cura del dettaglio, l’artista lavora attorno a temi legati a forme archetipiche del mito ma rimane costantemente ancorato alla propria dimensione onirica.
Le sue raffigurazioni si scontrano, si aggrovigliano, si compenetrano, dando vita a dei corpo a corpo di grande emotività e di forte impatto visivo.
Cinquanta opere tra disegni, dipinti su tela e incisioni – alcune opere di grande formato, esposte in anteprima a Palermo, saranno in mostra a Londra nell’autunno 2013. 
Prendo in prestito le parole di un articolo di Claudio Alessandri del 26.2.99 “…E… Lanfranco genera una pittura la cui astrazione rimanda ad immagini di oggetti o di animali, scorti con interezza da una mente che rifiuta ogni forma di mortificante classificazione. Su uno sfondo dal nero assoluto, si consuma la tragedia di una libellula che sprofonda, ormai vinta, in una morte che non vuole essere banale, ma portatrice di messaggi, di implorazioni ad una umanità che, indifferente, continua a “schiacciare” tutto ciò che non è utilitaristico, asservito al gretto materialismo. 
Il mondo di Lanfranco non ha confini spaziali e fantastici; la natura si stilizza in sembianze e colori nell’esaltante procedere verso forme indefinite, dai contenuti tangibili in un giuoco immaginario della memoria, commovente, trepida, angosciante … in totale abbandono ad una armonicità che tutto pervade e vivifica. 
In titoli come “Falena”, “Ali grandi”, “Storia di una colomba”, l’esaltazione artistica di Lanfranco lo spinge verso una febbrile ricerca; soluzioni sempre nuove, alla scoperta di un mondo al di là del visibile, del banale rispecchiarsi in immagini “scialbe” che inaridiscono la fantasia e, con essa, ogni ragione al votarsi al felice e creativo mondo della pittura”.
Lanfranco Quadrio riesce ad esprimere tutto il suo talento nelle sue incisioni. Le sue opere traggono ispirazione da soggetti sempre diversi seppur ripetuti, mai un compiaciuto soffermarsi su idee o cose; ci stupisce questo artista come riesca a fissare su una lastra immagini, sensazioni, idee che finiscono per coinvolgere l’immaginazione, la mente. L’onirico ed il reale si fondono su animali, quasi un invito ad infrangere l'esile foglio che divide il reale dal sogno per perdersi in esso, per fuggire da una realtà spiacevole. 
Animali del tempo cristallizzato dal bulino, splendida e delicata come le ali di una farfalla, capaci di far volare fantasie di colori, ma tragiche nella loro fragilità, una fatuità che le rende vulnerabili al più piccolo fremito di vento.
Questo ed altro Lanfranco Quadrio ci fa vedere, conducendoci per mano in mondi sublimi ma brumosi, coinvolgendoci in una tensione spasmodica che solo le sue splendide creazioni, per ispirazione e per tecnica, riescono a placare nella quieta aura del sogno.

La mostra sarà visitabile fino al 13 aprile 2013 – Spazio Parallelo, Via Libertà n. 34, Palermo.
Anna Scorsone Alessandri

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Daniela Lombardi, Valentina Chiaramonti, Liliana Puggelli: Tre generazioni a confronto, un punto interrogativo in comune

Daniela Lombardi, Valentina Chiaramonti e Liliana Puggelli. Tre donne, tre scrittrici, tre mondi diversi. Insieme hanno scritto Tre generazioni a confronto, un punto interrogativo in comune.
Le abbiamo incontrate per saperne di più, dal nostro incontro nasce un’intervista a tre voci. Ecco cosa ci siamo dette.
Tre generazioni a confronto, è un libro intimo e corale nello stesso momento. Com’è stato possibile scriverlo?
Liliana – E’ nato per caso, per gioco. Io mia figli a e mia nipote amiamo scrivere e ci siamo trovate in sintonia in questo progetto
Daniela – E’ stato un modo per riavvicinarmi alla scrittura, la mia grande passione. Avendo un ufficio stampa mi trovo a scrivere molto per gli altri un po’ meno per me.
Valentina – Mi piace scrivere. Soprattutto le poesie. La prima persona a cui le faccio leggere è mi anonna e quindi è sto quasi spontaneo.
Quando l’esperienza personale diventa universale?
Liliana – Quando si capisce che il nostro vicino è esattamente coma noi, con gli stessi problemi, gli stessi sogni e la voglia di guardare avanti.
Daniela – Ognuno di noi è un mondo a parte che fa parte di un grande immenso universo che ci accomuna.
Valentina – A scuola si parla molto di integrazione e a noi ragazzi non fa molta specie il colore della pelle o il paese di provenienza: si capisce che veniamo tutti da una stessa matrice
n che modo i ricordi aiutano, liberano o limitano?
Liliana – I ricordi non devono intrappolare, devono essere solo un motivo per andare avanti e guardare il futuro con più sicurezza.
Daniela – I ricordi possono essere assillanti. Si deve imparare a guardarli con rispetto senza lasciarsi travolgere. Non sempre è facile.
Valentina – Se sono ricordi tristi possono limitare, se sono belli possono liberare ed aiutare.
In che modo poesia e musica entrano tra le pagine?
Liliana – Scrivere è un po’ come suonare uno strumento e le parole sono le note.
Daniela – La nostra scrittura è un insieme di spartiti che speriamo abbiamo creato un’alchimia.
Valentina – Ogni parola è una musica e il nostro libro è fatto di tante parole e quindi di tanta musica.
Cosa avete imparato reciprocamente da questo confronto?
Liliana – Che il tempo passa, le mode cambiano, ma i sentimenti più importanti restano sempre i soliti.
Daniela – Scoprire quello che pensano la propria madre e la propria figlia e vedere che non è poi così diverso da quello che penso io, dà un senso di continuità
Valentina – E’ stato un momento molto bello, anche perché mio fratello Lorenzo ha scattato alcune foto e io ho indossato due stupendi abiti da sposa: quello di mia nonna e quello di made!
Cos’è che le donne non dicono?
Liliana – Le donne dicono tutto, non sanno mentire.
Daniela – Forse le donne riescono a comunicare meglio degli uomini, noi diciamo, bisogna vedere se il nostro messaggio arriva. Quello che non dicono eè quello ch enon viene capito.
Valentina – Le donne comunicano tanto: con il corpo, con le parole, con i gesti: sta agli uomini saperle capire e recepire.

Intervista di: Elena Torre

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21 marzo – Giornata mondiale della poesia
La scienza dimostra che la poesia aiuta a superare i problemi della vita reale grazie al pensiero laterale. Lo psicoterapeuta ci spiega come.

La poesia ci può dare un aiuto concreto a superare i problemi che ci affliggono quotidianamente. Giovanni Porta, psicoterapeuta, specialista in arteterapia, la usa da anni come terapia per i suoi pazienti. “La poesia – spiega – ci fa vedere le cose sotto un aspetto diverso, più profondo, e spesso lontano da quello che noi pensiamo. E’ una forma di pensiero laterale, che ci permette di cambiare prospettiva, di vedere le cose in modo diverso e quindi aiuta a sbloccarsi. Molte persone si sentono infelici perché non riescono a ottenere ciò che vogliono. Quando arrivano dallo psicoterapeuta, sperano di trovare un modo magico per ottenere risultati diversi non cambiando assolutamente nulla del loro modo di fare, e anzi cercano nello psicoterapeuta una “spalla su cui piangere”, qualcuno con cui condividere il proprio profondo senso di frustrazione. Diceva Einstein: la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Condivido in toto questa affermazione e nel mio lavoro di psicoterapeuta il fatto di aiutare le persone ad accettare questa innegabile evidenza è un presupposto indispensabile al miglioramento della loro qualità di vita. Da qui si parte per trovare altre possibili vie per risolvere le difficoltà che la persona sta vivendo. La poesia in questo ci può aiurare. La creazione poetica è una forma vera di pensiero laterale, e tramite di lei anche i problemi di cui soffro quotidianamente mi sembreranno diversi, perché è diverso lo strumento con cui li rappresento: non li descrivo ma esprimo emozioni e idee ad essi associati. Nelle parole che uso per esprimere la mia vita sono nascoste moltissime risorse da utilizzare.”.
Il termine “pensiero laterale” è stato coniato dallo psicologo maltese Edward De Bono, e consiste in una modalità di risoluzione dei problemi che prevede un approccio indiretto, ovvero l'osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema. Il concetto di base del pensiero laterale è che per ogni problema sono possibili molte soluzioni.
“ Da più di vent’anni scrivo poesie, - continua Giovanni Porta - e ciò che mi ha sempre stupito in questa attività è di come spesso tramite le poesie io arrivi a dire con chiarezza cose di cui non ho ancora piena consapevolezza. In altre parole, se lascio la mia mente libera di produrre associazioni di parole senza metterle troppi vincoli di giudizio o senso comune, arrivo a esprimere con sorprendente precisione ciò che vivo, e che sento. La poesia è un contenitore di senso nel quale è possibile associare parole di significato diverso, anche opposto (si veda la figura retorica dell’ossimoro, tipo “calorosa freddezza”). Se ad esempio, scrivendo in una poesia in cui parlo di come mi sento a relazionarmi con gli altri, uso l’espressione “calorosa freddezza”, significa che dentro di me ci sono almeno due parti che la pensano in maniera diversa: una ritiene l’interazione “calorosa” mentre l’altra la considera “fredda”. La parte che considera l’interazione calorosa probabilmente avrà piacere a trovarsi lì, mentre quella che la considera fredda vorrebbe interromperla e andarsene. In pratica, mi sento diviso, voglio due cose opposte, voglio sia stare che andarmene. La poesia, cioè, permette di far emergere gli opposti, ovvero le mie parti interne che sono in conflitto. E una volta individuate le parti in conflitto, che me ne faccio?
Attraverso tecniche di psicoterapia, le metto in comunicazione, le faccio parlare e lascio ad ognuna tempo e modo di esprimere i propri vissuti e ragioni, fino ad arrivare a un accordo, o almeno a un compromesso. Per farlo, identifico un episodio specifico in cui ho vissuto una “calorosa freddezza”, e lavoro a partire da un episodio concreto. In che modo fare questo può aiutare il mio benessere? Arrivare a un compromesso tra parti interne che vogliono cose diverse è fondamentale, se vogliamo vivere in pace. L’alternativa è di rimanere in balia di parti di noi che litigano come condomini irascibili costretti a una forzata convivenza. 
In sintesi, dunque, la poesia è una forma creativa riconducibile a un processo di pensiero laterale che fa emergere, grazie alla libertà insita nella sua forma espressiva, conflitti interni. Una volta esplicitati, questi conflitti possono essere elaborati e risolti grazie a tecniche tipiche di psicoterapia della gestalt quali la “sedia vuota”, in cui mi sposto da una sedia all’altra identificandomi di volta in volta con una specifica parte di me. La risoluzione di un conflitto si associa di solito a una piacevole sensazione di liberazione, come essersi tolti un peso.
È da qualche anno che ho iniziato ad associare poesia e psicoterapia, e sono spesso rimasto stupito della potenza di questa tecnica, capace di trasformare un generico malessere in espressione di un conflitto, e in possibilità di soluzione”.

Poesia e cervello umano
Nel cervello umano esistono due emisferi: quello sinistro e quello destro. L’emisfero sinistro è preposto alle attività logiche, matematiche, lineari, mentre quello destro presiede le attività intuitive: non verbali, immaginative, artistiche. I due emisferi cerebrali sono collegati tramite un’area detta corpo calloso.
L’emisfero sinistro presiede il pensiero logico- analitico o “verticale”, che viene insegnato a scuola e che tutti conosciamo; l’emisfero destro presiede invece il pensiero laterale, o generativo, una maniera analogica di relazionarsi con la realtà che viene usata, per esempio, in tecniche creative come il brainstorming, nel gioco e nelle attività artistiche e nella poesia

GIOVANNI PORTA
Psicologo psicoterapeuta di orientamento gestaltico, è esperto di poesia e di teatro. Vive e lavora a Roma. Da anni realizza laboratori e percorsi in cui l’arte viene utilizzata con finalità terapeutiche. Laureato in Psicologia presso l'Università degli Studi di Padova, si è successivamente specializzato con un master in "Utilizzo di tecniche artistiche nella relazione d'aiuto", ha una specializzazione in Psicoterapia della Gestalt presso l'I.G.F. di Roma, ed una in "Teatro e Psichiatria". Riceve a Roma, in via Pisa 21, e a Pomezia (RM), in via Rimini 11/B. Per info: www.giovanniporta.it - giovanniporta74@gmail.com.

Ufficio stampa Giovanni Porta: Eo Ipso (www.eoipso.it)
Info: Chiara Porta – cporta@eoipso.it - 3289629722

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GIÓ DI TONNO

GIOVEDI 4 APRILEAL POLITEAMA PRATESE

“A VOLTE GIÒ, A VOLTE NO” TOUR 2013

Arriva a Prato“A VOLTE GIÒ, A VOLTE NO”, ilnuovo tour diGIÓ DI TONNO nei teatri (prodotto e organizzato dalla Raimo Produzioni e dalla Premiere Produzioni)che toccherà le principali città italiane.
Durante lo spettacolo Giò ripercorre tutte le tappe fondamentali della sua carriera...dal suo esordio a Sanremo ‘94, al grande musical Notre Dame De Paris fino ad arrivare al grande successo con la vittoria della 58° edizione del Festival Di Sanremo, in coppia con Lola Ponce. Non mancano poi tributi ai grandi artisti con i quali ha collaborato negli anni, come Riccardo Cocciante e Gianna Nannini, fino ad arrivare alle imitazioni che l’hanno portato alla vittoria assoluta del programma “Tale e quale show” di Carlo Conti con giudizio unanime di giuria in studio e pubblico da casa.

A volte musica, a volte parole…
Perché Giò canta, suona, veste di musica le emozioni. E poi, quando meno te lo aspetti, ti butta lì un monologo brillante o gli aneddoti di una vita....
A volte si ascolta, a volte si guarda…
Perché Giò tratta la voce come uno strumento nascosto tra anima e palco.
Ma sul palco scorrono anche immagini. Storie che raccontano, completano, mischiano e dipingono le canzoni.
A volte le ha scritte lui, a volte gli altri…
Già…Perché Giò è un cantautore, e il cammino scelto passa dalle parti delle cose che ha scritto. Ma ogni cantautore scopre sempre che c’è un altro cantautore che ha scritto pagine importanti ed indelebili.
E allora, quando la voce va lontano, si cantano anche le canzoni che hanno tracciato il viaggio…dalla propria casa verso il mondo…passando per Sanremo…
A volte musical, a volte tv…
Perché Giò indossa i panni secolari di Quasimodo, il campanaro di “Notre Dame De Paris”, di Dr.Jekyll e Mr.Hyde, del cattivissimo Don Rodrigo, e fa rivivere l’attimo fuggente in cui il musical ha portato le voci tra le storie di amore e morte.
E poi… E poi cambiano ancora le sembianze, volano leggerezze…e sul palco arrivano altri artisti…Imitati con garbo, omaggiati con rispetto…
Dalla voce e da ogni dettaglio…incredibilmente “Tale e Quale”.

Insomma…
A VOLTE GIÒ, A VOLTE NO

INFO:
PRESS OFFICE DANIELA LOMBARDI 339-4590927 0574-32853
RAIMO PRODUZIONI: 06.97617021 - info@raimoproduzioni.it 
PREMIERE PRODUZIONI: 0574.582425 – info@premiereproduzioni.com

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  © US Coast Guard

Chiedi al Presidente Obama di vietare le trivellazioni nell’Artico

Shell ha abbandonato i suoi piani di trivellazione nelle acque artiche dell'Alaska anche per il 2013.
È una notizia importante. Ma soltanto l'inizio di un cambiamento più grande. È ora che il Presidente Obama decida di abbandonare completamente l'idea di trivellare nell’Artico e di dichiarare la zona 'off limits' all'industria del petrolio.
Shell aveva promesso di applicare i migliori standard di sicurezza per queste trivellazioni ma il fallimento della scorsa estate e una lunga lista di incidenti e di quasi-disastri, sono una chiara indicazione che anche le "migliori" compagnie non possono trivellare offshore, nell'Artico e altrove, in sicurezza.
Il Presidente Obama e la sua amministrazione hanno dato alle trivellazioni nell'Artico una possibilità e Shell ha dimostrato che queste attività non sono possibili. Cercare di estrarre fino all'ultima goccia di petrolio è insensato: è tempo di abbandonare la nostra dipendenza dalle fonti fossili, di promuovere efficienza energetica ed energie rinnovabili e di occuparci concretamente del riscaldamento globale.
Entra in azione ora e unisciti alla nostra campagna per proteggere l'Artico. Chiedi al Presidente Obama di vietare le trivellazioni nell'Artico. Per sempre.

Clicca
 http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/Salviamo-il-clima/Chiedi-a-Obama-di-fermare-Shell/?utm_source=email&utm_medium=email&utm_campaign=lancio_obama_link1

e unisci anche la tua voce

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Nome: alfonso filieri
From: roma
Email: orolontano@libero.it
Invia: Invia
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Date: 28/03/2013
Time: 11.02.19

Testo
LA ZATTERA DI CARTA opere e libri - frammenti di un percorso - 1980-2010 http://www.alfonsofilieri.com/la-zattera-di-carta.pdf www.operalibro.it www.alfonsofilieri.com Alfonso Filieri sembra essere la faccia emotiva, figurale dell’immaginazione e dell’immaginario letterario; per questo non bisogna credergli fino in fondo, come del resto non bisogna mai affidarsi completamente agli scrittori. Bisogna piuttosto avvicinarsi alle opere di Filieri leggendone i titoli, scoprendo immediatamente che corrispondono, sorprendentemente, al racconto evocato dagli autori da cui sono tratte; poi si guarda nuovamente l’opera, avvertendone stavolta la reale corrispondenza con sensazioni umane, primigenie, profonde; sensazioni come la morte, che agghiaccia (Il colpo della balestra, 2008), come i processi naturali, inarrestabili e indifferenti, come il dissolversi fisico di un uccello nelle profondità marine (Lo sparviero marino, 2004, Entrando nei gorghi, 2008), o il propagarsi di gocce d’acqua sul mare come un intero muro di suono ( “Talvolta udivo gocciolar dal cielo / Il canto delle allodole” di Coleridge per l’opera Dal cielo un canto, 2008), e così via. Tutto questo reso, in un ironico paradosso, con il materiale proprio del racconto letterario, la carta cioè, declinata in carta velo, carta di riso, carta di banano, carta fabbricata dallo stesso autore, cerata e colorata con pigmenti, spesso diluiti talmente a penetrare nelle fibre fondendosi indissolubilmente con esse, e sovrapposta a stratificare impercettibili velature che costruiscono anche tridimensionalmente l’immagine. Attraversando in tal modo la soglia della verità delle sensazioni, così, Filieri lascia il pretesto letterario-romantico-avventuroso - per quanto sentito, scelto, sposato - e salpa per il mare ampio e profondo della vita, evidenziandone quei pochi, unici, veri ed inevitabili capisaldi. Tutto questo appare anche nella serie di tele del 2008 ispirate ai mirabili versi di Thomas Stern Eliot e Samuel Taylor Coleridge, ma preparato da un lungo flusso di appunti, idee, proposte figurali e prove tecniche di resa, di carte, di toni che animano le pagine dei quaderni dell’artista, ognuno dei quali è un flash che illumina una 

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ARNALDO POMODORO: OPERE 1954 – 1960 “UNA SCRITTURA SCONCERTANTE”.

Martedì 9 aprile 2013, la Fondazione Arnaldo Pomodoro inaugurerà la sua nuova sede di Milano, in via Vigevano n. 9. Il primo evento 
ospitato nella struttura, adiacente agli archivi della Fondazione e allo studio dell’artista, titolo della mostra “Una scrittura sconcertante”. Arnaldo Pomodoro. Opere 1954-1960, in programma dal 10 aprile al 30 giugno. L’esposizione, curata da Flaminio Gualdoni, documenterà la prima stagione creativa di Arnaldo Pomodoro, scultore nato a Marciano di Romagna (Rimini) nel 1926. Trasferitosi a Milano nel lontano 1954 dove inizia la sua attività artistica; un viaggio straordinario e unico, attraverso cui è possibile leggere più attentamente il lavoro dell’artista. Le opere vent’otto in tutto, un lavoro di ricerca svolto da Pomodoro attraverso sculture, modellini, bozzetti e disegni. Pur rimanendo nell’ambito della tradizione realizzativi del “plasmare” le sue idee, compresa l’antica nobile tecnica a cera persa, segnano un momento di rottura tra la monumentalità figurativa e la rappresentazione di pura bellezza ed eleganza formale. Nell’arte di Pomodoro domina un rigoroso “spirito geometrico”, per cui ogni forma tende all’essenzialità volumetrica della sfera, del cubo, del cilindro, del cono, del parallelepipedo. Pomodoro studia da geometra per dedicarsi poi quasi subito alla scultura, per la quale sviluppò a poco a poco un’enorme passione. Le prime sculture risalgono all’inizio degli anni cinquanta. Sono rilievi modellati nel ferro, stagno, piombo, argento, cemento e bronzo. La sua scrittura è costituita da segni astratti. L’uso di questi materiali inediti testimonia la ricerca e la volontà di Pomodoro di sperimentare nuovi mezzi formali ed espressivi. Oltre alla scultura, espressione unica nel suo genere, si è cimentato in altre attività artistiche, dai gioielli, splendide miniaturizzazioni dei ben più grandi capolavori, minuscole sculture dal contenuto palpitante e intenso, alla scenografia, illusione di fatua solidità, all’architettura, reale mostrarsi del genio proteso nel tempo. Le sue opere si trovano nelle città più importanti come Roma, Torino nel Cortile delle Pigna dei Musei Vaticani e nei maggiori musei mondiali nonché al Cremlino e all’ONU. L’influenza intellettuale di Klee, che si definiva “astratto con qualche ricordo”, si avverte nel passo lirico e nella filigrana naturale tipici di Pomodoro di quel tempo, esplicitati da titoli in cui si dice di “orizzonte”, “situazione vegetale”, “estensione vegetale”, “paesaggio”. Questo è il percorso che lo conduce alla consapevolezza del segno astratto come cellula plastica, caratteristico di tutta la sua straordinaria vicenda successiva. Pomodoro è considerato uno dei più grandi scultori contemporanei italiani, molto noto ed apprezzato anche all’estero. 
Accompagna la rassegna il primo numero dei Quaderni della Fondazione. Collocata nei pressi della Darsena dei Navigli, la Fondazione Arnaldo Pomodoro, agirà come vero e proprio centro culturale, proponendo mostre, incontri, conferenze, presentazioni di libri, concerti. La vicinanza tra gli ambienti configura un polo artistico di grande suggestione, che tra i cortili antichi dei Navigli salda ancor più la contiguità tra il luogo dove la scultura di Pomodoro nasce e quello in cui la Fondazione ne documenta e promuove l’attività, ponendosi contemporaneamente come luogo di studio e di confronto intorno ai temi e alle figure dell’avanguardia contemporanea. La ricerca di Arnaldo Pomodoro è una ricerca infinita, dove ogni tappa è un’opera, una scenografia, un costume, un testo, in questo caso una mostra. 
A questa iniziativa seguirà, dopo l’estate, una mostra dedicata a Enrico Baj che ne analizzerà non solo il ruolo primario nel dibattito artistico degli anni ’50 e ’60, che lo vede fondare il Movimento nucleare, concepire riviste come “Il Gesto” e redigere manifesti cruciali come Contro lo stile, ma anche porsi come interlocutore attivo, in particolare tramite i rapporti con Edouard Jaguer e il gruppo “Phases”, della grande avanguardia internazionale, da Marcel Duchamp a Man Ray, da Asger Jorn a Guy Debord. 

ARNALDO POMODORO. OPERE 1954-1960
Una scrittura sconcertante
Milano, Fondazione Arnaldo Pomodoro (via Vigevano 9)
10 aprile - 28 giugno 2013 Orari: dal mercoledì al venerdì, dalle 16 alle 19. Ingresso libero. 
Anna Scorsone Alessandri

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Festival dell'Oriente - Mostra d'Arte Boffoli - Semeraro 

Esplorare l’Universo d’Oriente per riscoprire origini e radici del nostro stesso Occidente.Un’occasione da non perdere che si materializzerà, dal 25 al 28.4.2013, al Parco Esposizioni Novegro della Fiera di Milano - http://festivaldelloriente.net/. Una magia che si rinnova dopo lo straordinario successo della terza edizione, ottenuto lo scorso Novembre a Carrara. Cinquantamila mila metri quadrati di spazio coperto e scoperto a disposizione dei visitatori per assistere e interagire… Previsti: conferenze, seminari, incontri, spettacoli, esibizioni, concerti, cerimonie tradizionali, danze, arti meditative e marziali, discipline olistiche e bionaturali (yoga, ayurvedica, fiori di bach, theta healing, meditazione, spazio vegano, reiki, massaggi, ci kung, tai chi chuan, shiatsu, tuina, bio musica, rebirthing, integrazione posturale…). Particolare spazio dedicato all’essenza universale dell’Arte; invitati ad esporre, dopo il recente successo conseguito presso la Fiera di Udine (organizzazione - http://www.ilbenessereuniversale.org/), Fedele Boffoli e Mariagrazia Semeraro, versatili artisti contemporanei che hanno dedicato gran parte delle loro attività creative per mediare, operando sintesi con l’immagine e la parola, il delicato rapporto plurimillenario di Oriente-Occidente, nel rispetto dei relativi e differenti approcci - http://festivaldelloriente.net/magia-delloriente-novegro/mostra-larte/. 

Trieste, 3 aprile 2013

Fedele Boffoli (in Facebook)
info@fedeleboffoli.it
 
www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm

http://anforah.altervista.org/

Bari/Trieste - tel. 338-2246495

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----- Original Message ----- 
From: Paolo Ciabattini 
To: Paolo Ciabattini 
Sent: Wednesday, April 03, 2013 11:01 PM
Subject: Invito all'inaugurazionene LaboExpo presso Foro Buonaparte 60 Milano 10 Aprile 2013 dalle ore 19,30

Nasce finalmente "Laboexpo".

A Milano, nel grande spazio espositivo di Foro Buonaparte 60, vecchia sede di una galleria milanese, ho installato il mio laboratorio che diventa luogo di sperimentazione e ricerca artistica non solo mia, ma con la collaborazione di altri artisti, architetti e designer che di volta in volta saranno invitati a partecipare ai programmi. Ritengo fondamentale la condivisione di progetti tra artisti e la cooperazione nel realizzarli, attraverso una contaminazione collettiva, come molto tempo addietro accadeva nelle antiche botteghe d'arte rinascimentali o più recentemente nella Factory dell'età dell'argento.

La prima manifestazione che avrà il compito di inaugurare Laboexpo avrà un testimonial d’eccezione caro a Milano, l'architetto Daniel Libeskind, che introdurrà l’artista e figlia Rachel Libeskind, oltre al sottoscritto ed all’architetto ed artista Attilio Terragni, nipote del noto Giuseppe Terragni, architetto razionalista.

L’inaugurazione avverrà mercoledì 10 Aprile dalle ore 19:30. Ti pregherei di confermarmi la tua presenza. Sarà sufficiente rispondermi a questa mail o se preferisci richiedere l’accredito e l’invito inviando una mail a info@laboexpo.com

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CROMOSUONI
Fabrizio Trotta
"Cromosuoni", un titolo che richiama fortemente il termine cromosomi, corpi intensamente colorabili, strutture essenziali dell’eredità, intreccio che contiene il nostro patrimonio genetico. Da qui lo scopo di questa mostra: svelare l’attuale “patrimonio” artistico di Fabrizio Trotta, basato su una duplice ricerca: il Colore e il Suono; mondi apparentemente distanti caratterizzati da una matrice comune di energia e frequenza. L’artista identifica una sinergia latente tra l’effetto acustico e l’elemento cromatico, attribuendo però ad ognuna di essa un’indagine e un senso specifico.
Con oltre venti opere Trotta ripercorre le varie fasi o tappe della sua ricerca ed evoluzione artistica, che da una parte vedono la sua passione per la musica proposta in pittura in quasi tutti i suoi aspetti: i miti (Revival), la danza (Danze Informali), l’ideazione, la creazione, l’esecuzione, l’ascolto (Doors), sino ad arrivare alla rivoluzionaria e intrigante playing-art, una forma d’arte dinamica, interattiva e velatamente ludica, volta al coinvolgimento pieno dello spettatore o fruitore nella creazione e nello sviluppo di una nuova opera attraverso il libero spostamento delle sezioni degli strumenti musicali calamitati sul supporto.
Dall’altra parte, l’analisi dell’effetto catartico e dell’influsso positivo dei colori sulla nostra vita, sulle nostre scelte e sul nostro equilibrio psico-fisico ha spinto l’artista ad ampliare la propria indagine verso opere concettuali e minimali, dove il colore diventa unico protagonista, rappresentato sottoforma di pioggia materica, attraverso l’uso di olio o acrilico nei CromoTherapy o di spezie utilizzate come pigmento nei ChromoAromaTherapy, riuscendo quindi a coinvolgere anche l’olfatto, senso spesso sottovalutato ma molto forte nel tenere vivi ricordi e piaceri.
Decidere di affrontare due ricerche apparentemente opposte, ma concretamente congiunte, consente a Trotta di identificare e indicare una via di fuga dalla società contemporanea, alla riscoperta dei meccanismi semplici e naturali che appartengono al mondo puro dei bambini, privi di quei castelli di guardia e di ingranaggi complessi mentali che conducono a una situazione di infelicità e distanza dall’essere. Si porta in primo piano la curiosità, il gusto della scoperta, la possibilità di vivere emozioni positive attraverso il gioco e alcuni degli organi di senso, in particolare la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto, percependo persino il piacere dell’atto di creare.
Una mostra, dunque, in cui lo spettatore diventa protagonista in quanto contenitore di emozioni pronte ad essere stimolate, esternate e liberate attraverso l’interazione, il gioco e i cinque sensi. 

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Innocenzo Vigoroso, Studio DR Spazio Visivo, Roma

Roma offre allo scultore calatino di nascita, ma romano di adozione il suo prestigioso spazio fino al 19 aprile. 
Una lunga e attenta meditazione sul corpo femminile viene raccontata da Innocenzo Vigoroso. Un insieme di piccole sculture in bronzo, prevalentemente femminili. Lo scultore trae ispirazione nel corpo femminile adagiato mollemente in un riposo languido, e in quello di eleganti danzatrici. L’artista trova la massima espressione creativa in sculture palpitanti di vitalità, in ballerine dal corpo teso, arcuato in uno slancio prodigioso che, annullata ogni forza di gravità, fluttua libero in spazi indefiniti di dimensioni sconosciute alla fragilità ed alla materialità di un corpo relegato nelle pastoie naturali dell'essere umano. Su questi corpi flessuosi, è istintivo l'impulso di tendere la mano alla ricerca di un contatto fisico con le superfici levigate, epidermidi all'apparenza elastiche e pulsanti vita: desiderio di uno sperato amplesso amoroso che la reale sensazione tattile di fredda rigidità ci placa, riconducendoci ad un risveglio doloroso. Giorgio Segato scrive: “Il lavoro di Innocenzo Vigoroso può essere riassunto come lunga e attenta meditazione sul corpo. Fin dagli inizi della sua carriera artistica il corpo è stato al centro dei suoi interessi e della sua curiosità plastica, della sua sensibilità tattile, sia nei movimenti espressivi, ma anche nelle attese, negli stati di quiete. Vi è una ricerca di leggerezza, un desiderio di perdita di peso fisico del corpo per renderlo capace di un ascolto intimo, di un’esperienza di vita interamente e intensamente vissuta”. Altrettante espressività la si può riscontrare negli equilibristi che, sfidano ogni logica fisica. I bronzi di Vigoroso instillano una emozione profonda, per la certezza della poeticità delle sue opere. Il richiamo alla bellezza femminile si avverte prepotentemente nell’opera “Donna con sedia circolare” nella quale Vigoroso coglie un momento d’estrema introspezione; le membra sono rilassate in un abbandono “felino”, lo splendido corpo nudo si mostra in tutta la plasticità muliebre: la figura “pensierosa”, conscia della sua avvenenza, guarda incerta ad un futuro che la priverà della trepida giovinezza e, forse, del sorriso eppure, nonostante tutto, il suo riflettere è sereno, non adombrato dalla tristezza. Le composizioni delle figure, sono come strutture architettoniche che si allacciano nello spazio in una magica continuità energetica, simbolo plastico della continuità della vita. Predilezione per le sculture circolari a una, a due e anche tre figure che si annodano nello spazio. Il sempre più articolato studio del gesto con elaborazioni coraggiose e armoniche mette in evidenza la tensione creativa tra disegno e modulazione del corpo. Tutte le opere di questo grande artista, e non solo le danzatrice, sembrano acquisire leggerezza, in contrasto con il bronzo, nobile fusione di metalli preziosi, ma greve se non trasformato dallo scultore in creature, solo apparentemente leggere, liberate dall’arte del mantello soffocante della materia inerte. In realtà, sia i grandi bronzi che i bronzetti di Vigoroso interpretano la bellezza avvertita come evocazione di un mito. 
Innocenzo Vigoroso nasce a Caltagirone in Sicilia, comincia a lavorare la creta presso la Scuola d’Arte per la Ceramica. La passione per l’arte della ceramica e per i modelli in gesso si manifestano in lui sin da bambino. Si laurea in Architettura a Palermo nel 1962; nel 1977 si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Roma dove vive e lavora.
La mostra sarà visitabile fino al 19.04.2013 presso lo Studio DR Spazio Visivo – Via Brunetti, 43 Roma - Orario: 10,30 – 13,00 e 16,30 – 19,30, festivi su appuntamento. Ingresso libero. 
Anna Scorsone Alessandri

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CARMELO CAPPELLO MUSEO DEL TERRITORIO, BIELLA

E’ in corso presso le sale al primo piano del Museo del Territorio un’ampia retrospettiva della produzione dello scultore Carmelo Cappello voluta dall’Assessorato alla Cultura – Assessore Andrea Delmastro ed interamente realizzata con le risorse interne del Museo del Territorio. 
Le opere in mostra appartengono a diverse collezioni private.
Carmelo Cappello, definito lo “scultore d’acciaio” emigrante dell’arte al Nord ma sempre legato alle sue radici iblee. In Cappello si ritrova la mediterraneità e la solarità, senza mai dimenticare il mestiere quasi di artigiano. Era uno scultore che non si incontrava spesso nel quartiere di Brera dove aveva lo studio. Una sorte di timidezza naturale gli impediva di fare il presenzialista, di alzar la voce, di fare proclami e dichiarazioni come fanno tanti suoi colleghi. Nato in Sicilia a Ragusa nel 1912 studia scultura a Comiso e poi si trasferisce a Roma; lavora presso lo studio di Ettore Colla. Le prime personali sono presentate a Roma e Milano con testi di Raffaello Giolli autore, nel 1944, della prima monografia sull’artista, pubblicata dall’Editoriale Domus. E’ presente alla Biennale di Venezia. Negli anni Cinquanta, la svolta con la grande scultura in alluminio “L’uomo nello spazio” e con la successiva scultura “Acrobati” del 1955 esposta alla Triennale di Milano, concilia il figurativo con le forme spaziali. Eclissi, linee dinamiche, sfere e strutture lunari. Cappello ha una dote poetica di un incantato naif che traccia i suoi rabeschi plastici nel corpo stesso della civiltà industriale. I metalli in cui si costruiscono i più fantascientifici marchingegni della produzione macchinistica, i composti chimici che fan nascere le fibre sintetiche in cui ormai si incarna il nostro mondo artificiale, non eccitano in lui propositi di arte tecnologica, né progetti futuribili di mirabolanti integrazioni tra funzionalità e bellezza: gli appaiono invece come strumenti utili per meglio realizzare la sua visione di un universo rallegrato di voli di rondini , zampilli di luci, traiettorie e balletti di forme pure. Artista completo, Cappello si interessò con eguale genialità sia all'aspetto plastico della scultura sia alla modulazione spaziale che fosse funzionale al cosiddetto «arredo urbano». Affronta l'elaborazione plastica della materia, via, via che si discosta dal figurativo. Di questo periodo è la serie «Nudi femminili», che segue a «Davide» e prosegue con «Prostitute», scultura di istinto e sensuale, mossa da tensione plastica e accesa da un cromatismo offuscato. Non sempre convinto dei suoi esiti (aveva le fisime perfezioniste del grande artigiano), egli riprova i suoi esperimenti, ricercando la strada della sintesi. La scultura "Involuzione del cerchio" (1962), in acciaio e con movimento elettromeccanico, segna un periodo caratterizzato dall'interesse per l'uso di quel materiale e per la ricerca di forme in prevalenza circolari e rotatorio-dinamiche. Di Cappello si hanno notizie biografiche e note dei maggiori critici internazionali, ma non bisogna trascurare il ricordo dell'uomo, straordinariamente discreto e semplice, che non somiglia molto alle sue opere, tendenti verso l'alto, geometriche e astratte, nello stesso tempo. La sua comunicatività, pur non nascondendone la profondità, svela la semplicità tipica di un artigiano ragusano dell'epoca, così si esprime Carmelo Cappello: "Sono dovuto andare via da Ragusa per salvare la mia creatività. Ricordo che fu proprio il maestro Diana a farsi promotore verso i miei genitori affinché mi mandassero a Roma....” La carriera artistica di Cappello conosce importanti partecipazioni ad eventi espositivi sia in Italia che all'estero. Nelle sue opere traspare una preoccupazione costante dovuta alla tensione per il superamento definitivo della lezione plastica ottocentesca verso l'affermazione di valori che prospettano una nuova stagione della scultura. 
Il primo Cappello, che debutta con il "Freddoloso" (1938), è un figurativo: propone un immaginario che è metafora del quotidiano.
La sua opera creativa, in seguito, si evolve verso un'astrazione concepita come forza dinamica nella quale si impone la linea curva legata nel cerchio, oppure inarcata nell'ellissi. 
Il secondo Cappello si propone, dunque, come delineatore di volumi nello spazio.
L'ambiente ed il luogo si intrecciano per la loro capacità di interagire con la fisicità della scultura, che divide ed integra lo spazio. L'attenzione alla realtà e l'interiorizzazione di essa stanno alla base del suo pensiero, mentre ai materiali utilizzati (bronzo, ferro, acciaio, ottone) affida il compito di dare assolutezza alla forma.
Carmelo Cappello, scultore siciliano e pittore dai carretti alla luna muore a Milano all’età di 84 quattro anni. 
La mostra sarà visitabile fino al prossimo 5 maggio e sarà completata da una serie di eventi collaterali dedicati alla figura di Cappello: - 
Museo del Territorio 
via Quintino Sella (Chiostro Di San Sebastiano) - Biella 
Apertura da giovedì a domenica 10 - 12.30 / 15 - 18.30 
Intero € 3,00 Ridotto € 1,50
Anna Scorsone Alessandri

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"Evoluzione"

Mostra personale di Adriano Fida
Opere dal 2008 al 2013
Vernissage sabato 13 aprile 2013 dalle ore 18:00
La mostra si terrà fino al 10 maggio
L'artista sarà presente al vernissage

Collezionando Gallery
Via Monti di Creta 55
Roma

Email info@collezionandogallery.it collezionandogallery@hotmail.it
Tel. +39 06.66.24.970 Cell. +39 338.73.75.137
www.collezionandogallery.it [1]

Facebook: 
http://www.facebook.com/pages/Collezionando-Gallery/459076654142858 [2]
Twitter: http://www.twitter.com/CollezionandoGa

La tecnica è la peculiarità di Adriano Fida ma la sua maggiore evoluzione è stata nei soggetti, nella ricerca e nel significato delle sue opere.
Da molti critici è stato elogiato per i virtuosismi del suo tratto, ma con questa mostra si esalta l'ecletticità della sua pittura, lo spessore che ogni sua tela richiede all'osservatore.
Lo studio che ogni opera necessita è rappresentato e raccontato da Fida in modo eccellente.
Questo fa di Adriano non solo un artista in continua evoluzione, ma un narratore di miti e storie alcune volte dimenticati o addirittura sconosciuti.
Con ogni sua tela aggiunge un tassello nel bagaglio culturale di ogni osservatore.
Adriano Fida non è solo un artista eccellente, ma è un'anima pura, complessa, alcune volte ancestrale, ma ecisamente talentuosa e merita di essere conosciuta.
In questo percorso artistico coglierete le sue attitudini e la sua capacità di far vivere ogni opera di luce propria.

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TIZIANO: PRIMO PROTAGONISTA DELL’ARTE EUROPEA IN MOSTRA A ROMA

E’ in corso a Roma la mostra di Tiziano, cittadino dell’Urbe (un onore concessogli dal papa Farnese nel 1546). 
La mostra ripercorre i tratti salienti dell’inarrestabile ascesa del grande artista italiano; dagli esordi veneziani in seno alle botteghe di Giovanni Bellini e Giorgione all’autonomia acquisita con le grandi tele per i dogi, gli Este e i Della Rovere fino ad arrivare alle committenze imperiali di Carlo V e poi del figlio Filippo II. 
Tiziano si distingue per il magistrale senso del colore e l’evoluzione di una pennellata capace di travalicare i limiti dell’immaginario pittorico. La forza motoria, l’energia del colore, diventa qualcosa di più di un ingrediente coloristico, Tiziano la trasforma, per così dire, in un fluido immateriale, in un fattore autonomo in grado di suscitare anche solo, indipendentemente dalla composizione plastico – lineare, quella partecipazione spirituale che costituisce per noi la caratteristica più importante della nuova arte.
Non ci si emoziona in Tiziano per ciò che si vede rappresentato, ma per ciò che è amalgamato dentro un colore che sembra non aver bisogno di studio perché esce dalla sua mano fluido e caldo come sangue.
La mostra in totale circa 40 dipinti, provenienti dai maggiori musei internazionali, consente di ammirare in un'unica rassegna le tappe salienti di una lunga ed inimitabile carriera, dagli esordi veneziani alle grandi tele, appunto, per i dogi fino alle committenze imperiali di Carlo V e Filippo II d’Asburgo in Spagna. Non sono molti i quadri esposti, ma sufficienti a ricostruire il ritratto di Tiziano Vecellio, soprattutto se si considera il livello qualitativo delle opere esposte come “Il Concerto”: la tela attribuita inizialmente a Giorgione, a partire dalla fine dell’Ottocento è stata assegnata dai critici a Tiziano, che la realizzò probabilmente nel 1507-1508, “Flora degli Uffizi” raffigurante una giovane donna. La tela, riprodotta in numerose incisioni a partire dal XVI secolo, è uno dei capolavori del giovane Tiziano: Danae, dipinto mitologico, Danae, figlia del re Argo Acrisio, prigioniera in una torre di bronzo, viene sedotta da Giove trasformatosi in una pioggia d’oro. Riproducendo la metamorfosi terrena del padre degli dei, Tiziano realizza questo quadro stendendo il colore sulla tela con pennellate morbide e sfatte, con una tecnica che esclude il disegno preparatorio. E poi La Pala Gozzi di Ancona, Carlo V con il cane; l’Autoritratto del Prado, questo dipinto costituisce uno dei due autoritratti del Tiziano indubbiamente autografi. Alcuni studiosi datano questo ritratto intorno al 1550, per il suo aspetto ancora vigoroso. Il percorso continua col quadro della Punizione di Marsia, ed inoltre un autoritratto che raffigura l’ottantenne pittore serio e quasi malinconico. Il volto lascia intuire un rovello esistenziale: “a che mi serve la mia fama se la vita mi sfugge”. 
Sono alcune delle opere più conosciute di Tiziano che sono esposte alle Scuderie del Quirinale. Aperta fino al 16 giugno e organizzata da Giovanni C.F. Villa, che riporta a Roma, dopo oltre quattro secoli, Tiziano e i suoi capolavori, riportando alla memoria quella cittadinanza onoraria di cui con lungimiranza egli era stato insignito in Campidoglio da papa Farnese.
Elisabetta Rasy scrive per il catalogo della mostra di Tiziano (edito da Silvana), “l’orgoglio di un uomo che si è fatto da sé (non era figlio d’arte) e ha saputo imporre nell’Europa del suo tempo un marchio di fabbrica, un brand come dicono oggi gli esperti del marketing”.
Una mostra concepita per concludere idealmente l’ampio progetto di rilettura della pittura veneziana e di riflessione sul ruolo cardine che essa ha avuto nel rinnovamento della cultura italiana ed europea.
Tiziano Vecellio nato a Pieve di Cadore tra il 1477 e il 1480 circa (data non certa) appartiene ad una famiglia nota e agiata, muore a Venezia il 27 agosto del 1576 di peste che un mese prima aveva portato via anche il figlio Orazio. Un provvedimento speciale gli risparmiò la fossa comune ma, date le circostanze, il pittore fu sepolto con una cerimonia frettolosa.
In seguito bastarono cinque anni al figlio Pomponio per dilagare tutto il patrimonio del pittore più ricco della storia.
Tiziano non lasciò dopo di sé una bottega né una scuola: egli preferiva avvalersi di collaboratori che non avessero uno stile personale. Tuttavia la sua lezione e i suoi colori hanno attraversato cinque secoli, perché anche noi possiamo rivivere quell’emozione, quell’equilibrio di senso e di intellettualismo umanistico, di civiltà e di natura, in cui consiste il fondamento perenne dell’arte di Tiziano.
Una mostra ideata, grazie al sostegno e ai prestiti delle massime istituzioni museali italiane e straniere, per far comprendere al grande pubblico l’eccezionalità di un artista come Tiziano 
Il catalogo scientifico è edito da Silvana Editoriale con i contributi di alcuni fra gli studiosi più riconosciuti del grande maestro veneto.

Scuderie del Quirinale
Via XXIV Maggio 16, Roma.
Orario: da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00, venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30.
L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura.
Biglietto intero € 12.00, ridotto € 9,50
Biglietto integrato Scuderia del Quirinale + Palazzo delle Esposizioni
Intero € 20.00 ridotto € 16.00 – scuole € 6.00. fino al 16 giugno 2013
Anna Scorsone Alessandri

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CROMOSUONI
Fabrizio Trotta
"Cromosuoni", un titolo che richiama fortemente il termine cromosomi, corpi intensamente colorabili, strutture essenziali dell’eredità, intreccio che contiene il nostro patrimonio genetico. Da qui lo scopo di questa mostra: svelare l’attuale “patrimonio” artistico di Fabrizio Trotta, basato su una duplice ricerca: il Colore e il Suono; mondi apparentemente distanti caratterizzati da una matrice comune di energia e frequenza. L’artista identifica una sinergia latente tra l’effetto acustico e l’elemento cromatico, attribuendo però ad ognuna di essa un’indagine e un senso specifico.
Con oltre venti opere Trotta ripercorre le varie fasi o tappe della sua ricerca ed evoluzione artistica, che da una parte vedono la sua passione per la musica proposta in pittura in quasi tutti i suoi aspetti: i miti (Revival), la danza (Danze Informali), l’ideazione, la creazione, l’esecuzione, l’ascolto (Doors), sino ad arrivare alla rivoluzionaria e intrigante playing-art, una forma d’arte dinamica, interattiva e velatamente ludica, volta al coinvolgimento pieno dello spettatore o fruitore nella creazione e nello sviluppo di una nuova opera attraverso il libero spostamento delle sezioni degli strumenti musicali calamitati sul supporto.
Dall’altra parte, l’analisi dell’effetto catartico e dell’influsso positivo dei colori sulla nostra vita, sulle nostre scelte e sul nostro equilibrio psico-fisico ha spinto l’artista ad ampliare la propria indagine verso opere concettuali e minimali, dove il colore diventa unico protagonista, rappresentato sottoforma di pioggia materica, attraverso l’uso di olio o acrilico nei CromoTherapy o di spezie utilizzate come pigmento nei ChromoAromaTherapy, riuscendo quindi a coinvolgere anche l’olfatto, senso spesso sottovalutato ma molto forte nel tenere vivi ricordi e piaceri.
Decidere di affrontare due ricerche apparentemente opposte, ma concretamente congiunte, consente a Trotta di identificare e indicare una via di fuga dalla società contemporanea, alla riscoperta dei meccanismi semplici e naturali che appartengono al mondo puro dei bambini, privi di quei castelli di guardia e di ingranaggi complessi mentali che conducono a una situazione di infelicità e distanza dall’essere. Si porta in primo piano la curiosità, il gusto della scoperta, la possibilità di vivere emozioni positive attraverso il gioco e alcuni degli organi di senso, in particolare la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto, percependo persino il piacere dell’atto di creare.
Una mostra, dunque, in cui lo spettatore diventa protagonista in quanto contenitore di emozioni pronte ad essere stimolate, esternate e liberate attraverso l’interazione, il gioco e i cinque sensi. 

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A Villa Baragiola sarà inaugurata “Tracce”, 
mostra personale della pittrice Michela Banfi


Sarà inaugurata sabato 11 maggio, alle 18.00, presso lo spazio espositivo temporaneo di Villa Baragiola, la personale di Michela Banfi, artista impegnata da diversi anni in una ricerca tesa a indagare le proprietà espressive della figura umana, simbolo ed emblema di una condizione universale.
Profondamente e intimamente legata alla tradizione pittorica italiana, Michela Banfi ha maturato uno stile personale capace di mettere in relazione elementi classici e dettagli di estrema modernità, ricreando atmosfere metafisiche in cui reale e irreale si fondono e si confondono. 
Muovendosi su più piani di lettura, l'artista invita l'osservatore a calarsi in una dimensione definita da coordinate spaziali e temporali che appartengono al mondo del fantastico e del meraviglioso: luminosi spazi bianchi opalescenti accolgono, come una scena teatrale, personaggi che sembrano provenire da un passato remoto, come se affiorassero alla coscienza da un sogno o da un ricordo. Un graduale disvelamento di pensieri, sensazioni e pulsioni mai sopite che ritrovano vivacità nei colori caldi e sgargianti, nelle pennellate rapide e corpose, nelle graffiature che incidono il gesso ancora fresco lasciando trasparire la materia sottostante. 
Un cromatismo acceso e un sapiente accostamento di tecniche pittoriche differenti rappresentano la cifra stilistica di un percorso giunto ad una consapevole maturità, un cammino mosso dalla volontà di cogliere la vera essenza delle cose valicando i confini della realtà sensibile per approdare ai significati e ai valori più profondi dell'esistenza.
Gli affetti, i legami con gli ambienti familiari e le esperienze che conducono l'individuo verso la maturità sono infatti i temi privilegiati dall'autrice, che spesso ricerca metafore esemplificative nel repertorio fiabesco della tradizione popolare. L'interesse per la letteratura per ragazzi e per la rappresentazione simbolica nei disegni infantili deriva dalla sua esperienza di insegnante nella scuola primaria ma anche, probabilmente, dalla condizione personale di donna e di madre. L'artista racconta con piacere di aver iniziato ad inserire nei dipinti i personaggi stilizzati alla maniera dei bambini prendendo spunto dai disegni dei propri figli; disegni conservati con cura nel corso degli anni e poi rielaborati in chiave artistica, aggiungendo un interessante elemento autobiografico allo svolgimento del racconto pittorico. 
La mostra presentata a Villa Baragiola intende valorizzare un'artista varesina che si è distinta per originalità creativa, studio metodico e costanza, offrendo ai visitatori un taglio specifico della produzione più recente dela pittrice. “Tracce” è infatti una selezione di quelle opere che maggiormente affrontano il delicato tema dell'identificazione dell'Io attraverso le esperienze che hanno portato alla sua definizione. In queste tele, passato e presente, reale e immaginario, oggettività e soggettività, si rispecchiano l'un l'altro completandosi a vicenda, esortando chi osserva a partecipare attivamente alla definizione del senso compiuto del messaggio racchiuso nei tanti riferimenti simbolici. Un invito, rivolto dall'autrice con grazia e delicatezza, ad abbandonarsi al piacere di contemplare scene di grande armonia, figure femminili che si muovono soavi e leggere, teneri ritratti di bambini sognanti e interni domestici animati da curiosi e accattivanti personaggi di fantasia.
Opere che rivelano un desiderio profondo di comunicare sensazioni piacevoli e rassicuranti, di riportare la mente alla spensieratezza dell'infanzia, alla fascinazione sensuale o all'incanto di certi attimi di vita gelosamente custoditi nel ricordo. Le composizioni irradiano una gioia che è altro dal disimpegno; rivelano la volontà di affermare con forza uno stato d'animo che l'uomo contemporaneo rincorre affannosamente ma che difficilmente riesce a trattenere: la capacità di cogliere non solo la bellezza della vita ma anche la sua ciclicità, una consapevolezza necessaria per poter guardare al proprio futuro con serenità e ottimismo. 

MICHELA BANFI è nata e vive a Saronno (VA). 
Dopo anni di insegnamento nella scuola primaria si dedica esclusivamente alla pittura, arte per la quale ha sempre avuto grande interesse fin da bambina. Nel 2004 entra a far parte stabilmente del laboratorio “FARE ARTE” di Caronno Pertusella, il cui direttore artistico è il maestro Vanni Saltarelli. 
Filo conduttore della sua pittura è la figura umana come simbolo esistenziale e sociale, una continua ricerca all’interno della “dimensione uomo”.
Ha partecipato a concorsi, mostre collettive e personali, ottenendo numerosi riconoscimenti e consensi di pubblico.
Sito personale:
www.michelabanfi.it

“TRACCE” - Mostra personale di Michela Banfi
11 - 26 maggio 2013
a cura di Emanuela Rindi
con la collaborazione del Comune di Varese

INAUGURAZIONE: SABATO 11 MAGGIO, ore 18.00
Spazio espositivo temporaneo di Villa Baragiola
Via Caracciolo, 46 – 21100 VARESE
ORARI
Venerdì 10.30 – 12:30
Sabato 15:30 – 18:30
Domenica 10.30 – 12:30; 15:30 – 18:30
Gli altri giorni su appuntamento (info@rindiart.it | Tel. 338 719 66 66).
INGRESSO LIBERO

Ufficio Stampa: Rindi Art | info@rindiart.it

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Ketty Tamburello
I giorni delle acque - Galleria Villa Niscemi, Palermo

Sarà inaugurata sabato 27 aprile 2013 alle ore 18.00 a Palermo presso la Galleria di Villa Niscemi, Piazza dei Quartieri n.2 la mostra personale dell’artista Ketty Tamburello dal titolo: “I giorni delle acque” organizzata e curata dall’Associazione Culturale Ricercarte e il patrocinio del Comune di Palermo. 

Comunicato stampa: 
I giorni delle acque

Come dalle acque emergono figure che paiono richiamare tempi lontani quelli presumibilmente del medioevo. Rinascono come memoria nostalgica dell’artista. Si muovono entro le acque dell’inconscio a volte con virtuosismi di linee avvolgenti e cariche di un dinamismo che si evidenzia come atto spontaneo e a volte si presenta con raffigurazioni arabeggianti. L’acqua ha memoria e come muove per brezza o per lieve corrente così essa porta in luce come involucro similmente a un bozzolo da cui nasce farfalla - porta in luce ripeto, quel mondo temperato di razionalità e emozioni dell’artista che sagacemente cerca il suo volto più esauriente in una forma, in un volume o in macchie che hanno una continuità senza interruzioni, quasi parafrasando una poesia, una cantilena. Il segno a volte pare accennare ad una narrazione che non ha risvolto e scende scivolando senza ritorno sui tetti delle case, sulle strade di questo o quel ricordo. Dietro l’apparente spontaneità del segno si intravede la semantica di un processo interiore che pare celare un chiaro intendimento euristico. Forse questo l’accenno dell’artista che si dichiara teatrante o commediante persuasivo e celebrativo e che dispiega la sua anima in interrogativi incessanti sul senso del suo fare e della vita. I giorni sono tanti quanto il numero dei disegni presentati alla mostra. Sono i giorni in cui ogni cosa è fatta. C’è lo svolgimento di un fatto, di un momento e le figure albergano in città con genti diverse venuti ora a dichiararsi, celato motivo di esserci. Le figure si cullano nello sguardo dello spettatore che sia l’autore o che sia uno spirito che li muove, che li celebra o ancora gli sconosciuti che vedono e si domandano di essi. E’ lo spirito del giorno. Il giorno carico di imprevisti, di incontri, di dire e fare. Le figure che siano definite o appena accennate o che siano amorfe sono lì nel gioco sincero di appellarsi a un quid che ha radice nell’umano che si rigenera nella spettacolarizzazione, nell’arte, nel tempo che dona e si appropria del principio ineluttabile dell’esistenza. 
Quattro dipinti ad olio che fanno d’apertura alla mostra, si presentano quasi come colonne dinnanzi ad una porta, che essi siano visibili e non. Portano l’impercettibile invito a giocare nella stanza del tempo.

La mostra sarà visitabile dal 27 aprile al 2 maggio 2013 – Galleria Villa Niscemi, Piazza dei Quartieri n. 2 Palermo dalle 9.30 - 13.00 – 16.30 – 19.30 

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“La Città di Palermo”secondo Claudio Alessandri. 

Da qualche giorno la casa editrice Nuova Ipsa di Palermo ha licenziato l’ultima fatica letteraria dello scrittore Claudio Alessandri dal titolo “La Città di Palermo, Cenni di storia architettonica dalla fondazione ai primi anni del XX secolo”.
Dare un’idea delle caratteristiche architettoniche di una città come Palermo, non è affatto semplice, specialmente, come in questo caso, in quanto la descrizione storico-architettonica, copre un lunghissimo arco di tempo durante il quale Palermo risentì, in positivo e in negativo, tutti i cambiamenti che comportarono le tante dominazioni, diverse nella storia come nella concezione costruttiva.
Può sembrare assurdo, ma Palermo e la Sicilia in generale, non hanno mai goduto di una loro indipendenza politica: subirono la conquista di svariate dominazioni straniere e questa circostanza fu di giovamento alla sua cultura letteraria, storica e architettonica, ma solo sotto i Normanni e gli Svevi con Federico II, si poté parlare di forme politiche “in fiere”, non determinate dal volere dei conquistatori, ma integrate alla storia locale.
Ecco come Claudio Alessandri descrive Palermo:

Com’era bella Palermo la notte 
Una notte ho rivisto le stelle incastonate nel cielo di inchiostro
Mentre la luna cercava rifugio dietro la collana dei monti 
Come era bella Palermo la notte, 
camminavo per le strade deserte e silenti,
punteggiate da rare luci di tremolanti
lampade ad olio dal lucore fioco. 
Camminavo per le strade deserte 
inebriandomi del profumo delle spezie preziose d’Oriente. 
Udivo il richiamo del Muezzin che invitava alla preghiera,
poi l’allegro scampanio della grande chiesa,
un tempo anch’essa moschea e tornata alla fede cristiana,
assistette al trionfo di Ruggero il Normanno
E l’incoronazione del grande Federico,
chiamato la “Luce del mondo”.
Sento il sussurro musicale delle fontane 
che ci raccontano di sospiri d’amore,
di pianto disperato di bimbi strappati dalle braccia delle madri,
figlie di d’Angiò² imploranti un impossibile perdono per colpe
non loro, nei giorni del Vespro vendicatore
a punire l’oltraggio e l’onore.
Com’era bella Palermo la notte, 
incantata dai raggi della luna
che tenui cercavano ombre alle statue della grande piazza.
Com’era bella… adesso non più.

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HERMANN HESSE IN VISITA A BELLAGIO

Mostra di acquarelli di Hermann Hesse

Ideata da Artouverture di Carlo Galli e Rita Calenda

Organizzata dal comune di Bellagio

Curata da Gregorio Rossi e Valentina Campatelli

Torre delle Arti Bellagio

Dal 30 Aprile al 2 Giugno 2013

L’esposizione è composta da 35 acquarelli facenti parte dell’eredità che Hermann Hesse lasciò al figlio Heiner, a sua volta da lui oggetto di lascito alla figlia Eva. 

Le opere che compongono la mostra sono quelle che furono conservate in casa dello scrittore ed in seguito della famiglia, proprio perché le più intime e personali. 

La Signora Eva Hesse le ha messe a disposizione insieme a documenti ed oggetti del nonno perché siano elemento per mostre e mezzo di divulgazione dell’attività pittorica del Premio Nobel; ha affidato il tutto al suo fiduciario Piero Sorresina, destinando la cura degli eventi a Gregorio Rossi e Valentina Campatelli.

La mostra a Bellagio ha tra i suoi presupposti quello dell’amore che Hermann Hesse aveva sempre manifestato per l’Italia, per i paesaggi lacustri ed in questo caso particolare per il Lago di Como, come documentato da una sua poesia dedicata a questo lago e dal racconto che la nipote ci ha narrato a proposito dei commenti del nonno anche su Bellagio. 

Nel 1904 Hermann Hesse sposa Maria Bernoulli, una fotografa con la quale andò a vivere nei pressi del Lago di Costanza per trovarsi più a contatto con la natura, per dedicarsi alla scrittura, alla musica ed alla fotografia. 

Per tutto l'anno 1917 si sottopone ad una novantina di sedute presso il Dottor Lang, allievo del famoso psicanalista Carl Gustav Yung, nell'intento di riprendersi da una brutta situazione depressiva. La conoscenza delle teorie di Yung, che aveva elaborato una propria visione dell'inconscio autonoma da quella di Freud, influenza tanto il genere letterario quanto la pittura di Hesse, il quale la intende come un mezzo terapeutico.

Nel 1919 si trasferisce a Montagnola, quindi praticamente sul Lago di Lugano e qui si dedica in modo particolare all’attività pittorica. 

Vediamo che è attratto in maniera forte anche dagli ambienti circostanti ai laghi, non ultimo quello di Como.

Per Hesse l'arte è il compimento della soddisfazione interiore, un ritorno a qualcosa di tangibile, legato ad un'intuizione, ma unico per ogni individuo. Inviò una cartella con il titolo Undici acquarelli dal Ticino a Romain Rolland; il drammaturgo francese, che già era rimasto entusiasta di suoi quadretti, gli scrisse “sono rimasto incantato dal suo album di acquarelli. Sono saporiti come frutti e sorridenti come fiori. Riempono il cuore di gioia. Li amo molto.”

Hesse aveva iniziato a dipingere verso la fine della Prima Guerra Mondiale. Durante una visita a Montagnola il pittore parigino Jean Lurcat consiglia ad Hesse di esporre i suoi acquarelli. L'anno seguente l'autore scrive alla National-Zeitung di Basilea ...Potrete rilevare che fra la mia pittura e la mia scrittura non ci sono discrepanze, che anche qui io vado inseguendo non la verità naturalistica, bensì quella poetica. 

I 35 acquarelli della mostra appartengono alla produzione ultima, quando ammalato di leucemia gli era sempre più difficile affrontare le lunghe camminate che lo portavano a dipingere dal vero, quindi opere di formato più piccolo e di più intensa riflessione. Un ritornare sui ricordi in maniera sentimentale, assimilabile a quando era poeta. 

Sembra infatti che gli alberi oppure le case abbiano un volto ed una propria emozione; dipinti che ci raccontano un amore per la natura e per la civiltà contadina, le case sono una vicino all’altra come fossero capannelli di persone che conversano in una piazza di paese. Hesse criticava duramente l’aggressione all’armonia della natura dovuta alla speculazione economica. Nella sua pittura è evidente che vuol tutelare il paesaggio incontaminato, rappresentando quello che è rimasto intatto. Nonostante quello che chiamava il “tramonto dell’Occidente” forse continuava a sperare in un equilibrio tra cultura e natura; voleva che i suoi quadri fossero un presagio di speranza e di gioia, un mezzo per trasmettere luce e calore nelle città e negli agglomerati urbani sempre più discutibili. 

Sul piano pratico l’iniziativa si deve alla volontà del Signor Carlo Francesco Galli che insieme alla socia Rita Calenda, tramite la loro struttura Artouverture, ha stretto un accordo con il Comune di Bellagio che ha sposato l’idea, organizzato e finanziato l’evento. Lo spazio espositivo è quello della Torre delle Arti, un’antica architettura splendidamente restaurata, ricavando all’interno delle sale dentro le quali il visitatore può trovare il miglior raccoglimento per assaporare le varie iniziative; il tutto gestito con amore e professionalità dai competenti membri di un’Associazione. 

Gregorio Rossi parlò occasionalmente di Bellagio con Eva Hesse in seguito ad una telefonata dell’amico e corrispondente Carlo Francesco Galli che lì abita; la conversazione si spostò sul Lago di Como e su quel paese chiamato “la perla del lago”. La nipote del Premio Nobel riferì allora alcuni ricordi del nonno di quando aveva visitato quei luoghi e ne era rimasto suggestionato tanto da scriverci una poesia. 

Questa informazione venne riferita a Carlo Galli che da quel momento si impegnò per far lì ritornare questo grande scrittore, non con un convegno intorno ai suoi romanzi ma proprio con un suo racconto per immagini. 

“La Torre delle Arti Bellagio” ospiterà quindi questa teoria di 35 acquarelli che convivono con pannelli didattici riportanti brani di scritti di Hermann Hesse riferiti all’arte, nonché riproduzioni ingrandite di foto storiche dello scrittore e di ambienti a lui legati, un video fornito dal Museo di Montagnola, la registrazione di un’intervista ad Hermann Hesse fornita sempre dallo stesso Museo. Alcune curiosità come per esempio uno dei suoi bastoni da passeggio, gli occhiali, un servito da the, un samovar che lo scrittore aveva acquistato in Turchia poi arrivato ad Eva Hesse e da lei donato all’amico Maurizio Lipparini che l’aveva aiutata nella gestione di un Centro Studi sul nonno durante il soggiorno di lei in Toscana, a Massa Marittima. 

I curatori Gregorio Rossi e Valentina Campatelli, in accordo con Carlo Galli e Rita Calenda, hanno progettato questo evento nell’intento di cercare di dimostrare come l’ attività pittorica di Hesse procede simile ad un racconto così come fosse uno dei suoi romanzi, tanto che in una lettera del 1924 a Georg Reinhart scrive “Non sarei giunto così lontano come scrittore senza la pittura.”

Indubbiamente una mostra riferita ad un nome così famoso ha in assoluto la sua importanza, ma il fatto che questo nome sia collegato al territorio dell’esposizione conferisce una caratteristica originale.

La complessa internazionalità della famiglia influenzò la vita di Hermann Hesse che si sentirà sempre un cittadino del mondo, proprio com’è stato e continua ad essere per la nipote Eva. Prese infatti le distanze dai molti intellettuali tedeschi che aderirono all'idea dell'uomo-eroe.

All'avvento del Nazismo prese una precisa posizione, rifiutando ogni compromesso con la cultura del regime; tanto che in Germania venne vietata la pubblicazione dei suoi scritti che riprese soltanto nel 1946, l'anno in cui gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura.

Nel 1931 si sposa per la terza ed ultima volta, dedicandosi con ancora maggiore impegno alla realizzazione dei suoi acquarelli, divenendo così un rispettato pittore; bisogna ricordare che aveva dipinto alcune illustrazioni dei suoi libri.

Dopo il 1945 la sua fama diventa internazionale tanto da essere uno dei cinque scrittori più letti nel mondo.

Aveva l’abitudine di illustrare le sue lettere agli amici con piccoli dipinti, quasi fossero miniature. Molti acquarelli e disegni furono oggetto di regalo ad amici e corrispondenti. In tutta la sua vita dipinse moltissimi acquarelli, oggi distribuiti in importanti collezioni e musei, basti pensare che alcuni ne hanno grosse raccolte, una delle più numerose è quella della Cassa di Risparmio di Calw, in Svezia. Dopo il 1962 ha fatto il giro del mondo: a Tokyo nel 1976 e nel 1996, a Parigi nel 1977, a New York e a Montreal nel 1980, a San Francisco e a Chicago nel 1981, a Madrid nel 1985, a Lussemburgo nel 1987, ad Amburgo nel 1992, a Sapporo nel 1995.

Questa mostra, oltre ad essere un evento che ben si inserisce nell'attività culturale sempre promossa dal Comune di Bellagio, è anche perfettamente corrispondente all'amore che questo personaggio ha sempre avuto per i piccoli centri e per percorsi alternativi alle grandi città. 

PRESS OFFICE DANIELA LOMBARDI 339-4590927 0574-32853

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GIUSTO SUCATO IN MOSTRA A MISILMERI (PA)

Domenica 5 maggio alle ore 17,00 sarà inaugurata la mostra di Giusto Sucato: “Gioca con la memoria” curata dal figlio Pablo Sucato. 
Giusto gioca con la memoria e la rielabora: realizza le sue opere manipolando oggetti in disuso che ricicla alla rinfusa in un caleidoscopio di colori e forme fanno capolino le sculture che ritraggono pesci in alluminio e quadri definiti antropologici .e poi sculture a forma di sedia dedicate a grandi artisti del passato. Più che lo studio di un artista quello di Sucato assomiglia all’officina di un fabbro: ogni giorno le sue mani tagliano, modellano e dialogano silenziosamente con la polvere del tempo.
Le straordinarie creature di Giusto Sucato paiono uscire dalla bottega di un fabbro che taglia, spezza, salda e modella.
Scriveva Claudio Alessandri in un suo testo: “Le realizzazioni di Giusto Sucato sono in perfetto equilibrio tra scultura primitiva, pittura e messaggio concettuale; un’arte che esalta le doti intellettive e manuali di questo artista che ha fagocitato esperienze del passato, rielaborandole in modo originale, non ripetitivo quindi ma interpretativo, in una espressione artistica che non prescinde dalla storia senza però cadere nella banalità del già visto. Per Sucato è fonte inesauribile di ispirazione tutto ciò che è negletto, accantonato da un consumismo sfrenato che rifiuta tutto ciò che, il giorno prima, faceva bella mostra nelle case, nei cascinali adesso diruti, per le strade, nelle vetrine sfavillanti, tali da attrarre l’attenzione di una umanità che ripone nella pubblicità fiducia assoluta; simulacro elettronico e visivo di affermazioni mendaci. Tutto ciò che è “pattume del benessere”, raccolto coscientemente da Sucato, é utile alla fantasia di questo artista straordinario; e, ogni cosa si trasforma, come per magia, in maschere tribali, in sedie (dedicatorie ai grandi della storia dell'arte, o a personaggi illustri), in scritture fantastiche che assumono un senso logico nell’insieme creativo: l’oro sfavilla a riscattare il nero pauroso del supporto scavato dal tempo o morso dal fuoco che consuma e purifica, distruggendo i gravami che appesantiscono il corpo e l’anima di uomini già schiacciati dall’algida logica di un modernismo mendace. Il mondo artistico di Sucato attrae per l'imprevedibilità dell’oggetto finito, frutto di assemblaggi di materiali i più disparati che, ad una normale osservazione, appaiono oggetti banali, non sollecitanti alcuna curiosità; pezzi di ferro informi, molle che un giorno lontano appartenevano ad una lucente e rombante automobile, pezzi di legno anonimi o irritanti quali ostacoli ad un agevole cammino, lamiere incrostate di ruggine, chiodi, forse gli unici a suggerire attualità d’uso, fregi lignei o metallici, ultimi sussulti di strutture ormai scacciate da una nobiltà ignorata da una realtà che rifiuta reminiscenze romantiche, irritanti testimonianze di un mondo chiuso nell’ampolla di una clessidra, dimenticata e mai più capovolta.” 
Giusto Sucato nasce a Palermo nel 1951, autodidatta le sue opere si ispirano al grande artista spagnolo Pablo Picasso (suo punto di riferimento) già collaboratore attivo e ideatore, insieme a Francesco Carbone , del Centro Studi Ricerca e Documentazione “Godranopoli”, vive ed opera a Misilmeri. Sin dai primi anni Settanta espone in mostre personali e collettive ed in rassegne d’arte di carattere nazionale ed internazionale. E’ inoltre presente alle più importanti manifestazioni d’arte che privilegiano il libro oggetto come espressione visiva. Sucato non si ferma mai la sua ricerca piuttosto difficile condotta sempre all’interno della sua provincia , in una realtà difficile per chi come lui lavora senza mai chiedere nulla alle istituzioni.
La sua ultima produzione sarà esposta dal 5 maggio a Misilmeri nel nuovo spazio in corso IV aprile, 86, in quella che era la sua bottega. 
Anna Scorsone Alessandri

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The AYYA ART GALLERY presents 
SOLO ART SHOW OF SARASWATHI
from 06.05.2013 to 18.05.2013. ( Time: 
10.00 A.M. to 07.00 P.M. Sunday Holiday)

Earnestly request your presence to view the exquisite 
paintings. For online viewers, please visit.

www.ayyaart.com
http://www.ayyaart.com/home.php?page=eventgallery&event=97

kanalanraja ayya art gallery

33,woods road
1st floor
opp: express avenue 6th gate
chennai 600002

044- 42158062 / 063
+91-9841076654

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MANET RITORNO A VENEZIA 
È il titolo della mostra che la Fondazione Musei Civici di Venezia ospita fino al 18 agosto 2013 nelle monumentali sale di Palazzo Ducale.
Una esposizione di circa ottanta tra dipinti, disegni e incisioni, progettata con la collaborazione speciale del Musèe D’Orsay di Parigi, l’istituzione che conserva il maggior numero di capolavori di questo straordinario artista. 
Il progetto reso possibile grazie non solo ai prestiti eccezionali del Musèè d’Orsay ma anche di tante altre istituzioni internazionali. 
L’itinerario dell’esposizione che percorre attraverso grandi capolavori come: “Il pifferaio”, immagine di un ragazzino, rappresentata contro uno sfondo neutro; il contrasto deciso dei tre colori principali – rosso, nero e bianco; e poi “La lettura”, l’artista ha rappresentato la moglie con un abito leggero e vaporoso di mussola bianca, seduta su un divano dello stesso colore. Bianche e trasparenti sono anche le tende; ed ancora “Il balcone”, ispirandosi a un quadro di Goya, le Donne al balcone, Manet dispose i suoi personaggi dietro la ringhiera verde in ferro del terrazzo del proprio studio – la cromia fredda e brillante fu giudicata troppo cruda e acerba dai contemporanei, e poi il ritratto di Stéphane Mallarmé. Il connubio umano e artistico con gli scrittori più progressisti del suo tempo fu caratteristico della vita di Manet. Amico di Baudelaire e poi di Zola nel 1873 conobbe il giovane poeta Stéphane Mallarmé, e Manet come avevano fatto i colleghi, impugnò prontamente la penna per difendere e celebrare colui che considerava “il solo uomo che abbia tentato di aprire alla pittura una via nuova”. Il ritratto che gli fece è, per la sua straordinaria naturalezza, uno dei risultati più alti e moderni dell’intero percorso artistico. Lo scrittore è colto in un momento quotidiano, nello studio che Manet aveva nei pressi della Gare Saint-Lazare riconoscibile dalla tappezzeria giapponese riprodotta anche in Signora con ventagli. La pennellata rapida e riassuntiva e la posizione sbilenca del poeta assorto trasmettono all’opera un’intensità comunicativa rara rispetto all’atmosfera generalmente fredda prediletta dall’artista parigino.
Tutta la sua vita artistica, si apre con una serie di libere interpretazioni di antichi affreschi, dipinti e sculture che Manet vide durante i suoi viaggi in Italia e in modo particolare l’influenza veneziana.
La consapevolezza di sé, l’impazienza dell’attesa, il desiderio di entrare pienamente in contatto con la critica e con il pubblico è la comprensibile disposizione d’animo, che un tempo angustiò e stimolò Manet in tutto il corso della sua vicenda artistica. Per tutta la vita era stato animato non tanto dal desiderio di essere acclamato, quanto dall’intima esigenza di essere condiviso e appoggiato nelle sue battaglie d’arte. 
Il privilegio più grande goduto da Manet fu la testimonianza di tre scrittori, fra i maggiori del tempo: Baudelaire, Zola, Mallarmé.
La mostra nasce dalla necessità di un approfondimento critico sui modelli culturali, che ispirano Manet negli anni del suo precoce avvio alla pittura. Questi modelli, fino ad oggi quasi esclusivamente riferiti all’influenza della pittura spagnola sulla sua arte, furono diversamente assai vicini alla pittura italiana del Rinascimento, come dimostra l’esposizione veneziana. Manet con il dipinto dell’Olympia con quei grossi segni neri irregolari e interrotti le danno un forte risalto pittorico e consacra non l’ufficialità, ma l’universalità entrando al Louvre.
Tra tutti i pittori dell’Ottocento francese, Èdouard Manet è quello che più ha creato una censura con l’arte precedente. Dopo di lui la pittura non è stata più la stessa. E la sua importanza va ben al di là del suo contributo alla nascita dell’Impressionismo.
La mostra sapientemente congeniata da Stèphane Guèguan e voluta da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, riserva grandi emozioni: sono molti i capolavori prestati dal Museo D’Orsay, dal “Balcon” al celeberrimo pifferaio “Le fifre” e ancora una copia dell’epocale “Dèujeuner sur l’herbe” che fece gridare allo scandalo per l’utilizzo di abiti moderni e per le proporzioni della donna nuda in primo piano; ci pensò la storia a tramutare il dipinto dai morbidi contrasti cromatici, in uno dei più significativi capolavori del XX secolo.

Palazzo Ducale 
Piazza San Marco 1, Venezia.
Orari: tutti i giorni dalle 9,00 alle 19,00 – Venerdì e sabato dalle 9,00 alle 20,00, ultimo accesso consentito fino a un’ora prima della chiusura.
Anna Scorsone Alessandri

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Diego Magliani 

32 scatti per una personale

18 – 24 maggio 2013

Il Melograno galleria d’arte

Sabato 18 maggio, alle 18.00, alla galleria Il Melograno, in via Marradi 62/68 a Livorno, si inaugura una mostra particolare: in trentadue scatti Diego Magliani ci racconta la sua versione delle favole più care ai nostri ricordi. Una modella speciale, Tiziana Castelli, sarà la protagonista di “Biancaneve” e “Cappuccetto Rosso”. 

La fotografia....una delle cose che hanno cambiato in qualche modo il mondo. Una delle invenzioni che ci ha permesso di fermare in qualche modo il tempo...sempre sfuggente, sempre veloce e sgusciante, ma con la foto possiamo bloccare attimi che mai e poi mai torneranno indietro....e con questo pensiero che inauguro la mia prima mostra fotografica dedicata a due favole che sono presenti nella memoria di tutti (interpretate da Tiziana Castelli)....Biancaneve e Cappuccetto Rosso...ma con un finale un pò diverso. (Diego)

La mostra proseguirà fino al 24 maggio, con orario 10/13 e 16/20. Chiusi nelle mattine della domenica e del lunedì.

Il Melograno galleria d’arte
Via Giovanni Marradi 62/68
57126 Livorno (Italy)
P.IVA. 01666760499
Tel: +39-0586-578592
Fax: +39-0586-578592

www.ilmelograno.eu
www.meloarte.it
www.artelivorno.it
www.laquadrata.it

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     http://youtu.be/tWirdQF2Vkk

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anniversary

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ERNESTO TRECCANI : LA MATERIA E LA LUCE.
La materia e la luce, è il titolo della mostra dedicata a un particolare aspetto della produzione artistica di Treccani. La mostra vede l'esposizione di sculture in maiolica decorata, piatti dipinti, vetri e smalti realizzati tra i primi anni cinquanta e la metà degli anni duemila. In particolare 11 piatti in vetro, 35 opere in ceramica: piatti, sculture e vasi; 19 smalti, una decina di tele di collezione privata, 179 opere grafiche e 5 smalti della collezione Studio Treccani. Corredano la mostra cataloghi, materiali d'archivio, corrispondenza provenienti dall'Archivio Treccani. La mostra intende approfondire questa produzione, mettendo in luce i legami tra le opere in mostra e la produzione pittorica e figurativa, insieme alla documentazione di progetti a largo respiro come le grandi vetrate, Energia e luce e la facciata della Casa delle rondini. Questi lavori non costituiscono qualcosa di marginale rispetto alla pittura, ma sono parte integrante della sua ricerca artistica, non soltanto per la continuità dei soggetti rappresentati: paesaggi, volti, figure, siepi e i cieli dei suoi quadri, e nemmeno soltanto per la continuità del modo di lavorare di Treccani, di intendere il suo mestiere di pittore, sempre agli incontri con le persone e ai luoghi. In questo tipo di produzione si evidenziano in particolare due componenti: la materia e la luce. "Il mio problema - ha scritto infatti una volta, ma è una questione su cui è tornato a più riprese - è la distruzione del colore e la creazione della luce. Quello che conta è la luce della composizione che risulta dai rapporti del colore. Ma la creazione della luce nella composizione incontra, nel fare artistico, la limitazione dei materiali da cui la stessa invenzione creativa può nascere: "L'artista scrive ancora il pittore - è un uomo che si conquista un mestiere. Qualsiasi soluzione per realizzare i sogni di un'artista dipende dai mezzi impiegati. I materiali hanno una straordinaria importanza nell'espressione, essi accompagnano il lungo cammino che porta all'immagine. In una certa misura essi determinano il risultato prima del loro impiego. La proposta creativa è legata alla scelta dei mezzi, i colori acrilici invece dell'olio, la tela piuttosto che il muro o altro supporto rappresentano un vincolo necessario all'immagine. E' un errore contrastare il valore dei mezzi. Può sembrare un paradosso eppure solo facendo proprie fino in fondo le ragioni dei materiali e accettando i condizionamenti del procedimento, si libera la sostanza dell'invenzione artistica che è di natura soggettiva". Questa piccola ma intensa rassegna, nell'accostare opere di materia tanto diversa, vetro, smalto, ceramica ma anche qualche tela, ognuna delle quali richiede procedimenti particolari ed ha, nelle tonalità della luce, una resa differente, mostra come l'artista abbia saputo far proprie fino in fondo le ragioni dei materiali e, accettando i condizionamenti del procedimento, sia riuscito a liberare la sostanza della sua invenzione.
Ernesto Treccani nasce a Milano il 26 agosto del 1920 fin da giovanissimo "respirò" nell'ambiente familiare una determinante atmosfera di grande cultura, suo padre fu il fondatore della celeberrima enciclopedia, ancora giovanissimo, mentre era impegnato negli studi universitari di ingegneria, sentì il richiamo prepotente per la pittura avvertendo in questa espressione artistica il modo più confacente per estrinsecare i suoi più intimi sentimenti che si propagavano al campo politico, logica conseguenza, entra a far parte dei gruppi progressisti del mondo artistico che non temevano di esprimere il loro dissenso nei confronti della "preconfezionata" cultura fascista. Fondatore e direttore della rivista "Corrente", poté esprimere, pubblicamente le sue idee, anche se non gradite al regime fascista imperante. La sua prima esposizione venne ospitata dalla "Bottega di Corrente" insieme ad artisti che, nel tempo, divennero delle icone della pittura italiana e mondiale, Birolli, Guttuso, Migneco e Sassu, solo per citarne alcuni, sempre la stessa "Bottega" ospitò nel 1943 sue opere nell'ambito di una collettiva che vide esporre Cassinari e Morlortti. Treccani era l'artista che non si cullava sugli allori, continuò a sperimentare, quasi a volere esorcizzare l'immobilità che l'età e la malattia, lo relegarono su una poltrona, una limitazione dinamica che non rappresentò un ostacolo insormontabile al suo modo di operare abituale anzi costituì uno stimolo mnemonico per la sua mente vivissima, visioni osservate e riposte nello "scrigno del bello", un tesoro accumulato negli anni, i suoi colori sempre vivi come un tempo, per nulla diluiti nell'avanzare degli anni che fiaccano le membra, ma non riusciranno mai ad ottenebrare la genialità artistica di un Maestro come Ernesto Treccani. Muore a Milano 27 novembre del 2009.
Catalogo La materia e la luce. Vetri, ceramiche e smalti di Ernesto Treccani. Testi di Maddalena Muzio Treccani, Giorgio Seveso, Silvio Riolfo. Edizioni Scalpendi
La mostra aperta fino al 21 giugno 2013 è stata allestita nelle sale espositive della Casa delle Rondini, che prende il nome della facciata in ceramica policroma realizzata da Ernesto Treccani nel 1985 in Via Carlo Porta n. 5 - Milano - Orari: martedì, mercoledì e giovedì 9.12,30 / 15-18,30. Venerdì 15-18,30. Ingresso libero. 
Anna Scorsone Alessandri 

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Varese scopre la pittura dell'artista Elisabetta Trevisan,
con la sua mostra personale “Di tempo in tempo” 


Sarà inaugurata sabato 8 giugno alle 18:30, presso le Sale Nicolini, la prima esposizione varesina della pittrice veneta Elisabetta Trevisan; un'artista già affermata nel panorama italiano, e non solo, ma forse ancora poco nota nella nostra Provincia.
Il Comune di Varese ha messo a disposizione della pittrice le storiche sale del centro cittadino in modo da poter offrire ai visitatori un'ampia ed esaustiva antologia del suo percorso, volto ad indagare la Realtà per poi tradurne le forme e le sembianze in una dimensione metafisica, intima e mentale.
La poetica di Elisabetta Trevisan si concentra principalmente sulla visione del quotidiano che sconfina con l'altrove: attimi di un racconto che non è più e non è ancora, sospeso in un tempo dilatato eppure riconducibile, per la luce e i colori, ad una determinata stagione o ad una certa ora del giorno. Il lento trascorrere del tempo, colto nella sua ciclicità, trasmette un profondo senso di comunione con la natura, una predisposizione d'animo serena nei confronti dell'esistenza e delle sue mutevoli manifestazioni. Il gusto per i dettagli, la cura amorevole per il particolare e la raffinatezza tecnica che sfiora il virtuosismo rivelano un'attenzione vivace e curiosa per il mondo circostante ma anche il desiderio di immergersi nella propria realtà -e nell'opera in divenire- in silenzio e in solitudine, condizione mentale fondamentale per interiorizzare i segni del reale e rielaborarli in una propria, personalissima, visione. 
I soggetti privilegiati delle sue composizioni sono paesaggi, interni di giardini, still life e giovani donne dai tratti ora alteri, ora più soavi, che incarnano una femminilità consapevole e aggraziata, lontana dagli stereotipi dei nostri giorni. I loro volti appaiono assorti in pensieri indecifrabili, ed è proprio il loro mistero a renderle così seducenti ai nostri occhi. Calate in scene di intimità domestica o nelle vesti di celebri eroine epiche e letterarie, sanno condurci in un mondo in bilico tra reale e irreale, pervaso da un'atmosfera magica e preziosa, delicata ma immediata; un mondo di colori tersi e brillanti, di luci calde e avvolgenti, di riferimenti simbolici insoliti e curiosi che stimolano la nostra fantasia e ci invitano ad accostarci ai segreti della vita. Un mondo incantato, ideale e onirico ma verosimile, quanto quei sogni piacevoli da cui non vorremmo più svegliarci.

ELISABETTA TREVISAN è nata a Merano, vive e lavora a Treviso. 
Si dedica da sempre alla pittura a tempera e tecniche miste (pastelli, acquarelli) su pannelli di mdf. Non dimentica le arti applicate alla ceramica, vetro, legno, tessuti, superfici intonacate nonché trompe l’oeil e cartapesta. 
Ha realizzato come illustratrice un mazzo di 78 tarocchi da collezione per “Lo Scarabeo” ed. d'arte - Torino; un libro sul Parco Naturale del Sile per la Provincia di Treviso; le scenografie di un film d’animazione per la TV con il gruppo teatrale “Gli Alcuni”. Ha collaborato con la rivista “Pagine di Ecologia” della Provincia Autonoma di Bolzano.
Ha esposto le sue opere presso gallerie e fiere d’arte a Este, Ferrara, Grosseto, Merano, Padova, Pordenone, Salsomaggiore, Treviso, Trieste, Torino, Venezia ed all’estero a Monaco di Baviera, Strasburgo, Marsiglia, Norcross (GA – USA).
Sito personale: 
http://www.equilibriarte.net/site/elisabettatrevisan

“Di tempo in tempo” - Mostra personale di Elisabetta Trevisan
8 - 23 giugno 2013
a cura di Emanuela Rindi
con la collaborazione del Comune di Varese

INAUGURAZIONE: SABATO 8 GIUGNO, ore 18.30
Sale Nicolini
Via Sandro Nicolini, 2 – 21100 VARESE
ORARI
Venerdì, Sabato e Domenica 15:30 – 18:30
Gli altri giorni su appuntamento (info@rindiart.it | Tel. 338 719 66 66).
INGRESSO LIBERO

Ufficio Stampa: Rindi Art | info@rindiart.it

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“I LIBRI D’ACQUA” DI ANTONIO NOCERA  
MONASTERO DI SAN NICOLO', LIDO DI VENEZIA (VE)

Nell'ambito degli Eventi Collaterali della 55a Esposizione Internazionale d'Arte, la Biennale di Venezia ha presentato la mostra "I Libri d'acqua del Maestro Antonio Nocera. Al vernisagge sono intervenuti: per il Comune di Venezia, l'assessore Bruno Filippini, Il presidente della Fondazione Nicola Pellicane e il prof. Fabrizio Marrella. Sono giunte inoltre le congratulazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, in una sentita lettera indirizzata al maestro scrive: "Sono certo che i tuoi lavori susciteranno interesse del pubblico, non solo per la qualità inventiva e la resa artistica, ma anche per l'ispirazione che li guida nel considerare fenomeni caratteristici della nostra epoca e fecondi scambi tra le diverse tradizioni e realtà culturali". L'artista attinge dalla millenaria sapienza artigiana veneziana, l'uso dei materiali pregiati come vetro e carta per realizzare il grande libro che è esposto negli spazi del Monastero di San Nicolò al Lido di Venezia. Al centro della sua ispirazione si trova il tema della migrazione, segno dell'aspirazione e della necessità al viaggio, che ognuno di noi, con diverse modalità, affronta nel corso della sua vita: un segno della fondamentale e irrinunciabile spinta alla ricerca della libertà, come stimolo di conoscenza e crescita. Le opere di questo progetto sono denominate dalla presenza del mare, ora chiaro e limpido ora nero come il carbone ora calmo e tranquillo ora impetuoso e angosciante. Acque dove galleggiano nidi carichi di esserini che rimandano alla memoria i barconi pieni di migranti di tutte le epoche privandosi di antichissime tradizioni e di una cultura millenaria in cerca di un luogo dove potere risiedere e lavorare tranquillamente. L’artista cerca di trasmettere nelle sue opere il bello e non il banale, qualcosa che viva nel tempo e non negli attimi. Il progetto "I Libri d'acqua" rientra nella tematica sviluppata negli ultimi anni di Nocera con "Oltre il nido", nato dalla riflessione sul tema della casa come aspirazione primaria e diritto fondamentale dell'essere umano simbolicamente rappresentato dal nido nel 2010. Il Maestro pone al centro del suo lavoro aspetti cruciali riguardanti i diritti fondamentali dell’essere umano che lo conducono a collaborare con enti, istituzioni pubbliche e organismi internazionali (Parlamento Europeo, UNESCO, ONU, UNICEF, INCA) sul tema dei diritti: un’opera di Antonio Nocera è stata dedicata ai caduti nella miniera di Marcinelle in Belgio. Catastrofe avvenuta l’8 agosto del 1956 in una miniera di carbone, denominata Bois du Cazier, recentemente inserita tra i patrimoni dell’Unesco. L’incidente provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera. 
I libri di Nocera sono taccuini di viaggio senza parole, racconti non scritti che si susseguono, protetti dalle pagine e, si dischiudono al nostro sguardo. Libri che sembrano scaturire, come divini oggetti di mitologica memoria, dall’acqua. 
La mostra è composta da una grande scultura-installazione composta da 22 pannelli di alluminio dipinti, concatenati l’uno all’altro, che poggiano su un basamento in ferro delle dimensioni di 400x400 cm ricolmo di vetro di varie sfumature di blu. E’ un grande libro aperto che sembra sorgere dalle acque del mare e stagliarsi verso il cielo ed è collocata nell'area centrale del Chiostro del Monastero; sono esposti anche una ventina di libri d'artista, di varie misure e fogge. 
Antonio Nocera nasce a Calvano (Napoli) nel 1949 studia presso l’Istituto d’Arte e Accademia di Belle Arti di Napoli. Si trasferisce a Milano nel 1970 dove tiene la sua prima mostra alla Galleria La Ripa, nei suoi 40 anni di esperienza artistica, ha spesso posto al centro del suo lavoro gli aspetti cruciali riguardanti i diritti fondamentali dell’essere umano: dalle barricate di Parma alla Rivoluzione Francese, dalla migrazione al diritto alla casa, dal rispetto della dignità dell’individuo al diritto al lavoro. 
La mostra “I Libri d’acqua” a cura di Louis Godart e Laura Fusco è già visitabile gratuitamente e lo sarà fino 24 novembre 2013 al Lido di Venezia, Riviera San Nicolò, 26. Durante tutto il periodo della mostra il pubblico potrà visitare l’atelier dell’artista messo a disposizione dal Monastero dove sono state realizzate molte delle sue opere esposte.
Anna Scorsone Alessandri

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DA RUBENS A MARATTA: LE MERAVIGLIE DEL BAROCCO IN MOSTRA AD OSIMO.
In Italia culla del Barocco, da un po’ di tempo si verifica sempre più spesso che nei piccoli centri, ci si dia da fare per promuovere mostre ed eventi di qualità. Ne è conferma la mostra “Da Rubens a Maratta, Le meraviglie del Barocco” a cura di Vittorio Sgarbi: la mostra andrà in scena dal 29 giugno al 15 dicembre 2013 nelle Marche ad Osimo, in provincia di Ancona. Un appuntamento importante di rilevanza internazionale in ragione dei grandi nomi coinvolti e degli straordinari capolavori presentati.
Un’ampia sezione verrà dedicata all’opera di Carlo Maratta pittore marchigiano di grande fama internazionale, nato a Camerano e un po’ dimenticato a livello nazionale, per il quale quest’anno si celebra il terzo centenario dalla scomparsa.
Sarà un importante appuntamento con l’Arte e con la Storia volto a far riemergere dall’ombra opere dimenticate o inedite che testimoniano la vitalità della realtà pittorica di questo territorio. In mostra oltre cento opere tra cui oltre ai tantissimi dipinti anche arazzi, sculture ed oreficerie sacre, tra cui spicca un arazzo che la Confraternita del Sacramento di Ancona commissionò e che pagò una cifra spropositata a Pieter Paul Rubens. Il pittore olandese lo fece filare nelle Fiandre utilizzando filati d’oro e d’argento. Ad oggi l’arazzo dopo quattrocento anni si presenta in tutta la sua smagliante bellezza ed è uno dei capolavori in mostra che più incuriosisce. L’arazzo è ancora integro, ed è conservato al Museo Diocesano di Ancona. In mostra quindi sarà come vedere l’arazzo appena uscito dall’atelier che lo ha tessuto. Le stesse lumeggiature eseguite con filati in oro e argento conservano la freschezza del passato, fatto del tutto straordinario. Così non è per i bellissimi arazzi conservati al Quirinale, agli Uffizi, nei Musei Vaticani o al Palazzo Reale di Torino che sono penalizzati dalle trasformazioni subite dai colori, che risultano oggi molto scoloriti o alterati dai raggi solari. 
La mostra riunisce capolavori assoluti, passando per i nomi più importanti del Barocco italiano, da Rubens, Maratta, Pomarancio, Mattia Preti, Solimena, Vouet, Guido Reni, Guercino, Gentileschi, molti altri maestri di dimensione universale, espressione di un barocco non locale ma da capitale dell’arte. È Vittorio Sgarbi, infatti, a sottolineare la valenza europea della mostra data dai grandi artisti presenti.
“Il Comitato Scientifico” – fa rilevare il Professor Stefano Papetti – ha operato un’ampia ricognizione volta anche a far riemergere dall’ombra opere dimenticate o inedite, che testimoniano la vitalità del territorio marchigiano in campo artistico, prendendo in esame una vasta area che va da Osimo, Ancona, Camerano, Loreto, Senigallia e Fano, fino alle storiche cittadine di Fabriano e Sassoferrato. Verrà data l’opportunità al cittadino di approfondire la conoscenza di un periodo storico così ricco di novità segnato dai più rappresentativi artisti dell’epoca. Un suggestivo percorso all’interno della città, un museo a cielo aperto che, da Palazzo Campana condurrà alla scoperta di preziosi interni barocchi, di Chiese e Palazzi, come quello voluto dal Cardinale Antonio Gallo, fino al salone affrescato da Pomarancio per decorare la Sala del Tesoro e la cupola della Basilica di Loreto. I visitatori potranno ammirare una imponente tela del Guercino, collocata sull’altare maggiore della piccola chiesa di San Marco ed una splendida opera di Mattia Preti, rimasta fino ad oggi sconosciuta, nel Santuario eretto dai Francescani nel XIII secolo, dedicato al venerato patrono di Osimo, San Giuseppe da Copertino, il singolare “Santo dei voli” vissuto nel Seicento. 
Questo importante evento culturale della Regione Marche è stato possibile realizzarlo grazie e soprattutto ad importanti sinergie che sono state messe in piedi negli ultimi mesi con la collaborazione della Fondazione Don Carlo e dell’Istituto Campana. Afferma Il sindaco Stefano Simoncini che, insieme all’assessore alla cultura Achille Ginnetti, ha voluto fare il punto sull’arte della mostra: La fondazione Don Carlo ha fornito un contributo decisivo sia nella fase preliminare, lanciando la proposta della mostra ad Osimo, che in quella progettuale ed organizzativa a tutto campo. Inoltre l’istituto Campana ha dato la sua disponibilità ad accogliere negli splendidi ambienti del palazzo le opere settecentesche. Tra le collaborazioni, si sono aggiunte, inoltre la Soprintendenza Beni Culturali Storici Artistici delle Marche di Urbino, la Camera di Commercio di Ancona e della Confcommercio Marche. L’aspetto economico della mostra è di 180 mila euro che verrà coperto in parte con contributi regionali ed in parte dagli incassi e dalle vendite dei cataloghi e attraverso le sponsorizzazioni. Afferma l’assessore Ginnetti che l’attento ed oculato controllo della spesa consentirà di rimanere in linea con quanto preventivato.
Da Rubens a Maratta: Meraviglia del Barocco – Osimo Museo Civico – Palazzo Campana. Orari: dal 29 Giugno al 30 Settembre da martedì a giovedì 10.00-13.00 – 16.30-20.30; venerdì 10.00-13.00 – 16.30-23.00; prefestivi e festivi 10.00-23.00. 
Ottobre, Novembre e Dicembre da martedì a venerdì 9.30-12.30 – 16.00-19.00 prefestivi e festivi 10.00-19.00, chiuso il lunedì. Ultimo ingresso: 30 minuti prima della chiusura.
Catalogo a cura di Vittorio Sgarbi, Stefano Papetti e Liana Lippi. Catalogo stampa Silvana Editore. 
Anna Scorsone Alessandri

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ANDREA ATTARDI, BREVIARIO SICILIANO - SPAZIO DUCROT, ROMA
È in corso presso lo spazio Ducrot di Roma, la mostra personale del fotografo Andrea Attardi ispirata al mondo dei viaggi, dal titolo Breviario Siciliano. 
La mostra realizzata in collaborazione con s.t. foto libreria galleria, propone una selezione di scatti in bianco e nero prodotti fra il 1984 e il 2009 e confluiti in parte nel volume omonimo, edito da Postcart nel 2012. Il bianco e nero è considerato dai più, adatto a mettere alla prova un fotografo che si dedica all’immagine artistica, una specie di laurea che nobilita, nel risultato positivo, o boccia senza appello il neofita pretenzioso. Ed è proprio da questa soluzione tecnica che sboccia il “genio creativo” di Andrea Attardi. Per molte delle immagini, egli ha aspettato che la luce avesse una sua sostanza particolare che, incontrando certi oggetti, diventasse forma. Ed ecco i cieli-caleidoscopio disegnati dalle nuvole e dai riflessi del mare; e ancora la simbologia di un’oggettistica a prima vista banale, come il ricamo di una tenda in controluce. Immagini atipiche e atemporali, difficilmente collocabili in una fotografia di cronaca da reportage o di avanguardia concettuale, eppur venate da una sorta di enigma metafisico che soltanto la cattura di un istante decisivo e irripetibile può donare. L’obiettivo di Andrea Attardi ha indagato, durante l’arco di venticinque anni con animo poetico alla realizzazione di immagini ritenute dall’artista, più coinvolgenti, composte da sensazioni, momenti pregnanti della vita fissati in un “battito del diaframma”. L’artista attraverso un obiettivo fotografico, prolungamento del suo occhio, quasi inconsciamente, seleziona immagini: altro non sono che estensioni della sua sensibilità affinata da naturale visione lirica da un mondo che lo circonda, immergendolo in un’atmosfera tra realtà e sogno. 
La mostra che ci propone l’artista, è contrassegnata da una serie di visioni ricorrenti: mezzi di locomozione desueti o marginali (calessi, biciclette, slittini su ruote, vecchie automobili), piazze e strade semi-deserte, oggetti fluttuanti o dimenticati. Diego Mormorio, storico della fotografia, presentando una precedente mostra dedicata alla Sicilia ha scritto: “Come di addice ai veri fotografi, Andrea Attardi si muove come un raccoglitore di ombre – di voci originate nel farsi e disfarsi della luce: dell’impalpabile e della meraviglia originata dall’incontro della grandezza ribollente del sole con l’impercettibile piccolezza di particelle di silicio e carbone che formano lo strato atmosferico che avvolge il nostro pianeta. La bellezza della fotografia – e di tutta la nostra esperienza di umani – risiede infatti esattamente qui: nell’intreccio inestricabile di immensità e piccolezza, tanto che possiamo dire che non ci sono cose irrisorie, ma soltanto realtà sostanziali. Che niente di ciò che ci circonda ha poco valore. Ci sono semmai cose che ci toccano di più – che ci sentiamo più intime. Fra esse i paesaggi in cui siamo cresciuti.”… 
Queste sue fotografie, risultano di una essenzialità straordinaria e di una capacità evocativa davvero rara, di una leggerezza che diventa balletto. In occasione dell’inaugurazione della mostra l’artista, insieme a Diego Mormorio e all’editore Claudio Corrivetti ha presentato il libro Breviario siciliano.
Andrea Attardi nasce a Roma nel 1957: insegna Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Roma e Storia della fotografia del XX secolo presso Officine Fotografiche. Ha tenuto mostre personali oltre che in Italia anche all’estero. È autore delle immagini dei volumi: Ugo Attardi, le sculture; Sul palcoscenico di Minerva; Giornale di bordo; Indie; Paesaggi siciliani; Vetri, porti, una corsa per Palermo e dintorni. Nel 2003 ha pubblicato un saggio Buenos Aires ora zero (sulla vita e la storia più recente della capitale Argentina.
Breviario siciliano, fotografie di Andrea Attardi, Testi di Diego Mormorio, e Sergio Troisi. – Spazio Ducrot, Via d’Ascanio, 8/9, Roma, ingresso libero. Tutti giorni fino al 7 settembre 2013.
Anna Scorsone Alessandri

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EMILIO GRECO, LA VITALITA’ DELLA SCULTURA – PALAZZO DE’ MAYO FONDAZIONE CARICHIETI, CHIETI.

La fondazione Carichieti celebra il centenario della nascita di Emilio Greco, presentando nelle sale di Palazzo de’ Mayo a Chieti, in collaborazione con gli Archivi Emilio Greco di Roma e con l’opera del Duomo di Orvieto, una grande mostra di sculture e disegni dal titolo “Emilio Greco. La vitalità della scultura”. 
La mostra, curata da Gabriele Simorgini è centrata sul tema del corpo nell’opera di Greco, presenterà sedici sculture fra bronzi, terrecotte, gessi e cementi, oltre un gruppo di ventisei disegni di soggetto sportivo. Le opere provengono dagli Archivi Greco di Roma, dal Museo Emilio Greco di Orvieto e da collezioni private.
Emilio Greco nasce a Catania, l’11 ottobre del 1913. artista autodidatta si dedica alla scultura fin dalla giovinezza, ispirato alla scuola classica, romana ed etrusca in particolare; compie il suo apprendistato nella bottega di uno scultore di monumenti funerari, dove impara a sbozzare il marmo e a modellare la creta.
Autore del monumento a Pinocchio di Collodi; del monumento a Papa Giovanni XXIII in San Pietro; le Porte della Cattedrale di Orvieto, solo per citarne alcuni, è stato senza dubbio uno dei maggiori scultori italiani del secondo ‘900 la sua fama è internazionale e le sue opere sono tra l’altro conservate nei più prestigiosi musei di tutto il mondo. Pablo Picasso vedendo una sua mostra nel lontano 1981 presso la Galleria Museo Rodin a Parigi ebbe ad esprimere un suo pensiero davanti ad alcuni suoi disegni dicendo: “Questo è il più grande disegnatore che abbiamo in Europa”. 
Una lunga e attenta meditazione sul corpo femminile ci viene raccontata dall’artista, infatti, lo scultore, trae ispirazione nel corpo femminile adagiato mollemente in un riposo languido. Egli trova la massima espressione creativa in sculture palpitanti di vitalità. Su questi corpi flessuosi, è istintivo l’impulso di tendere la mano alla ricerca di un contatto fisico con le superfici levigate, epidermidi all’apparenza elastiche e pulsanti vita. Fin dagli inizi della sua carriera artistica il corpo è stato il centro dei suoi interessi e della sua curiosità plastica, della sua sensibilità tattile, sia nei movimenti espressivi, ma anche nelle attese, negli stati di quiete. Vi è una ricerca di leggerezza, un desiderio di perdita di peso fisico del corpo per renderlo capace di un ascolto intimo, di un’esperienza di vita interamente e intensamente vissuta. Dall’opere scultorea di Greco promanano una profonda carica di umanità, una misura classica e una dolce sensualità, nonché una vena malinconica, che rivela un’attitudine lirica confermata anche dalla sua vocazione di poeta, sia pur umile ed appartato a cospetto della sua attività maggiore. Le statue di Greco vivono, come una creatura, il ciclo pieno delle ore, ed è in questi trapassi di giornate e di stagioni che la loro “bellezza” da formale, come appare, diviene vitale, come effettivamente risulta, e viene riconosciuto oramai da un paese all’altro, da un museo all’altro, ovunque.
Giorgio Caprone in suo testo scriveva: … Tutta l’arte di Greco suggerisce, o suscita, gioia. La gioia, appunto, dei nostri sentimenti. Sentimenti che possono essere di letizia o di mestizia, non importa, giacché a dar gioia non è propriamente il loro colore, bensì il fatto stesso d’essere sentimenti: cioè d’essere quella parte di noi medesimi – oggi nei più dispersa nella nevrosi – che meglio ci fa sentire vivi un mondo vivo, dove anche il dolore è vita e quindi, nel senso più profondo, “gioia”…
Per Greco e per la fama universale che raggiunse, è anche fuori luogo elencare le varie esposizioni che fece durante la vita, ci piace ricordare i vari musei a lui dedicati, come quello di Catania, quello di Sabaudia, quello di Orvieto, il museo dell’aria aperta di Hakone e le sale permanenti all’Ermitage di San Pietroburgo e al Puskin di Mosca.

Emilio Greco muore a Roma il 4 aprile 1995 e riposa a Sabaudia nel cimitero cittadino, scelto come ultima dimora.

La mostra inaugurata il 29 giugno sarà visitabile fino al 29 settembre 2013.
Fondazione Carichieti Palazzo De Mayo – Largo Martiri della Libertà, Chieti.
Orario: martedì – domenica 19-23. Il museo resterà aperto anche a Ferragosto con orario 19-23. lunedì chiuso - Ingresso libero.

Anna Scorsone Alessandri

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A PALERMO VA IN SCENA UNA MOSTRA DEDICATA A MICHELE CATTI.

A quasi 100 anni dalla scomparsa di Michele Catti (1855-1914), la Fondazione Sant'Elia, con il patrocinio della Provincia Regionale di Palermo e del Consorzio Universitario della provincia di Palermo, in collaborazione con la de Arte Service e Management, rendono omaggio a questo illustre artista con la mostra “Michele Catti 1855-1914”: allestita nella sua città, nel piano nobile di palazzo Sant’Elia con una esposizione di oltre 130 opere provenienti in massima parte da collezioni private, ma anche da istituzioni quali la Galleria d’Arte Moderna di Palermo, la Fondazione Sicilia, l’Assemblea Regionale Siciliana, la Banca Nuova e il Circolo Artistico., un museo nascosto che diventa visibile. 
Michele Catti occupa una posizione anomala, per il suo sentire intriso di struggente malinconia che giunge a divenire angoscia del vivere. Interpreta la sua città in modo singolare, con visioni autunnali rendendoli più simili alle capitali nordiche che a città mediterranee; anche i paesaggi siciliani vestono la luce dei mesi autunnali ben diversi dalla solarità isolana. 
Artista sensibile e raffinato, Michele Catti sembrava avvertire la dicotomia nella quale si dibatteva la società dell’epoca, avvertiva quasi un presagio, il senso del declino di una cultura e di un’epoca, la coscienza di trovarsi alla fine di un ciclo. L’agire della grande imprenditoria locale, stigmatizzata nella parabola dei Florio la cui fortuna era destinata a dissolversi in breve tempo, così come anche la città che si era espansa a dismisura al di là delle sue mura, la città stessa era stata teatro del mutare dei tempi. Nel giro di cinquat’anni erano stati costruiti due grandi teatri, la Palermo dei quartieri nuovi che si arricchiva delle costruzioni liberty che facevano bella mostra di sé. Ma bastava spostarsi a pochi centinaia di metri dallo sfarzo e dallo sfavillio dei palazzi nobiliari per assistere ad una Palermo vecchia con case fatiscenti in una condizione di degrado che non trovava eguali nel resto d’Europa. Nella poetica di Catti affiora come un presagio, una sorta di pessimistica realtà, scandita dai ritmi lenti della narrazione che segnano lo scorrere del ricordo. 
I colori solari, cromie calde ed avvolgenti della natura siciliana cedono il passo ad ampie velature di grigio che offuscano la visione e formano fra gli alberi una sottile nebbiolina. Personaggi muti riconoscibili nei raffinati abiti di fattura parigina come all’epoca usavano uomini e donne della ricca borghesia. Una tela raffigura Via Libertà dove rigogliosi aranceti hanno via, via, ceduto il passo alle dimore della ricca borghesia. È la scena di Michele Catti in “Ultime foglie”, dove uno scorcio di paesaggio urbano appare in un’atmosfera alquanto inconsueta, avvolta in una luce autunnale, carico di malinconia: le foglie giallo dorato si accumulano mestamente sul selciato bagnato, mentre una piccola folla è intenta alla quotidiana passeggiata nel famoso centro cittadino.
Ogni azione è descritta nei suoi tratti essenziali. Analoga atmosfera si ritrova in “Autunno”, dipinto presentato nel 1896; una figura femminile, appena abbozzata, ricoperta da uno scialle colorato, unica presenza di vita nell’interno di quel paesaggio, l’opera è riconducibile al tema “Vento e nebbia” ma lo scenario è mutato: non più il paesaggio di monti e di case bensì le dissolvenze della vegetazione lungo il fiume che scorre con andamento obliquo. In tutte le opere di Catti si trovano queste atmosfere autunnali e invernali molto diverse dalla solarità isolana. Egli amava dipingere nella quiete del suo studio, per rielaborare, attraverso le sue emozioni le immagini e le sensazioni che la natura gli suscitava. La malinconia è il tema dominante, la sua arte se pur corposa e culturalmente complessa, non si accosta alla realtà, se non attraverso un tipo di mediazione psicologica che ne scolorisce i toni e ne appiattisce la crudezza. 
Una delle sue ultime opere è “Due novembre”: l’opera si colloca nell’ultimo tempo della pittura della vita dell’artista che si esprime in un dolore non gridato ma malinconicamente sofferto e nell’accettazione di una fine ormai prossima. L’oscuro addensarsi dei colori, la cadenza delle ombre compatte che si sviluppa in parallelo con gli alti cipressi scuri sullo sfondo impediscono la visione del paesaggio al di là della balaustra e fanno un tutt’uno con le nere figurine indistinte che si agitano come ombre sulla scena e che ne sottolineano gli ultimi anni di vita vissuta in travagliata solitudine. 
Su tutta la sua pittura domina una natura pietosa che stende un velo di coltri grigie sul dolore degli uomini e si scioglie su una pioggia leggera. È l’estremo epilogo di una ricerca pittorica che partendo dal dato realistico, lo rielabora attraverso una visione emozionata delle cose per cui la realtà non è più punto di riferimento. La sua pittura non sarà mai imitazione della realtà ma proiezione di uno stato d’animo che si nutre del ricordo. Catti è da leggere nella sua unicità: indifferente alle tendenze dominanti affermò sempre se stesso con il suo lirismo e la sua vena poetica; ecco perché è impossibile rintracciare nella sua produzione l’appartenenza a una scuola o a uno stile. La sua stagione più feconda si svolge fra il 1890 e il 1910, cinque delle sue opere vennero acquistate dalla Casa Reale ed il dipinto “Primavera” dal ministro Coldracchi.
I suoi successi espositivi trovano successo negli ambienti aristocratici. Ma Catti non condividerà fino in fondo i fasti e l’opulenza della società borghese e aristocratica della quale pure fa parte. Dalla sua città egli coglie altri aspetti e altri umori, di solitudine, di disagio, di modernità come crisi. Provato da lutti e ristrettezze vende i piccoli lavori a poco prezzo tenendo per sé le opere più impegnative per poi separarsene sempre con dolore. Gli ultimi quadri sono presagio di morte che avviene a Palermo il 4 luglio del 1914. 

La mostra a cura di Maria Antonietta Spadaro sarà visitabile fino al 25 agosto dal martedì al sabato dalle ore 9,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 19,30 compresi domenica e festivi. Chiuso il lunedì. Ingresso € 5.00 intero; € 4.00 ridotto – ragazzi fino a 12 anni gratuito.. Fondazione Sant’Elia, tel. 0916628289, Via Maqueda, 81 – Palermo. 

Anna Scorsone Alessandri

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COMUNICATO STAMPA – MANIFESTAZIONE DAL TITOLO: AZIONE INSTALLAZIONE.
Nella splendida cittadina di Partanna (TP) si svolgerà una manifestazione dal titolo “Azione – Installazione” ideata dall’Ass.ne Culturale RicercArte con la collaborazione dell’Ass.ne culturale AttivaMente di Partanna (TP). 
“Partanna con l’idioma BARTHAMNAH, è un agglomerarto di case che si sviluppa attorno alla odierna fontana Settecentesca, zona ricca di acqua. Il territorio è cosparso di castelli berberi e di alcuni vi sono ancora tracce. Nella seconda metà del 1200 l’abitato comincia ad espandersi verso il crinale della collina ed una torre inclusa in un sistema difensivo di mura, viene scelta dai Grifeo come primo nucleo per costruire il Castello che ancora oggi possiamo ammirare. Nel 1625 Partanna fu elevata al ruolo di principato ed il castello viene ampliato ed affrescato dalle maestranze locali. Il giardino del castello è adornato da 13 statuette di alabastro locale, esse rappresentavano le quattro stagioni e i sette pianeti e sono state scolpite per volere di don Domenico Grifeo, nel 1658 per solo 100 once. Nel 1854 le statue che adornavano il giardino furono ridotte in polvere bianca per imbiancare la Chiesa Madre della città. Il piano nobile del castello attualmente è stato adibito a museo ed in esso sono contenute varie sezioni, il museo etno-antropologico, il museo del basso Belice che mette in mostra antichi reperti archeologici del Neolitico e dell’età del bronzo. Fra i resti, alcuni vasi, ma anche coppe, tazze, boccali, brocche, pissidi di splendida fattura, ornati con figure geometriche. Nel vasto salone delle armi è stata allestita una Pinacoteca, con opere d’arte di scuola siciliana del XVII – XVIII sec:”
E’ nel contesto di questo scenario che si svilupperà l’evento il cui progetto si svolgerà in due giornate. La giornata del 13 luglio si aprirà nella piazza Falcone – Borsellino. Faranno da cornice alla manifestazione: gazebi con degustazione di prodotti tipici, musica e performance artistiche. Il 14 luglio ci sarà l’allestimento e il vernissage dell’installazione nell’atrio del Castello Grifeo. 
Ogni artista dovrà dare il proprio contributo decorando con qualsiasi tecnica: pittura, olio, acrilico e acquerello, con il disegno, con il mosaico o con qualsiasi altra tecnica scelta dallo stesso, su alcune sagome di lettere che compongono una parola che fa parte di un testo. Testo che verrà reso noto agli artisti il giorno dell’evento al momento della consegna delle lettere. Gli artisti e creativi dell’evento uniti per uno scopo comune, e cioè rendere partecipi tutti gli intervenuti allo scopo del raggiungimento dell’obiettivo finale. 
Il progetto prevede la partecipazione di artisti provenienti da tutta Italia. Finalità dell’evento: In un periodo di crisi come questo che sta soffocando il mondo dell’arte relegandolo a un bene di lusso diamo la possibilità a quanti vogliono ammirare delle creazioni d’arte, di partecipare visivamente alla loro realizzazione. Liberiamo la nostra creatività e mettiamo in condizione il singolo individuo di capire l’emozione che l’artista intende far emergere dalla sua opera. 
Obiettivo: Portare l’Arte fuori dai musei, rendere le nostre piazze un museo a cielo aperto, dare a tutti la possibilità di godere delle emozioni che si sprigionano dalle creazioni che nascono dalla creatività e sensibilità dell’artista. L’evento vedrà la sua conclusione nel raggiungimento dello scopo prefissato dall’organizzazione, cioè: l’artista si impegna a lasciare all’organizzazione la sua opera una volta ultimata, per consentire la realizzazione dell’Installazione. Ogni artista verrà omaggiato di una lettera di un altro artista, le sagome delle lettere rimanenti andranno vendute e parte dei proventi verranno devoluti in beneficenza ad un’associazione che opera nel sociale, Ass.”Il Pellicano”. Ogni artista è libero se lo desidera di acquistare delle lettere. 
Relazione illustrativa: Ad ogni artista verranno assegnate alcune sagome di lettere di parole che fanno parte di un testo. Tali lettere, saranno il supporto dove l’artista dipingerà con qualsiasi tecnica il fronte e il retro. Le lettere saranno montate su una base dello stesso materiale. L’artista potrà intervenire sul manufatto, quindi toglierlo dalla base e lavorarlo a suo piacimento. Per chi lo volesse si può decorare anche la base. Ogni lettera avrà un’altezza di 30 cm, e 4 mm. di spessore per una larghezza che varia in base al tipo di lettera. Le lettere e base sono in materiale MDF. 
L’evento è realizzato in collaborazione con l’Ass.ne Culturale “Attivamente” Partanna e avrà luogo nella cittadina di Partanna (TP) nel giorno 13 luglio 2013 dalle ore 15.00, gli artisti accolti presso gli stand organizzativi dell’evento culturale nella piazza Falcone – Borsellino (Villa Comunale), per la consegna delle sagome sulle quali intervenire. Gli artisti che non potranno venire sabato 13 luglio, potranno fare il loro intervento pittorico il 14 luglio domenica dalle ore 9.00 alle 16.30. La partecipazione è ad invito ed è rivolta a tutti gli artisti che operano nel settore dell’arte contemporanea. Le opere dovranno essere firmate, ogni lettera singolarmente. Gli artisti dovranno essere muniti di tutti i mezzi e materiali per l’esecuzione dell’opera. Ogni artista avrà la possibilità di esporre 2 opere da studio presso la propria postazione con cavalletto o altro fornito dall’artista. L’opera dovrà essere consegnata presso gli stand entro e non oltre le 23,00 dello stesso giorno. 
In concomitanza dell’evento, nelle giornate del 13 e 14 luglio si potrà assistere ad eventi collaterali: giorno 13 in contemporanea alla notte bianca, negozi aperti fino a tarda ora, degustazioni di prodotti tipici locali, performance artistiche, musica live, mostre collaterali. Giorno 14 luglio si svolgerà la 1° “Sagra della Cipolla” di Partanna. Inoltre due mostre personali a Palazzo Calandra a partire dal 13 luglio: una performance artistica con danza ispirata al tema dell’evento il 14 luglio e l’installazioni di tre artisti nel Giardino del Castello Grifeo 13 e 14 luglio.
Progetto coperto da copyright 
Progetto e ideazione: Artiste: Piera Ingargiola e Naire Feo. 
Anna Scorsone Alessandri

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http://www.youtube.com/watch?v=mV2FSOzdJew

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Isidoro Raciti è l’artista autore della Collezione Tracce, dedicata al Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano e alla sua storia, in programma dal 19 Luglio al 25 Agosto 2013 presso i locali del predetto Museo.

La Collezione consta di trenta opere su carta fatta a mano Fabriano.

Esse sono state realizzate con la stessa sequenza cronologica con cui saranno riprodotte in progressione numerica sul catalogo. Sono state create con smalti, utilizzando sei colori: bianco, nero, blu, rosso, giallo, argento. Solo una, la n. 8 (L’artista, Fabriano e la carta), propone una tecnica mista ed utilizza l’intera gamma dei sei colori: oltre agli smalti, sono state inserite setole di un pennello dell’autore. Quest’opera sarà oggetto di donazione da parte dell’artista al Museo.

Le opere saranno punzonate a cura del Museo accanto alla firma dell’autore.

I fogli di carta appaiono chiari protagonisti in ogni opera, così come nella poesia Trame di luce che inaugura e condensa il percorso dell’intera collezione.

Oltre al Museo e al Comune di Fabriano, collaborano all’organizzazione la Libera Associazione Culturale L’IMPEGNO, la Collana editoriNproprio e il Comitato Archivio Artistico Documentario Gierut, col sostegno delle Assicurazioni Arcidiacono – Giarre.

Il catalogo della Collezione contiene una articolata nota del critico d’arte Lodovico Gierut, un testo del Dott. Mario Ursino (già Funzionario e Storico dell’Arte della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma), una testimonianza del Dott. Fabrizio W. Luciolli (Segretario Generale del Comitato Atlantico NATO – Italia), la Presentazione dell’Assessore al Turismo - MCF del Comune di Fabriano, l’Introduzione del Dott. Giorgio Pellegrini (Dir. MCF), la Prefazione del Prof. Pietro Guarnotta. Curatrice dell’evento: Prof. Rosa Pino.

La serata di inaugurazione avrà luogo venerdì 19 Luglio alle ore 19.00 (vedi locandina e invito allegati).

Si prevede la degustazione gratuita di dolcetti, liquori e vini dell’alta tradizione siciliana, offerta dalla Pasticceria Caffè Calì – Piedimonte Etneo (CT) e dalle Cantine Russo Vini D.O.C. dell’Etna – Castiglione di Sicilia (CT).

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Luigi De Giovanni 
Quacquaraquà
Artista: Luigi De Giovanni
Titolo della mostra: Quacquaraquà
Spazio espositivo: Sutta Le Capanne du Ripa – Specchia (LE)
Inaugurazione: Sabato 13 luglio 2013 ore 20.00
Date: Dal 13 luglio al 13 agosto 2013
Orario: dalle 10.30 alle 13,00 - dalle 18.00 alle 24
Ingresso libero
Presentazione: Antonietta Fulvio 
Allestimento: Arch. Stefania Branca
Coordinamento: Il Raggio Verde 
Contatti: Cell. 329 2370646
Website: degiovanniluigi.com
ilraggioverdesrl.it - ufficiostampa@ilraggioverdesrl.it
Quacquaraquà 
Certi della loro erudizione, i saputi, sputano le loro verità con fare sicuro affermandone oggi una sempre diversa o arricchita rispetto a quella sostenuta ieri. Hanno leggiucchiato, senza troppa attenzione per i contenuti, o sentito sprazzi di notizie, anche pruriginose, che spacciano per oggettive e giuste. Si pavoneggiano, aggiungendo di volta in volta nuovi particolari, perché hanno sentito o percepito dei frammenti di voci qua e là. Frequentemente carpiscono idee, che poi spacciano come proprie, il più delle volte appiccicate, mancando lo spirito creativo e l’ideazione che dà anima ai pensieri e alle cose. Le idee, di cui si appropriano i quacquaraquà, sono monche e riescono a sorprendere il pubblico solo per poco, in quanto, non hanno un successivo sviluppo e coerente continuità. Qualche volta riescono ad avere il seguito di persone che, anche in buona fede, prestano attenzione, e per questo vanno col petto in fuori e hanno l’aria d’essere molto importanti. 
I quacquaraquà parlano sul nulla convinti di essere scaltri ma, ad ascoltarli, si capisce subito che rappresentano solo la vuotezza mentale e che possono discorrere solo di pettegolezzi, di sentito dire, di cose mai approfondite. Frasi fatte, respirate e rinforzate nei gruppi chiusi, danno il senso della loro cultura e della mancanza di ricerca dell’ideativo, del giusto e del bello.
S’infastidiscono quando qualcuno osa confutare l’inconsistenza contenutistica delle cose di cui parlano e continuano a pavoneggiarsi con giri di parole che giustificano solo l’ignoranza: la mancanza di sostanza interiore che possa sostenerli al di fuori delle nozioni che danno loro certezze. Questi sono i quacquaraquà che mi lasciano tutte le volte con un dubbio “ci sono o ci fanno?” 
Luigi De Giovanni in otto opere ha voluto raccontare il vuoto chiacchiericcio e fare un omaggio a Leonardo Sciascia che, nel libro “Il giorno della civetta”, divise gli uomini in categorie, sistemando nell’ultima proprio i quacquaraquà, persone che, secondo l’autore, <<dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere>>. L’artista ha colto lo spunto e usando gli strumenti della pittura, ha trovato idee e sensazioni materializzando le angosce e le ferite che causa il pantano dei pettegolezzi sino a renderlo concreto nel colore che tinge in monocromo una tela di denuncia, diventata metafora del fango sputato inutilmente. Gocciolamenti, spruzzi, macchie essenziali, nelle opere in mostra, realizzate di getto, esprimono la rabbia istintiva del gesto pittorico che si manifesta, anche, mettendo in primo piano la parola, linea guida, “quacquaraquà”. 
Nell’opera “malinconia in bianco su sfondo rosa” gocciolamenti di calce, tracce di tinteggiatura di pareti d’abitazione, si rapprendono in una grande e densa macchia screpolata come se si fossero manifestati i segni del disfacimento degli ideali e dei sogni colpiti dagli schizzi melmosi. Uno sfondo rosato, traccia di speranza, contrasta con i sicuri segni bruni che esaltano il significato della cupa malinconia dell’opera che riporta ai piccoli paesi, humus che fermenta il genio ispirato, che fa avvertire sensazioni di disagio, di mancata accettazione dell’uomo per quello che è e non per quello che dovrebbe essere secondo i quacquaraquà benpensanti.
Trama del racconto pittorico è la tristezza dell’animo, colpito dalle maldicenze, che si palesa nei dipinti denunciando la superficialità dei quacquaraquà che trasformano in schizzi di fango appiccicoso, che viene scagliato addosso alle persone per annullarle per allontanarle dal loro posto, anche sociale. Le gestuali macchie esprimono la cattiveria diventata tormento, mentre ripetere sulle tele la scritta “quacquaraquà” è una catarsi liberatoria che denuncia l’immobilità mentale di chi non sa rendersi conto del significato delle ferite che infligge. Una tela gialla, che si anima di allegra vitalità e della gioia di ricominciare nel bianco in esplosione, diventa la speranza che si afferma nell’opera dove da uno sfondo bruno di tela grezza, in cui si addensano macchie spesse di colore bianco, c’è la memoria delle persone che riescono a sfuggire al chiacchiericcio: al limo che le aveva circondate e ferite. 
Nelle opere in mostra si percepiscono le sensazioni di animi offesi e la stoltezza dei quacquaraquà: che potranno continuare con il loro impegno sparlando ed enunciando sproloqui su persone, cose o argomenti. 
I quacquaraquà sono rappresentati, con sagace ironia, in un omaggio a Leonardo Sciascia che con poche parole riusciva a donarci il clima di un paese dove anche le pareti delle case mormorano.
L’artista con una metafora dà spunto ai loro futuri discorsi…. 
Federica Murgia

Luigi De Giovanni
Quacquaraquà
Artist: Luigi De Giovanni
Title of the exhibition: Quacquaraquà
Exhibition space: Sutta The huts du Ripa - Mirror (LE)
Opening: Saturday, July 13, 2013 20:00
Date: From July 13 to August 13, 2013
Time: from 10.30 to 13.00 - from 18.00 to 24
Free admission
Presentation: Antoinette Fulvio
Equipment: Arch Stefania Branch
Coordination: The Green Ray
Contact: Cell 329 2370646
Website: degiovanniluigi.com
ilraggioverdesrl.it - ufficiostampa@ilraggioverdesrl.it
Quacquaraquà
Some of their erudition, the saputi, they spit their truth with making sure today affirming an ever changing or enriched compared to that sustained yesterday. They leggiucchiato, without much attention to content, or heard bursts of news, even itchy, which pretend to be objective and fair. Prance, adding new details from time to time, because they have heard or perceived fragments of voices here and there. Frequently carpiscono ideas, which then pass off as their own, most of the time stuck, lacking the creative spirit and the design that gives soul to the thoughts and things. The ideas, which are siphoning off the quacquaraquà, are maimed and manage to surprise the audience only briefly, since they do not have a consistent further development and continuity. Sometimes I manage to have the following of people who, even in good faith, paying attention, and for this to be with his chest out and have the air of being very important.
The quacquaraquà speak on nothing but believe to be clever, to listen to them, it soon becomes clear that they represent only the emptiness of mind and can only talk of gossip, hearsay, things never investigated. Phrases, breathe and reinforced in closed groups, give a sense of their culture and the lack of research dell'ideativo, the just and the beautiful.
S'infastidiscono when someone dares to refute the inconsistency of content of the things they are talking about and continue to strut with turns of phrase that justify only the ignorance, the lack of inner substance that can support them outside of the notions that give them certainty. These are the quacquaraquà that leave me all the time with out a doubt "there are or are they doing?"
Luigi De Giovanni in eight works he wanted to tell the empty chatter and make a tribute to Leonardo Sciascia that, in the book "The Day of the Owl", divided human beings into categories, placing the last quacquaraquà own, people who, according to the ' author, << should live like ducks in the puddles >>. The artist took the cue and using the tools of painting, he found ideas and feelings materializing anxieties and wounds that cause the slew of rumors until it becomes concrete in the color tinged in monochrome canvas of a complaint, became a metaphor for the mud spat unnecessarily. Drips, splashes, stains essential, in the works on display, made of cast express the instinctive anger of the pictorial gesture that occurs, too, by highlighting the word, guideline, "quacquaraquà."
In the work "melancholy in white on a pink background" dripping of lime, traces of painting the walls of Settlement, coagulate into a large and dense scrub cracked as if they had manifested signs of the collapse of the ideals and dreams affected by sketches muddy. A background pink, trace of hope, contrasts with the brown signs sure that enhance the meaning of the black melancholy of the work that brings to small countries, humus Brewing inspired genius, which makes feel discomfort, lack of acceptance of human for what it is and not for what it should be according to the quacquaraquà conformists.
Plot of the pictorial story is the sadness of the soul, affected by the slander, which manifests itself in the paintings exposing the superficiality of quacquaraquà that transform into splashes of sticky mud, which is thrown on people to discard to remove them from their posts, including social. The gestural marks express malice become torment, while on the canvas repeat the word "quacquaraquà" is a cathartic release denouncing the stillness of mind of those who can not realize the significance of the wounds it inflicts. A yellow canvas, which is alive with cheerful vitality and joy to start exploding in white, becomes the hope that the work where it is stated from a background of brown raw canvas, in which thicken thick patches of white, c ' is the memory of people who manage to escape the chatter: the silt that had surrounded and wounds.
In the works on display are perceived feelings of hurt minds, and folly of quacquaraquà: they can continue with their commitment and gossip stating rants about people, things or topics.
The quacquaraquà are represented, with shrewd irony, in a tribute to Leonardo Sciascia with a few words that could give us the climate of a country where even the walls of the houses murmur.
Artist with a metaphor gives inspiration to their future speeches ....
Federica Murgia

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Castel di Ieri
3 agosto 2013
17.00 - conferenza
19.00 - inaugurazione mostra


Sabato 3 agosto, alle ore 19, sarà presentata nel centro storico di Castel di Ieri (AQ) la mostra Castel di Ieri: l’Artista nel sistema e il suo tempo, a cui parteciperanno: Angelo Mosca, Michele Tocca, Damiano Colacito, Angelo Sarleti, Alberto Mugnaini, Lorenza Boisi, Marco Bongiorni, Pierluigi Antonucci, Gabriele Picco, Igor Muroni, Luigi Socci, Fausto Di Marco.

La mostra sarà preceduta, alle 17, da un convegno in cui gli amministratori e gli artisti partecipanti dialogheranno con i membri della comunità. Nell’attuale crisi economica e sociale un ripensamento della figura e della posizione dell’artista diventa più che mai auspicabile. 
Esaltato all’interno di un meccanismo da star-system, in Italia il ruolo culturale dell’artista ha finito per svuotarsi progressivamente del suo potenziale di incidenza e di stimolo nei confronti del vivere civile per autoconfinarsi in una dimensione autoreferenziale limitata a un pubblico di addetti ai lavori. 
Se a livello planetario il sistema dell’arte, pur trovandosi ad estendere il suo ambito alle nazioni economicamente emergenti, sembra riflettere sempre più le scelte di un collezionismo esclusivo ed elitario, a livello nazionale esso non può non subire le conseguenze di una recessione che rispecchia lo sprofondamento dei valori morali, l’eclissi della cultura e il vuoto della politica. Gli artisti italiani hanno visto così ridursi l’indipendenza e la centralità del proprio ruolo, con una conseguente perdita di prestigio e di competitività a livello internazionale.

L’intento di questo incontro, lungi dal voler approntare dichiarazioni di intenti, ricette di sopravvivenza o precetti di comportamento, è in ultima analisi quello di dare un segnale, di fornire un esempio di riconciliazione tra un modus operandi oggi smarrito e gli impulsi, i suggerimenti e le sfide del nostro tempo presente. Per questo un luogo come Castel di Ieri, un centro minore, in via di spopolamento, messo a dura prova nei secoli da guerre, epidemie e terremoti, con una storia millenaria alle spalle, e tracce di civiltà che rischiano oggi di andare definitivamente perdute, assume un valore simbolico esemplare. Portare qui tutte queste problematiche significa verificare sul campo la tenuta culturale dell’arte contemporanea, che ha qui la possibilità di ricollegarsi alle tracce del passato e di recuperare le stratificazioni delle memoria in una ritrovata empatia tra le insorgenze dell’attualità e i segnali depositati dal tempo. Esiste un valore simbolico più profondo rispetto alla singola presenza delle opere qui realizzate. Piuttosto che imporre o sovrapporre i loro lavori negli spazi pubblici, gli artisti partecipanti, tramite un intervento di tipo mimetico nel tessuto abitativo, cercano piuttosto un dialogo con l’anima del luogo. I lavori eseguiti espressamente in questa occasione e in molti casi realizzati sul posto non valgono tanto in quanto opere esposte da fruire secondo i canoni estetici di ciascuno di noi, ma come risultato di una pratica che cerca di percorrere le traiettorie visive ed emotive che in passato accomunavano la collettività nella condivisione di valori, simbologie e significati; più che suscitare la nostra critica o approvazione dovranno aiutarci a rintracciare un modo di vedere che la proliferazione di immagini e i bombardamenti mediatici hanno eclissato, con l’obiettivo di avvicinarci il più possibile allo stato d’animo che in epoche lontane gli artisti e gli artigiani condividevano con gli abitanti del luogo.

Anziché rimanere a coltivare una presunta eccezionalità o a vagheggiare un velleitario status divistico, restando inerte di fronte al fenomeno della museificazione e dello sfruttamento dei giacimenti culturali come se fossero pozzi di petrolio, ritrovare una quotidianità attiva e un contatto con la storia e con la sua eredità culturale può essere oggi per l’artista italiano un’occasione di rimettersi in gioco e una scommessa con se stesso.

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Opere di Carlo Iacomucci a Vico Pancellorum - Bagni di Lucca

Titolo esposizione personale: “Il segno dinamico”

Artista che espone: Carlo Iacomucci 
Luogo: Antica Chiesa del SS.Crocefisso in Vico Pancellorum- Bagni di Lucca (Lu) 
nell’ambito della mostra d’arte contemporanea“ Vico Pancellorum paese d'arte. Crocevia d'Artisti”. 
Durata esposizione: dal 27 luglio al 14 agosto 2013

Inaugurazione: 27 luglio 2013, ore 11,30
Orario: 10 –12 e 15 19 tutti i giorni. 

Curatore dell’esposizione il critico d’arte Dott.ssa Silvia Bottaro in collaborazione con l'Associazione "Il Risveglio" assieme al Comune di Bagni di Lucca ed all'Associazione culturale "R. Aiolfi" di Savona.
Carlo Iacomucci di Macerata, maestro dell’incisone, pittore e già docente di discipline pittoriche. E’ di origine urbinate e tale retroterra culturale è sempre ben presente nel suo colto ed articolato bagaglio iconografico, innestato nelle Marche sua terra di adozione e di lavoro. Non si contano più le tante mostre importanti a cui partecipa, fra le molte si rammenta la recente presenza nel 2012 alla VII biennale dell’incisione contemporanea “Città di Campobasso”, e l’invito nel 2011 alla 54^ Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia-Padiglione Italia per Regioni, a cura di Vittorio Sgarbi, per le Marche sede espositiva ad Urbino Orto dell'Abbondanza. Le sue opere sono lievi e, nel contempo, penetranti come i versi di una poesia. La sua cifra originale (dagli aquiloni, ai cappelli di varie fogge) va oltre il mero dato storico e quotidiano per parlarci di un mondo, forse, ideale dove la Natura con la bellezza dialoga con l’uomo e cerca di insegnargli la qualità della vita nel rispetto del paesaggio, sia quello naturale sia quello culturale dove si vive e si opera. Il suo segno è sempre dinamico, elegante, in evoluzione ed innestato in una composizione euritmica, basata sull’equilibrio musicale delle forme e dei colori. Carlo Iacomucci nasce a Urbino nel 1949, vive e opera a Macerata - www.carloiacomucci.it 

Silvia Bottaro

Per info: 
Associazione Culturale “R. Aiolfi”- Savona tel. 320.0361833 

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Sex& the Paintings - mostra di pittura di Luca Colombo

Porto Ercole Lungomare A.Doria
con il patrocinio del Comune di MonteArgentario e la collaborazione dell'Ass.Girotondo.

Dall'8 al 25 Agosto aperto tutti i giorni dalle 18,30 alle 23,30
inaugurazione 8 agosto 18,30

Luca Colombo è un artista inedito che per la prima volta si presenta al pubblico e come afferma lui stesso, dipinge per passione e per istinto.
Il suo istinto lo porta verso soggetti di vario genere, frutta, fiori, il mare e nudi di donna, tutti rappresentati in modo emozionale, di getto, come lui afferma"mi vengono dei flash e allora devo dipingere un'immagine, una sensazione, un profumo....ma devo farlo in quel momento...."
I nudi meritano un'attenzione maggiore, in genere sono particolari, raramente corpi interi, che in ogni caso esprimono un erotismo esplicito ma mai morboso, direi invece gioioso, una sorta di gioia di vivere espressa attraverso l'eros.
I nudi parlano un linguaggio comprensibile e diretto che sembra avere attinto alla pop art anni Settanta, molti sarebbero perfetti per un'immagine pubblicitaria, sederi, tacchi a spillo e slip tutto sapientemente giocato su soli tre colori; bianco, nero e rosso,particolari seducenti e maliziosi che in modo garbato alludono alla capacità seduttiva del corpo femminile.

Carla Longobardi

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REMO BRINDISI, CIVICO MUSEO PARISI VALLE, MACCAGNO (VA).

Prima di iniziare un mio commento su Remo Brindisi voglio riportare un suo scritto trovato in uno dei tanti libri in mio possesso: 
”Ho vissuto a Venezia durante l’ultima guerra nella trepidazione e nella angoscia della fame. Questa situazione di totale indigenza mi ha fatto vivere nella precarietà e nella vulnerabilità più assolute. Da qui la necessità più segreta di inventarmi una storia plastica e colorata che avesse come protagonista questo straordinario paesaggio. In tale intuizione ho impegnato tutta la mia vita pur così critica e debole in quei momenti terribili.
Da tutta questa operosità interiore scaturì solo una ammirata contemplazione e qualche appunto disegnato come promemoria. 
Per sopravvivere io e il mio compagno d’avventura Marcello Mastroianni dipingevamo qualche immagine di Venezia su dei foulards che venivano venduti come souvenir in Piazza San Marco, con i pochi soldi che potevamo procurarci vivevamo in un abbaino, senza riscaldamento, di non più di quattro metri quadri, nel quale io e Marcello, giovani e belli, davamo spettacolo di miseria e di fame.
Si immagini se potevo prendere sul serio questo paesaggio dopo averlo reso così decorativo. Il segreto, invece, mi fu all’improvviso svelato qualche anno dopo a Milano. 
In un caldo pomeriggio dipinsi un quadro raffigurante la città lagunare, nel quale il nero, il catrame delle palafitte, saliva verso il giallo, l’oro bizantino, poi verso il bianco dei palazzi e delle chiese. Tutto veniva per incanto, tre anni dopo aver lasciato la città e la scoperta della mia personalità si fece avanti fino ad essere linguaggio, senza forzature, con la rivelazione, a me giovanissimo, che un’opera d’arte nasce soltanto dalla vita”.
Milano, novembre 1990 Remo Brindisi

Remo Brindisi, protagonista della scena artistica italiana dagli anni ’40 agli anni ’90, ha contraddistinto lo sviluppo della pittura nel XX secolo e influenzato la formazione di varie generazioni. Famoso per i volti ed i paesaggi: le “Venezie”, gli “Oppositori”, le “Maternità” i “Pastorelli” che sono i temi ciclici maggiormente ricorrenti. Remo Brindisi vede la luce il 25 aprile del 1918 a Roma. Presto entra in contatto con l’atmosfera artistica, il padre è insegnante presso la Scuola d’Arte di Penne di scultura in legno, dove Brindisi apprende i primi rudimenti del disegno.
Successivamente studia a Pescara, l’Aquila e Roma, frequenta la Scuola d’Arte di Urbino, viaggi di studio a Firenze, Parigi e Venezia, sino a trasferirsi stabilmente a Milano. Nelle opere giovanili è particolarmente descrittivo e lirico, ispirato all’impegno politico e civile, richiamandosi all’espressionismo con chiari intendimenti informali.
Brindisi apprende rapidamente e con profitto, e segue i suoi studi presso il Centro Sperimentale di Scenografia di Roma. La tragedia della seconda guerra mondiale non lo risparmia, una esperienza che insieme alla prigionia sofferta in Germania segnerà e, non poco, un mutamente caratteriale che si ripercuoterà sul suo pensiero civile e conseguentemente artistico. Artista, insegnante, presidente della Triennale di Milano, Commissario alla Biennale di Venezia, Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, ha rivestito ruoli centrale della dialettica cristiana collegando strettamente i temi sociali e politici ai valori artistici. 
Il senso della Storia, la laicità della Fede, la visione civile, hanno sempre alimentato il pensiero e l’opera di Brindisi, lo testimoniano i cicli pittorici che segnano la sua attività e fondano la costante poetica con l’interpretazione del proprio tempo, l’autorevolezza critica e l’ottica sociale. Ha dipinto opere a oggetto sociale e politico, fra cui spicca il ciclo Storia del Fascismo (1957-62). Ha creato i simboli portati in processione come il Venerdì Santo, l’Aquila colpita titolo riferito all’assassinio di Aldo Moro, numerosissime opere di Brindisi si ispireranno a splendidi scorci della città lagunare, opere particolarmente gradite al grande pubblico.
La prima personale di Brindisi si svolgerà a Firenze nel 1940 con la presentazione in catalogo di Eugenio Montale. Successivamente è invitato alle maggiori rassegne pubbliche tematiche ed ha conseguito numerosi premi. Ha esposto mostre personali nelle maggiori città italiane ed estere (Parigi, Nizza, Milano, Zurigo, San Paolo del Brasile). Ha dipinto grandi opere murali a tema sociale e politico, sino alle scenografie per l’Arena di Verona. Impeto di forti tensioni e lirismo della memoria si coniugano come filo logico e comune denominatore nell’intero percorso. Al Lido Spina, l’Artista, costituisce un museo con le opere maggiori di artisti contemporanei. 
Artista d’alto profilo che oggi, a quasi vent’anni dalla sua morte, merita una acuta attenzione. 
La mostra, in collaborazione con l’Archivio Remo Brindisi a cura della Galleria Pace di Milano, progettata da Claudio Rizzi con la partecipazione di Elena Banderali e l’apporto di collezionisti e prestatori, presenta prevalentemente oli su tela, a sintesi del percorso dell’artista, dagli anni ’50 agli anni ’90.
Civico Museo Parisi Valle, via Leopoldo Giampaolo 1 – Maccagno (VA) fino all’8.9.2013 – Ingresso libero.
Anna Scorsone Alessandri

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TRE INCISORI “IMPURI”
VLADIMIRO ELVIERI - ARIANNA TAGLIABUE - MARIA CHIARA T
ONI

Presentazione in catalogo di Patrizia Foglia



Inaugurazione Giovedì 3 Ottobre 2013 dalle 17,30
Fino al 26 Ottobre 2013

Dopo un lungo corteggiamento, lo Spazio Ostrakon riesce a portare nella sua sede in via Pastrengo a Milano tre maestri italiani dell’incisione contemporanea: Vladimiro Elvieri, Arianna Tagliabue, Maria Chiara Toni. Tre incisori impuri, recita il titolo della mostra. Impuri non alla Picasso, pittore-incisore, genio dell’assimilazione, ma alla Stanley William Hayter, incisore-incisore. Impuri in quanto la loro produzione è venata di tutti gli apporti storici della ricerca calcografica, sperimentatori e innovatori dell’intero processo, dai materiali delle matrici ai passaggi al torchio. Ma soprattutto “impuri”, inquieti, perché al di là dell’impiego della rotella e la perforazione su Forex, con due matrici sovrapposte, tagliate e affiancate, la puntasecca su plexiglass, il gioco tra la superficie e il rilievo, la commistione di tecniche inclusa la stampa digitale eccetera, quello che essi cercano e vogliono rappresentare attraverso la loro arte è una verità umana non altrimenti esprimibile, per quanto li concerne, con i modi di una incessante ricerca calcografica. Che poi significa la ricerca di un personale linguaggio grafico, impuro perché non accomodato su una sintassi e una iconografia codificata. In Toni ricorrono forme archetipe simboliche, chiaroscurali, talune in timbri di blu a rimarcare il contrasto con lo sfondo, segnato di alfabeti arcaici, forse memori della lezione di un Klee o di un Tobey, comunque rivelatori di una vasta cultura visiva, reso anche in gradazioni di grigio, con risultati formali di grande fascino. In Tagliabue emergono spaccati di realtà, suggestioni esistenziali. Volti interrogativi stampati in digitale su cui insiste la matrice grafica associata alla manualità dell’incidere. “Ho molte domande da fare” è il titolo, manifesto di poetica, di una sua opera. In Elvieri, ideatore e curatore della Biennale Internazionale di Incisione “L’Arte e il Torchio” di Cremona, animatore e docente di Incisione, invitato alle più prestigiose rassegne internazionali di arte grafica, siamo alla raffinatezza grafica assoluta. Alla magia. Il controllo del dettaglio, la precisione del segno, la perfezione della messa a registro, concorrono a creare archetipi geometrici, spirali, labirinti, quasi mappe aeree di una fantastica Flatland, invenzioni di forme che si intersecano e stratificano dando luogo a morfologie luminose di straordinaria sintesi grafica e cromatica.
Le opere in mostra, una selezione di quelle più recenti, sono circa dieci per ciascun autore.

Vladimiro Elvieri
Incisore, stampatore, curatore. Nato a Schio (Vicenza) nel 1950. Diplomato all’Istituto Statale d’Arte di Nove. La sua produzione grafica, iniziata nel 1975 presso la Stamperia d’arte “Torchio Thiene”, comprende circa 580 incisioni realizzate soprattutto a puntasecca su plexiglas e altre tecniche calcografiche dirette su forex, sperimentate dallo stesso autore e stampate su carte nere. Ideatore e curatore della Biennale internazionale di incisione “L’Arte e il Torchio / Art and the Printing Press” di Cremona e di altre esposizioni d’arte grafica (Katowice, Uzice, Cracovia, ecc.). Docente ai corsi estivi internazionali di incisione al Kaus di Urbino (2006) e in vari istituti scolastici. Numerose mostre personali in Italia e all’estero, fra cui: Museo d’Arte contemporanea, Radom, Polonia, nel 1997 (mostra dedicata allo scrittore Witold Gombrowicz) - Istituto Italiano di Cultura di Cracovia, 2003 (su invito della Triennale internazionale d’Arte grafica) – Lessedra Gallery, Sofia, 2010 – Galleria ab/arte, Brescia, 2012 (con M. C. Toni). Invitato alle più prestigiose rassegne internazionali d’arte grafica: XIX, XX, XXI Biennale Lubiana – Premio Biella ’93 e ’96 – VI,VII,VIII Milano – 2nd Sapporo – VI Taiwan – III/VIII Drypoint Uzice – Portland ’97 – 2nd Triennale Praga – Kanagawa ’98, 2001 – Triennale Cracovia, dal 1997 al 2009 – X/XV Varna – Qingdao 2000 – Pechino 2001, 2003 – X, XVI Sarcelles – XI, XII, XIII Lodz – 6e, 7e, 8e Chamalières – 5th Il Cairo – Douro 2007 - Guanlan 2007, 2009, Katowice 2011, ecc. (6 premi nazionali e 5 premi internazionali per l’incisione). Dal 2012, opere grafiche in permanenza presso la Galerie Michelle Champetier di Cannes, Francia. Critici e storici dell’arte hanno scritto della sua opera, fra i quali: M. De Micheli, G. Trentin, P. Bellini, F. De Santi, M. Fragonara, D. Formaggio, R. Margonari, W. Skulicz, D. Migliore, G. Grossato, S. Patrone. 

Arianna Tagliabue 
Incisore, fotografa e designer, nata il 16 aprile 1977 a Lecco. Vive a Capiago Intimiano (CO). Ha frequentato l’Istituto Europeo di Design di Milano e di Roma. Nel 1999 inizia l’attività di incisore e di stampatore. Ha preso parte a diverse rassegne di grafica sia nazionali che internazionali tra cui: International Print Biennial Varna; Graphic Art Biennale Drypoint Uzice; International Print Biennial Pechino; Small Graphic Forms Budapest; Biennale Internazionale di Incisione Rotary Club Acqui Terme-Ovada; Lessedra World Art Print Annual Mini Print Sofia; International Mini Print Rosario; Mini Print International Cadaques; Mondiale de L’Estampe et de la Gravure Originale Triennale de Chamalieres; Inter-Grabado Salone Internazionale di Incisione di piccolo formato Uruguay; International Print Exhibition Tokyo; Naestved International Exhibition of Contemporary Mini Square Prints in Danimarca; Icon Data Global Virtual Museum & World Index of Contemporary Graphic Art; Triennale di Arti Grafiche di Varsavia; Maestri dell’Incisione Italiana Contemporanea Museo della Slesia (Muzeum Slaskie) di Katowice; Rassegna internazionale di incisione di piccolo formato L’Arte e il Torchio Cremona; Incisione Italiana under 35 Cremona - mostra itinerante presso l’Istituto Italiano di Cultura a Cracovia; Print Zero Studios Exchange,Seattle; Mostra “Il segno del dolore-Premio Grandi” Milano; International Print Triennial Cracow; Incisori Italiani Contemporanei Uzice City Gallery. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in tutto il mondo. Documentazione presso il Gabinetto delle Stampe del Comune di Bagnacavallo (RA).Repertorio degli incisori italiani volume IV 2001-2004; Repertorio degli incisori italiani volume V 2004-2007; Sezione speciale del N.61 della rivista “Grafica d’arte” Milano. Premi: Menzione speciale al merito alla X Art Biennale Drypoint Uzice 2011.

Maria Chiara Toni
Incisore, pittrice, arredatrice. Nata a Porto Mantovano (MN) nel 1950, diplomata all'Istituto Statale d'Arte di Mantova. Il 1978 segna l'inizio dell'attività incisoria presso la stamperia d'arte "Torchio Thiene" sotto la guida di Vladimiro Elvieri (compagno nell’arte e nella vita), attraverso la pratica delle tecniche calcografiche e la successiva sperimentazione di nuovi e più personali metodi, come il bulino e la puntasecca su plexiglas e altri supporti plastici come il forex, stampati sovente su carte nere. La sua opera tratta prevalentemente il tema della figura umana vista attraverso lo specchio di situazioni psicologiche, frutto di condizionamenti sociali. Docente ai Corsi di Tecniche dell'Incisione in vari istituti scolastici a Cremona e artista ospite al Corso estivo internazionale di incisione (Kaus) di Urbino nel 2006. Numerose mostre personali allestite in Italia e all’estero, di cui ricordiamo quelle alla Biblioteca Centrale di P.zzo Sormani a Milano nel 1992, al Museo d’Arte contemporanea “Dino Formaggio” a Teolo (PD) nel 1996, all'Istituto Italiano di Cultura di Cracovia, Polonia (su invito della Triennale d'Arte Grafica) nel 2003, alla Lessedra Gallery di Sofia, Bulgaria, nel 2010, e presso la Galleria ab/arte di Brescia nel 2012 (con V. Elvieri). Invitata alle più importanti rassegne internazionali d’arte grafica (Milano, Praga, Budapest, Cracovia, Uzice, Portland, Varna, Belgrado, Pechino, Lodz, Sarcelles, Tokyo, Sofia, Qingdao, Chamalières, Katowice, Cremona, Rosario, ecc.), dove ha ricevuto significativi riconoscimenti. Della sua opera, hanno scritto tra gli altri: M. De Micheli, G. Trentin, R. Margonari, C. Melloni, M. Fragonara, D. Formaggio, W. Skulicz, D. Migliore, G. Grossato. Dal 2012, opere grafiche in permanenza presso la Galerie Michelle Champetier di Cannes, Francia. 

SPAZIO OSTRAKON
Via Pastrengo, 15 – Milano
Orari: martedì-sabato 15.30-19.30 www.spazioostrakon.it
Info:3312565640
UFFICIO STAMPA ANTEA anteapress@gmail.com

    

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JACKSON POLLOCK E GLI IRASCIBILI.

Il Palazzo Reale di Milano apre la stagione autunnale con la prestigiosa mostra di Jackson Pollock e gli irascibili che si terrà dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014. 
La mostra a cura di Carter Foster in collaborazione con Luca Beatrice, è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano ed è prodotta ed organizzata da Artemisia Grorp e 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore, in collaborazione con il Whitney Museum di New York. L’evento propone oltre sessanta capolavori. Un gruppo di diciotto artisti guidati dal carismatico Pollock e definiti ‘Irascibili’ da un celeberrimo episodio di protesta nei confronti del Metropolitan Museum of Art, seppero re-interpretare la tela come uno spazio per la libertà di pensiero e di azione dell’individuo, dando vita a quella che poi fu chiamata la scuola di New York, un fenomeno che caratterizzò l’America del dopoguerra. 
La mostra ha il grande merito di presentare al pubblico la fertilissima stagione dell’Espressionismo Astratto Americano, con l’esibizione di opere di artisti del tempo come: Jackson Pollock, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline, Barnett Newman e molte altre superstar i cui capolavori provengono dal famoso Whitney Museum di New York. 
Rivoluzione artistica, rottura col passato, sperimentazione, energia; questo racconta la mostra “Pollock e gli irascibili, a Palazzo Reale di Milano.
Ospite speciale: l’opera Number 27 di Jackson Pollock, forse il suo quadro più famoso, la fragilità e la delicatezza di questa tela, nonché le sue dimensioni straordinarie, tre metri di lunghezza, rendono normalmente impossibile il prestito. Ma in questa occasione dell’Autunno Americano di Milano, il Whitney Museum di New York ha eccezionalmente acconsentito a fare viaggiare questa opera, alla quale sarà dedicata un’intera sala di Palazzo Reale.
Jackson Pollock diceva: “Non dipingo sul cavalletto. Preferisco fissare le tele sul muro o sul pavimento. Ho bisogno dell’opposizione che mi dà una superficie dura. Sul pavimento mi trovo più a mio agio. Mi sento più vicino al dipinto, quasi come fossi parte di lui, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorarci da tutti e quattro i lati ed essere letteralmente “dentro” al dipinto. Questo modo di procedere è simile a quello dei “Sand painters” indiani dell’ovest. Per applicare il colore si serviva di pennelli induriti, bastoncini o anche siringhe da cucina. La tecnica inventata da Pollock di versare e far colare il colore è considerata una delle basi del movimento dell’action painting (pittura d’azione). 
Quando sono “dentro” i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di “presa di coscienza” mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti, di rovinare l’immagine e così via, perché il dipinto vive di vita propria. Io cerco di farla uscire. È solo quando mi capita di perdere il contatto con il dipinto che il risultato è confuso e scadente. Altrimenti c’è una pura armonia, un semplice scambio di dare ed avere e il quadro riesce bene”. 

La mostra “Pollock e gli irascibili” sarà visitabile dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 – Piazza Duomo, 12 – Milano.
Orari: dal martedì alla domenica 9,30 – 19,30.
Giovedì e sabato 9,30 – 22,30.

Anna Scorsone Alessandri

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Messina: “La poesia nel terzo millennio” è stato il tema del vivace simposio
letterario tenuto nella serata di mercoledì 18 Settembre presso il Gabinetto di lettura di Messina, col patrocinio della Regione Sicilia e del Comune di Messina. L’evento è stato frutto della collaborazione tra l’associazione dell’artista messinese Biagio Cardia e il gruppo coordinato dal Prof Claudio Stazzone, in passato preside dell’ITE Jaci, che comprende docenti dell’Istituto scolastico (Prof.ssa: Giovanna Logiudice, Ada Midiri, Ketty Millecro, Celestina Martino) e altri collaboratori esterni (Dott.ssa Tiziana Midiri, Dott. Antonino Sarica, giornalista). Il dibattito, moderato dalla prof. Ada Midiri, che ha efficacemente dato unitarietà critica ai vari interventi, è stato avviato da una lucida analisi filosofica, con un riferimento alle problematiche della formazione dei giovani, condotta dal Prof . Stazzone; si è poi passata in rassegna l’evoluzione storica ed estetica della poesia e i cambiamenti radicali fino ai nostri giorni, nell’intervento della prof.ssa Logiudice, che ha aperto anche uno spiraglio sull’Europa, leggendo una poesia di un autore Ebreo di lingua inglese, Jon Silkin sconosciuto al pubblico italiano, evidenziandone le sperimentazioni stilistiche innovative. Discutendo dell’ampio repertorio di proposte del panorama letterario attuale, non è mancato un accenno agli eccessi che talvolta si manifestano: il Dott. Sarica ha letto le ironiche pagine del Pitrè sui poeti improvvisati ma ha anche intrattenuto il pubblico con la lettura di piacevoli componimenti in vernacolo siciliano sul tema “vento, piscistoccu e malanova”. Belle letture e voci recitanti si sono alternate sia in vernacolo - come i componimenti della poetessa Ketty Millecro - e in lingua italiana: con versi nostalgici su Messina, una commossa lettura di Tiziana Midiri, sul tema del femminicidio, i versi evocativi di Teresa Fresco, le poesie di un poeta siciliano scoperto postumo, Nino Ferraù, tra le voci recitanti quella di Celestina Martino. Tra gli interventi del pubblico, una poesia di Quasimodo recitata con intensità dal Prof. Lo Presti. In chiusura di serata, grande soddisfazione è stata espressa dal “padrone di casa” , il Presidente del Gabinetto di lettura, prof. Nicolino Passalacqua. Il Simposio Culturale di Mercoledì 18 è stato organizzato nel contesto di una Collettiva artistica promossa dal Movimento “Irrealismoartistico” con inaugurazione Sabato 14, con chiusura della mostra Sabato 21 Settembre. Pertanto, al binomio tra Pittura e Poesia, hanno fatto da cornice le opere di nove artisti provenienti dalla Sicilia e dalla Calabria: Roberto Campolo (ME); Biagio Cardia (ME); Antonia Eleonora Cavaleri di Canicattì (Ag); Marco Cordaro (Pa); Patrizia Emanuela Lanzafame di Mazzarino (CL); Annamaria Niccoli, (Cs); Tina Piedimonte (ME); Maria Graziella Raffaele (CZ) e Zuna (Me). Ambiente caratteristico e molto suggestivo, quello scelto dall’artista Cardia, promotore dell’iniziativa: tra l’antico dell’arredo dei mobili delle due sale d’esposizioni e libri del cinquecento ma non potevano mancare opere d’arte di artisti messinesi del passato, che nel tempo hanno esposto le loro opere presso l’importante struttura del Gabinetto di Lettura non solo quadri come quelli di Gaetano Corsini e Torre Edmondo Calabrò pittore e scultore, del quale è presente un busto bronzeo di Ludovico Fulci, numerose altre sculture come quelle del grande scultore Antonio Bonfiglio (1895-1995) tra le tante opere, un busto in gesso di Mons. Angelo Paino. Numerose le organizzazioni effettuate da Cardia con il Movimento Irrealismoartistico da lui promosso nel 2001, Mostre artistiche che hanno sempre riscosso grande apprezzato, presenti in diversi salotti e gallerie oltre lo stretto: Galleria “Atelier” di Milano, Galleria Mattia Preti di Catanzaro e Comune di Mazzarino (CL); per ultimo, nel mese di Marzo 2013, presso il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca del Comune di Messina. Il Movimento, promuove l’arte in relazione alla natura incontaminata, una natura che da tempo è stata modificata e violentata dalla mano dell’uomo moderno. Lo scopo principale del Movimento è di “ricostruire” l’Arte nella sua forma più “naturale” e ritornare al Bello. 

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Francesco Attardo inaugura la sua personale “Indagando la materia”

Domenica 29 settembre 2013 alle 18.00, presso la sala espositiva del Tresa Bay Hotel di Ponte Tresa, sarà inaugurata la personale di Francesco Attardo, artista di origini siciliane, residente in Canton Ticino da molti anni.
La mostra, patrocinata da Ponte Tresa Italia e da Ponte Tresa Svizzera, organizzata dalla Galleria Alter Ego con la collaborazione di Rindi Art, intende presentare al pubblico gli esiti più recenti di un percorso pittorico complesso, eppure serrato, che ha condotto l'autore attraverso molteplici esperienze tecniche e stilistiche; esperienze che si sono succedute in maniera fluida, ponendosi di volta in volta come ponte tra il passato e il futuro. 
Mosso dal desiderio di rendere omaggio alla sua terra natale, inizialmente Francesco Attardo si avvicina alla pittura per fermare sulla tela le immagini più care della sua Noto: scorci cittadini assolati e semideserti, descritti con sapienti visioni prospettiche e con un gusto coloristico attento a cogliere gli effetti luminosi delle diverse ore del giorno. L'artista interpreta questi luoghi calandoli in una dimensione metafisica, quasi astratta, calma e silenziosa, che certo riflette in una certa misura la nostalgia del migrante ma, allo stesso tempo, valorizza la rara bellezza dei panorami siciliani. L'armonia con cui costruisce piani, volumi e linee di forza all'interno dei paesaggi già rivela l'attenzione per la geometria che lo porta, negli anni seguenti, ad approfondire la conoscenza dell'Astrattismo Geometrico ispirandosi, in particolare, a Mondrian e Vasarely. E' questa una fase di grande sperimentalismo formale, che consente all'autore di dare liberamente voce alla propria espressività e di elaborare quello stile unico e personale che oggi contraddistingue la sua produzione.
I lavori più recenti sono certamente ascrivibili all'astrazione ma è evidente come si tratti di una forma di astrattismo che, memore delle esperienze iniziali, prende spunto dall'elemento naturale; lo stesso artista ama sottolineare come nelle sue tele animate da colori accesi e sgargianti si colgano ancora i riflessi della terra natìa: i blu dei cieli limpidi, le tonalità dorate delle costruzioni in tufo, i colori rosati dei tramonti mediterranei. L'applicazione sulla tela di materiali estranei alla pittura come, ad esempio, trame tessili dalle spiccate qualità tattili, legni, polveri e spesse mani di candido gesso che vengono poi movimentate a spatola, incise e graffiate, consentono di ampliare il discorso e di declinarlo in infinite modulazioni, evocando riflessioni, ricordi e stati d'animo.
Per mano dell'artista, la tela diventa uno spazio narrativo che consente ad Attardo di raccontarsi e, quindi, di raccontare le mille sfaccettature di una passione mai sopita: la passione per la propria Terra, la passione per l'Arte o, forse, piuttosto, la passione per la Vita stessa.

Sito personale dell'artista:
http://francescoattardo.ch

Esposizioni principali:
1976 – VIII Biennale del Pittore Dilettante – Villa Malpensata, Lugano.
1976 – Collettiva Pittori Ticinesi – Galleria al Ponte, Ponte Tresa.
1977 – Personale – Galleria La Bettola, Lugano.
1978 – Collettiva Pittori Ticinesi – Galleria l'Elicottero, Lugano.
1979 – Mostra d'Arte Contemporanea nel 90° della Fondazione – Villa Malpensata, Lugano.
2010 – Collettiva Pittori Ticinesi – Casa Pasquee Massagno, Lugano.
2010 – Collettiva Pittori Ticinesi – Sala Arbedo, Castione.
2013 – Personale “Tra colore e materia” - Galleria Alter Ego – Ponte Tresa.

INDAGANDO LA MATERIA - Mostra personale di Francesco Attardo
29 settembre – 20 ottobre 2013

INAUGURAZIONE: DOMENICA 29 settembre, ore 18.00
Sala espositiva - Tresa Bay Hotel
Via Lugano, 18 – 6988 Ponte Tresa – SVIZZERA (CH)
ORARI
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
INGRESSO LIBERO

Per informazioni: Galleria Alter Ego | www.alteregogallery.com | contatti@alteregogallery.com
Ufficio Stampa: Rindi Art | info@rindiart.it

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L'EMIRO ARTE -Via Giacalone, 29 – Palermo tel. 091 334188 - 347 3530035. emiroarte@libero.it

Domenica 6 ottobre 2013 alle ore 18.00 presso la Chiesa di San Giorgio dei Genovesi, Via dei Bambinai n. 18 Palermo, verrà inaugurata la mostra “Arte, Fede e Speranza”. Promossa dall’Associazione Emiro Arte di Palermo in collaborazione con Studio 71 e sotto l’egida del Centro Regionale Trapianti della Sicilia, la mostra si propone di evidenziare, attraverso l’arte, come la donazione degli organi sia un gesto di libero arbitrio che si fa senza aspettarsi ricompensa. Un principio che dovrebbe accompagnare ogni gesto della propria vita. 
Gli artisti invitati si sono posti queste ed altre domande ed ognuno ha risposto in maniera differente basandosi sul proprio sentire o lasciandosi guidare dalla propria storia personale. L’aspetto che comunque prevale, nelle opere in mostra, è la generosità, la vita che rinasce là dove si credeva fosse finita, l’essere solidali con il prossimo. Oltre a questo, non mancano i momenti dell’attesa, delle mille domande. Non manca la solitudine che attanaglia in determinati momenti o la speranza che tutto possa essere di nuovo normale.
Antonella Affronti, Luciana Anelli, Calogero Barba, Ilaria Caputo, Sebastiano Caracozzo, Aurelio Caruso, Tanina Cuccia, Angelo Denaro, Sergio Figuccia, Giovanni Gambino, Pippo Giambanco, Antonino Liberto, Elia Mammina, Franco Mineo, Alessandro Monti, Laura Natangelo, Aldo Palazzo, Massimo Piazza, Giuseppina Riggi, Enzo Romeo, Anna Santoro, Hemmanuel Semilia, Giusto Sucato, Tiziana Viola Massa, sono gli artisti che si sono confrontati su questo tema trovando sempre muove tracce e nuove soluzioni.
La mostra è accompagnata in catalogo da una scheda sul Centro Regionale Trapianti curata da Tiziana Lenzo e da testi di Giuseppe Bucaro, Sebastiano Caracozzo, Michele Giordano, Benedetto Lentini, Fulvia Reyes, Francesco Scorsone e Vinny Scorsone.
La mostra è visitabile presso la Chiesa di San Giorgio dei Genovesi, Palermo, tutti i giorni fino al 13 ottobre 2013 dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19.30.
Associazione Emiro Arte
http://www.studio71.it/pagine/organi.htm add. Stampa e p.r.
Angela Macaluso 

Studio 71 Palermo

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ANTONIAZZO ROMANO, Il PICTOR URBIS IN MOSTRA A PALAZZO BARBERINI DAL 31 OTTOBRE 2013 AL 2 FEBBRAIO 2014.
Il 31 ottobre, presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, si inaugura un grande evento dedicato ad Antonio di Benedetto detto degli Aquili, meglio noto come Antoniazzo Romano: pittore romano, nato probabilmente tra il 1430 e il 1435 e morto tra il 1508 e il 1512; figura centrale del Rinascimento romano per quasi mezzo secolo. Antoniazzo fu influenzato agli esordi della sua carriera da Beato Angelico, da Benozzo Bozzoli e soprattutto da Piero della Francesca e da Melozzo da Forlì, maestri sui quali si formò la sua arte. Antoniazzo fu l’unico pittore romano del XV secolo di cui sono arrivate parecchie opere firmate (in quanto in quel periodo i pittori romani preferivano restare nell’anonimato) e del quale conosciamo anche qualche notizia biografica. Grazie alla sua arte divenne uno dei pittori più richiesti a Roma, un vero vip dell’epoca, tanto da essere conosciuto come Pictor Urbis (il Pittore di Roma), citato anche dal Vasari come uno dei migliori pittori presenti in città a quell’epoca. La sopraintendente Daniela Porro racconta: “sarà la prima esposizione monografica mai realizzata sul più importante artista romano del Rinascimento, la cui bottega fu il principale riferimento per gli arrivi nell’Urbe dei più grandi maestri”. La ricca produzione di pale d’altare, cicli decorativi e quadri di devozione, era destinata a un pubblico composto in prevalenza di alti prelati della curia romana, comunità religiose ed esponenti dei ceti nobiliari. Opere di grande suggestione e di qualità notevolissima, i suoi dipinti uniscono le novità rinascimentali agli splendori dell’arte medievale, nella profusione degli ori e nella bellezza sacrale dei suoi personaggi, specie le sue straordinarie Madonne dalle sembianze modernamente affini alle tipologie femminili di quel periodo. Il periodo più proficuo e noto del suo lavoro si ha tra il 1475 e il 1490 soprattutto a Roma: è del 1475 circa la Madonna di papa Leone I° conservata oggi a Dublino, National Gallery. Nello stesso anno opera anche in Vaticano con Domenico Ghirlandaio, successivamente tra il 1480 – 1482 lavora nella Cappella Sistina con Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino. 
Saranno esposte più di quaranta opere tra polittici, grandi pale, piccoli dipinti devozionali, splendide tavole fondo oro che metteranno in risalto il ruolo chiave giocato dall’artista nel paesaggio tra l’arte medievale e quella rinascimentale e, un ciclo di affreschi staccati a testimoniare tutta la produzione del maestro, insieme a opere di confronto e testimonianze documentarie compresi importanti ma poco conosciuti lavori dal territorio laziale. Molte delle opere giungono dai Musei Vaticani, dal Bargello di Firenze, dall’Aquila, dal Museo di Capodimonte a Napoli, dai musei civici di Rieti, Montefalco e Montefortino e dalle collezioni private Umberto Veronesi e Fondazione Santarelli. Importanti prestiti provengono dalle maggiori chiese romane e laziali e molte di proprietà del Fondo edifici culto del Ministero dell’Interno, e da complessi conventuali. . 
Molte opere per l’occasione sono state restaurate dalla Soprintendenza di Roma, che ne promuove e organizza la rassegna, curata da Anna Cavallaro e Stefano Petrocchi, e allestita nelle sontuose sale al piano terra del museo. La pittura a Roma all’epoca dell’esordio di Antoniazzo è testimoniata in mostra sia dalle opere dei maestri tardogotici, sia dai nomi degli artisti riportati nello splendido codice miniato del 1478 dell’Accademia di San Luca che contiene gli statuti dei pittori romani redatti dallo stesso Antoniazzo in qualità di console della corporazione ed esposto al pubblico per la prima volta. Dalle basiliche dei Santi XII Apostoli, di Santa Croce in Gerusalemme, di San Giovanni in Laterano, al Pantheon, alle chiese gianicolensi di San Pietro in Montorio e Sant’Onofrio, l’opera di Antoniazzo rappresenta il rinascimento romano.
La mostra offre anche una selezione di preziosi documenti concessi in prestito dall’Archivio di Stato di Roma, lettere autografe, libri confraternali e atti privati come il testamento e l’eredità di Antoniazzo Romano, lettura che consente di mettere in luce oltre l’artista, anche l’uomo e il suo impegno nella società del tempo. 
La mostra sarà visitabile dal 31 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014 - Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Via delle Quattro Fontane n. 13. 
Orario dal martedì alla domenica dalle 10,00 alle 19,00 fino al 2 febbraio 2014, chiusura: il lunedì, il 25 dicembre e il 1 gennaio.
Anna Scorsone Alessandri

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VENERDì 25 OTTOBRE 2013
Finissage della mostra antologica di GIANNI DE TORA

TERRITORIO INDETERMINATO

[Piano Mostre dell’Università degli Studi ‘Suor Orsola Benincasa’ di Napoli]
con il pomeriggio/evento dal titolo: 

“L’arte contemporanea dialoga con la scuola”

A seguire il concerto/live-set di Gino Giovannelli, ex-allievo del Liceo d’Arte dell’Istituto 

Territorio indeterminato è la prima concept exhibition antologica dedicata al Maestro Gianni De Tora, esponente dell'astrattismo geometrico e co-fondatore del gruppo Geometria e Ricerca, scomparso nel giugno 2007. La mostra è visitabile fino al 25 ottobre 2013 presso il Piano Mostre dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli (Via Suor Orsola, 10). E proprio l’ultimo giorno della mostra VENERDì 25 OTTOBRE 2013 [dalle ore 16.00] si terrà uno speciale pomeriggio/finissage dedicato al rapporto tra arte e scuola dal titolo “L’arte contemporanea dialoga con la scuola”. 

Durante la mostra TERRITORIO INDETERMINATO di Gianni De Tora, si sono svolte attività laboratoriali che hanno coinvolto tutti gli ordini di scuola dell’Istituto ‘Suor Orsola Benincasa’, nonché il Liceo Artistico ‘SS. Apostoli’ di Napoli. A conclusione dei laboratori, gli allievi presenteranno i propri elaborati, confrontandoli con le opere dell’artista, presso il Piano Mostre, nel corso del pomeriggio dedicato al dialogo tra arte e scuola. 

Clorinda Irace, insegnante e collega di De Tora, cosi ricorda il Maestro: “Ricordo il suo pacato ma fermo sdegno, la sua preoccupazione per un Paese che andava a rotoli, che negava ai migliori di percorrere le strade giuste. Il suo scoramento. E la forza delle sue idee, quelle che lo portavano ad interagire, entusiasta con i giovani. Come docente era incisivo: approvava gli allievi, sapeva farli crescere. Un prof amato, un docente di quelli che educano gli studenti con il proprio esempio e con le buone pratiche. Il suo impegno, in una scuola spesso deficitaria e mal gestita, era costante, volenteroso, apprezzabile”. 

A chiusura della giornata si terrà un concerto/live-set di Gino Giovannelli, ex-allievo del Liceo d’Arte dell’Istituto. 

Quella di Napoli è la prima tappa di TERRITORIO INDETERMINATO: la mostra toccherà le città di Caserta [Reggia di Caserta - Cavallerizze Reali], di Benevento [Rocca dei Rettori] e di Roma [Galleria Angelica – Biblioteca Angelica].

La mostra gode del Patrocinio del MIBAC - Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Campania, del Comune di Napoli, dell’Università degli Studi ‘Suor Orsola Benincasa’ di Napoli, della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storico-artistici ed Etnoantropologici per le Province di Caserta e Benevento, della Provincia di Benevento, della Biblioteca Angelica di Roma e dell’AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea d’Italia.

Facebook: Gianni De Tora

Twitter: GianniDeTora

ufficio stampa
MICHELANGELO COMUNICAZIONE
di Michelangelo Iossa
michelangelo@mflcomunicazione.it
mobile: + 39 338 8545610
michelangeloiossa@tin.it

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RITRATTI SULLA VIA EMILIA

http://www.trc.tv/produzioni/ritratti-sulla-via-emilia/#.UmdavCiuAVg

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ROBERT CAPA, LA REALTÀ DI FRONTE – VILLA MANIN - PASSARIANO DI CODROIPO, (UDINE).

È in corso presso Villa Manin la mostra fotografica di Robert Capa dal titolo: “La realtà di fronte” a cura di Marco Minuz. La grande retrospettiva viene organizzata in coincidenza con il centenario della sua nascita avvenuta il 22 ottobre del 1913. 
La mostra, voluta dalla Regione Friuli Venezia Giulia e organizzata dall’Azienda Speciale Villa Manin si distingue dalle altre dedicate a Robert Capa grazie alla collaborazione dell’agenzia Magnum Photos di Parigi e dell’International Center of photography di New York. 
La rassegna composta di numero 180 fotografie, oltre a garantire un percorso antologico completo, permetterà di conoscere ed approfondire un aspetto poco noto del lavoro di Capa, quello di cineasta e di fotografo di scena, un panorama completo che al suo interno contiene le più celebre fotografie realizzate da Robert Capa durante la sua carriera. 
L’ambizione originaria di Capa era di diventare scrittore, ma l’impiego presso uno studio fotografico a Berlino lo avvicina al mondo della fotografia. Diviene famoso in tutto il mondo per una foto scattata a Cordova, dove ritrae un soldato dell’esercito repubblicano colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti, “regime politico dittatoriale instaurato in Spagna nel 1939 dal generale Francisco Franco e durata fino alla sua morte avvenuta il 20 novembre 1975”. Questa foto è tra le più famose fotografie di guerra mai scattate. Fu pubblicata, per la prima volta sulla rivista VU, poi su Life, sul Picture Post e poi su migliaia di altre riviste. La foto è stata al centro di una lunga polemica in merito alla sua presunta non autenticità. Di per sé l’eventuale falso della foto nulla toglierebbe al valore storico che essa ha acquisito come simbolo dei soldati lealisti morti durante la guerra civile spagnola. A favore dell’autenticità vi sono lunghe ricerche storiche condotte dal biografo di Capa Richard Whelan, ma a sgomberare definitivamente il campo di questa lunga diatriba, nel 2013 è il Centro Internazionale di Fotografia che scopre e diffonde un’ intervista radiofonica, risalente all’ottobre del 1947, in cui Robert Capa spiega esattamente cos’è successo: “Ho scattato la foto in Andalusia – racconta – mentre ero in trincea con 20 soldati repubblicani, avevamo in mano dei vecchi fucili e morivano ogni minuto”. La foto è stata scattata mentre i soldati con cui viaggiava correvano a ondate verso una mitragliatrice fascista per abbatterla. Al terzo o quarto tentativo di assalto dei miliziani “ho messo la macchina fotografica sopra la mia testa – continua l’intervista – senza guardare ho fotografato un soldato mentre si spostava sopra la trincea, questo è tutto. Non ho sviluppato subito la foto le ho spedite assieme a tante altre. Sono stato in Spagna per tre mesi e al mio ritorno ero un fotografo famoso, perché la macchina fotografica che avevo sopra la mia testa aveva catturato un uomo nel momento in cui gli sparavano. Si diceva che fosse la migliore foto che avessi mai scattato, ed io non l’avevo nemmeno inquadrata nel mirino perché avevo la macchina fotografica sopra la testa”.
In mostra saranno presenti le principali esperienze che caratterizzano il lavoro di Capa: gli anni parigini, la Guerra civile spagnola. Molte delle foto di Capa della Guerra civile spagnola furono, per vari decenni, ritenute perdute, ma riemersero a Città del Messico alla fine degli anni 1990 mentre fuggiva dall’Europa nel 1939, Capa aveva perso la raccolta, che nel tempo fu soprannominata la “valigia messicana”; inoltre la Guerra fra Cina e Giappone, poi la Seconda guerra mondiale con lo sbarco in Normandia, la Russia del secondo dopoguerra, la nascita dello stato di Israele e, infine, il conflitto in Indocina, dove Capa morirà prematuramente nel 1954. Tutto il periodo della mostra sarà accompagnato da incontri con studiosi, fotografi e registi che presenteranno i libri e i documentari più recenti dedicati della vita e all’opera di Robert Capa. Inoltre una ricca sezione di fotografie dedicate al mondo del cinema dove egli si cimentava. Infatti, mentre si trova in Spagna per documentare la Guerra civile, gira assieme al cameraman russo Roman Karmen alcune sequenze per il film di montaggio “Spagna 36”. Ma è l’incontro con l’attrice Ingrid Bergman a Parigi ad avvicinare ancor di più Capa al mondo del cinema, infatti riesce a realizzare alcune foto sul set del film “Notorious” di Alfred Hitchock, che aveva come protagonista la Bergman. Successivamente Capa è fotografo di scena in Italia con il film di Giuseppe De Santis “Riso amaro”. Il rapporto con il cinema prosegue con il film “La carrozza d’oro”, “ La contessa scalza”. 
Capa era famoso anche per la sua temerarietà, che lo aveva portato ad andare all’attacco con la prima ondata nello Sbarco in Normandia e a paracadutarsi da un aereo assieme ai militari professionisti per ritrarre da vicino l’attraversamento del Reno. La sua passione e la sua vita, l’amore per la fotografia, lo porta a morire nel 1954 durante la Prima Guerra d’Indocina: sulla via del ritorno scatta le sue ultime foto prima dell’incidente, sale su un terrapieno di destra per fotografare una colonna di avanzamento sulla radura, salito sul terrapieno posa il piede su una mina che lo uccide. 
La mostra verrà arricchita da un ulteriore sezione di ritratti di Robert Capa, realizzati da grandi fotografi come Henry Cartier-Bresson e Gerda Taro; immagini che riprendono il fotografo in alcuni momenti del suo lavoro di fotoreporter e della sua vita privata.

Robert Capa: La realtà di fronte a cura di Marco Muniz – catalogo Silvana Editoriale
Villa Manin (Passariano di Codroipo - Udine).
20 ottobre 2013 – 19 gennaio 2014
Orari: da martedì al venerdì: 9-13 / 15-18.
Sabato, domenica e festivi: 10-19 – chiuso il lunedì il 24 il 25 dicembre e il 1 gennaio. Il 31 dicembre: 9-13.

Anna Scorsone Alessandri

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XVI Festival Internazionale Trieste Poesia - "Rose", poesie di F. Boffoli 

Mercoledì 27 novembre, alle ore 18, presso la Feltrinelli di Trieste, nell’ambito delle attività previste per il XVI Festival Internazionale Trieste Poesia (http://www.youtube.com/watch?v=AC_zmsQtx-Q&feature=em-upload_owner), si terrà, a cura dell’Associazione Culturale AREPOeSIA (Franco Puzzo Editore - collana “I PURI”), la presentazione del libro di poesia e immagine “Rose” del barese Fedele Boffoli, triestino d’adozione, con foto dell’autore e di Mariagrazia Semeraro. (http://www.youtube.com/watch?v=mv8mtZGxj98). Un poeta vivente e “contadino dell’arte” (come lui stesso ama definirsi) prescelto, dalla FPE, per la stessa collana “I PURI”, dopo i già pubblicati “giganti” scomparsi Stanislas De Guaita (Rosa mystica e altre poesie) e Fernando Pessoa (L’ultimo sortilegio e altre poesie). Artisti e poeti presenteranno collegialmente, nella circostanza, le poesie di Boffoli: Adriano Doronzo (organizzatore del Festival Internazionale Trieste Poesia e direttore di collana); Gabriella Valera (introduzione); Isabella Geronti (moderatrice), Maria Grazia Stepan (letture poetiche). Presenti in sala anche le fotografie gigantografiche (di Boffoli e Semeraro) abbinate alle liriche del libro. Riportiamo, tratte dall’introduzione alla raccolta, alcune significative righe dell’autore: “””[…] Nel presente contesto letterario e d’immagine (illustrato dalle fotografie di Mariagrazia Semeraro e del sottoscritto), al di là dei risvolti puramente emotivi e sensuali/passionali, si evocano gli aspetti ermetici e numerologici (appunto da nume) alla base del mondo… Nell’Unità della Rosa quindi: l’Uno (simbolo della manifestazione cosmica integrale), il Due (il campo di polarità necessarie alla vita ed in essa contenute), il Tre (la capacità creativa attraverso l’unione di “contrari”/reciproci), il Quattro (generazione e ricreazione nella manifestazione polare), il Cinque (mediazione degli opposti e quintessenza) che ci ricorda, non a caso, quella bella rosa rossa al centro di una croce (cuore ermetico all’incontro degli assi) raffigurata nel simbolo della Rosacroce… ordine ermetico e soteriologico non certo poco noto. “””.( http://www.triestepoesia.org/).

Trieste, 3 novembre 2013

Fedele Boffoli (in Facebook)
info@fedeleboffoli.it 
www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm
http://anforah.altervista.org/
Bari/Trieste - tel. 338/2246495

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15° Premio Internazionale Trieste Poesia,

Assegnato al poeta-scrittore brasiliano José Eduardo Degrazia il 15° Premio Internazionale Trieste Poesia, nell’ambito delle attività previste, nell’ultima settimana di novembre, per il XVI Festival Internazionale Trieste Poesia (http://www.youtube.com/watch?v=AC_zmsQtx-Q&feature=em-upload_owner). Come ogni anno, la Webgalleria di Arti visive e letterarie Anforah (http://anforah.altervista.org/index.htm), che da molti anni collabora all’evento, ha abbinato alle poesie del poeta premiato le immagini di uno dei suoi artisti: in questo caso, per il 2013, le elaborazioni digitali dell’eclettico barese Francesco Boffoli (http://anforah.altervista.org/festival/festival.htm). Ricordiamo, per la circostanza i poeti che hanno ricevuto il Premio Internazionale Trieste Poesia, con i relativi artisti di Anforah ad essi abbinati: Justo Jorge Padròn - Fedele Boffoli (1999), Álvaro Mutis - Francesco Mignacca (2000), Mateja Matevski - Mariagrazia Semeraro (2001), Oliver Friggieri - suor Rosalba Facecchia ASC (2002), Arturo Corcuera - Donatella Ferrante (2003), Amadou Lamine Sall - Fabio Savoldi (2004), Miguel Barnet - Massimo Rovereti (2005), Tahar Ben Jelloun - Alfredo Davoli (2006), Omar Lara - Graziella Atzori (2007), Gonçalo M. Tavares - Salvatore Marchesani (2008), Alda Merini - Magda Carella (2009), Ion Deaconescu - Daniela Fogar (2010), Rei Berroa - Giulio Tracogna (2011), Wole Soyinka - Irene Moratto (2012). A breve l’intero programma del Festival (http://www.triestepoesia.org/).

Trieste, 7 novembre 2013

Fedele Boffoli (in Facebook)
info@fedeleboffoli.it 
www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm
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“Yin - Yang” - Calendario Anforah 2014

Realizzato con le opere degli artisti della Webgalleria di Arti visive e letterarie Anforah, ed appena pubblicato sulla Home Page della stessa Webcommunity (http://anforah.altervista.org/), è il Calendario da desktop 2014, dal titolo “Yin - Yang”, scaricabile gratuitamente dalla rete. Il calendario sarà, fisicamente, presentato mercoledì 27.11, alle ore 18, presso La Feltrinelli di Trieste, nell’ambito delle attività previste per il XVI Festival Internazionale della Poesia (http://anforah.altervista.org/festival/festival.htm - http://www.triestepoesia.org/) ed abbinato alla presentazione del libro “Rose” (http://anforah.altervista.org/rose/rose.htm), di poesie e immagini; riportiamo, per la circostanza, il testo introduttivo di Fedele Boffoli autore del libro e curatore del calendario Anforah: “”“Come ben insegna il simbolo del Tao in ogni cosa si ritrova il suo opposto: nel Bianco il Nero, nella Luce le Tenebre, nell’Alto il Basso, nel Maschile il Femminile, nell’Attivo il Passivo, nel Movimento l’Immobilità… e viceversa. Tutto rimanda nella realtà ad un proprio reciproco. E’ il gioco universale delle parti, indispensabile per il perenne essere e divenire delle cose che necessita, appunto, di un campo polarizzato: teatro in cui le polarità reciproche si incontrano e si attirano, per fondersi e ricreare la vita (Yin - Yang e viceversa), oppure, se simili (Yin - Yin o Yang - Yang), per respingersi e combattersi, fino alla morte. Questa Legge di attrazione-repulsione governa noi e il mondo, nell’inesorabile processo di vita-morte-rinascita in cui tutto, ciclicamente, si trasforma e “ritorna”: un’essenziale alchimia di rimandi che, grazie all’esperienza degli artisti di Anforah, quale preziosa chiave intellegibile, riusciamo, ancora una volta, a cogliere nell’unità del “qui e ora”, eterno presente.”””

Partecipano all’opera: Claudio Bianchi, Fedele e Francesco Boffoli, Paride Alessandro Cabas, Rosalba Facecchia, Franco Folla, Giuseppina Labellarte, Francesco Mignacca, Marina Postogna, Fabio Russo, Mariagrazia Semeraro.

Si fa presente nel contesto che la Community Anforah, per finalità culturali e divulgative, rende disponibile, gratuitamente, a chiunque sia interessato il progetto grafico completo, per eventuali tirature di stampa. (info@fedeleboffoli.it - 338/2246495).

Trieste, 10 novembre 2013

Fedele Boffoli (in Facebook)
info@fedeleboffoli.it 
www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm
http://anforah.altervista.org/

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CLAUDIO ALESSANDRI (Rimini 1941 – Palermo 2012)

Giovedì 28 novembre alle ore 17,30 verrà presentato il libro di Claudio Alessandri dal titolo “La Città di Palermo, Cenni di storia architettonica dalla fondazione ai primi anni del XX secolo”, Edizione Nuova Ipsa, Palermo.
La sede dell’evento sarà l’Hotel Jolì – Sala Novecento, Via Michele Amari n. 11, angolo Piazza Ignazio Florio, Palermo. Introduzione di Alberto Russo. Regista del programma TV Arte&Cultura.
Presenterà il libro il Prof. Tommaso Romano. Interverrà l’Arch. Muhammad Al Daire.

La sinossi:

Dare un’idea delle caratteristiche architettoniche di una città come Palermo, non è affatto semplice, specialmente, come in questo caso, la descrizione storico - architettonica di questa città copre un lunghissimo arco di tempo durante il quale Palermo risentì, in positivo e in negativo, tutti i cambiamenti che comportarono le tante dominazioni, diverse nella storia come nella concezione costruttiva. 
Può sembrare assurdo, ma Palermo e la Sicilia in generale, non hanno mai goduto di una propria indipendenza politica. Subirono la conquista di svariate dominazioni straniere e questa circostanza fu di giovamento alla sua cultura letteraria, storica e architettonica, ma solo sotto i Normanni e gli Svevi con Federico II, si poté parlare di forme politiche “in fiere”, non determinate dal volere dei conquistatori, ma integrate alla storia locale. 

Claudio Alessandri nel suo testo ha voluto dare vita ad una narrazione fluida, simile ad un romanzo, alla portata di tutti i lettori, evitando con la massima attenzione quelle infinità di note che inevitabilmente, interrompono la continuità della narrazione.

Ecco come l’autore descrive la Città di Palermo:

Com’era bella Palermo la notte
Una notte ho rivisto le stelle incastonate nel cielo di inchiostro.
Mentre la luna cercava rifugio dietro la collana dei monti.
Com’era bella Palermo la notte,
camminavo per le strade deserte e silenti,
punteggiate da rare luci di tremolanti
lampade ad olio dal lucore fioco.
Camminavo per le strade deserte
inebriandomi del profumo delle spezie preziose d’Oriente.
Udivo il richiamo del Muezzin che invitava alla preghiera,
poi l’allegro scampanio della grande chiesa,
un tempo anch’essa moschea e tornata alla fede cristiana,
assistette al trionfo di Ruggero il Normanno.
E l’incoronazione del grande Federico,
chiamato la “Luce del mondo”.
Sento il sussurro musicale delle fontane
che ci raccontano di sospiri d’amore,
di pianto disperato di bimbi strappati dalle braccia delle madri,
figlie d’Angiò imploranti un impossibile perdono per colpe
non loro, nei giorni del Vespro vendicatore
a punire l’oltraggio e l’onore.
Com’era bella Palermo la notte,
incantata dai raggi della luna
che tenui creavano ombre alle statue della grande piazza.
Com’era bella... adesso non più.

Claudio Alessandri ( Rimini 1941 – Palermo 2012)
Scrittore e critico d’arte. Ha iniziato negli anni sessanta la sua attività giornalistica scrivendo principalmente di archeologia classica e medioevale. Dagli anni settanta inizia l'attività di critico d'arte e sempre dagli anni settanta ha collaborato attivamente con numerosi periodici tra i quali: Mondo Archeologico, Palermo, mensile della Provincia Regionale, l’Isola del Sole, Sicindustria, Siciliaimpresa.
Suoi scritti sono apparsi sulle pubblicazioni a carattere culturale "ArteFile" e "Colapesce".
Ha collaborato assiduamente, sin dalla sua fondazione, con la casa editrice Scirocco, facendo parte del comitato critico del volume "Artisti Siciliani Contemporanei", con i giornali "On-line" Siciliainformazioni, Italiainformazioni e BlogSicilia con articoli di arte e scritti storici.

Ha pubblicato i libri: "Federico II di Svevia Imperatore e re di Sicilia" (Nuova Ipsa Editore 2005), "Quell’albero ha sentito tutto" Nuova Ipsa Editore 2007), “Il giorno del sole nero"Nuova Ipsa Editore 2009), "Federico II –I Codici del Liber Augustalis - Genesi e considerazioni sulle Costituzioni Melfitane" (Luxury Collection, 2009), , "Il mistero, Santa Flavia e altri racconti” (Nuova Ipsa Editore 2010), "Arte e Scienza nei castelli federiciani" (LC Edizioni, 2010), “Stupor Mundi. Sogno all’Ombra della ragione” (Edizione Abbadessa 2010), "Federico II di Svevia, una vita straordinaria tra realtà e leggenda" (Editrice Uni Service, 2011), "Muhammad e Dafne - Quasi una fiaba", (Editrice Uni Service 2011), "Lo strano caso della principessa di Roccaverdina", (Editrice Uni Service 2011), "La principessa del castello in cima alla scogliera".(Editrice Uni Service 2011), “Miscellanea, Successi 'na vota, Mitologia e leggende della Sicilia favolosa”, (Editrice Uni Service 2011), Testa di legno va alla guerra" (Edizione Del Faro 2012), "Memorie, ovvero ricordi reali avvenuti nell'esistenza di Claudio Alessandri" (Poesie, Edizioni del Faro, 2012), “La città di Palermo. Cenni di storia architettonica dalla fondazione ai primi anni del XX secolo” (Nuova Ipsa Editore 2013).

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SCRITTI dalla SOFFITTA.

Giuseppe Bellucci, classe 1956, è uomo che viene dal mondo dell'arte. La sua cre atività ha trovato espressione nelle forme della pittura e della scultura, fint anto che una serie di riflessioni – su esperienze vissute in prima persona o dai suoi genitori – lo ha spinto a cambiare strumento di comunicazione: non più le immagini ma la parola. Da questa nuova competenza espressiva nasce la sua raccol ta di racconti, edita dalla Booksprint Edizioni e disponibile anche in versione ebook. 
In “Scritti dalla soffitta” (126 pagine) l'autore tratta la materia modellandola su ispirazione di eventi realmente accaduti. Giuseppe Bellucci, nell'abbandonar si alla forza della memoria, dà nuova vita ai ricordi, rievocati affinché siano eredità per le generazioni future. Dall'alto degli anni della maturità, lo scrit tore sembra voler analizzare con saggia tenerezza la velocità di un tempo trasco rso. Da qui i racconti si sviluppano spontaneamente, i pensieri si susseguono se condo un impeto rapido e naturale. Giuseppe Bellucci accompagna il lettore in un a sorta di viaggio nel tempo, le riflessioni sui legami sentimentali, amorosi o amicali, sulle differenze tra generi e sull'importanza dello scambio generaziona le, sono le principali soste di questo andare. Nell'estrema semplicità dello sti le e del linguaggio emerge la personalità dell'autore, da sempre ricca di sugges tioni coltivate nel tempo. Nell'invito alla pratica della positività è la sintes i del messaggio dei brevi racconti. «Muore lentamente chi distrugge l’amor propr io, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi dei propri guai e della propria sfortuna, chi abbandona un progetto prima ancora di iniziarlo, ch i per paura non fa domande sugli argomenti che non conosce.» Si stimola il lettore ad una compiuta gestione di sé, concretizzata nel coraggio di un agire privo di ogni forma di timore verso eventuali disapprovazioni altru i, personali inadeguatezze o qualsiasi altra interferenza la vita prospetti. «..
. se riesci a fermare il tempo, riempirlo di tanti piccoli momenti, che pian pia no si trasformano in immagini uniche e indelebili... Allora tu hai tutto ciò che più conta… SEI UN UOMO

http://blog.booksprintedizioni.it/area-press/comunicati-stampa/item/429-scritti-dalla-soffitta

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LA MOKA SI METTE IN MOSTRA: 80 ANNI DI UN’INTUIZIONE GENIALE DIVENTATA MITO.

Nell’ambito dei festeggiamenti per l’ottantesimo compleanno della popolarissima caffettiera Moka Express, Bialetti organizza una mostra che ripercorre gli ottanta anni di storia e cultura del caffè in Italia: rito quotidiano per eccellenza da concedersi personalmente o da condividere come gesto di ospitalità. Una piacevole abitudine per iniziare la giornata, per ritagliarsi una pausa o per concludere i pasti con il gusto della tradizione.
La Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano diventa teatro dei festeggiamenti per gli ottant’anni della caffettiera più famosa, Moka Express, nata dal genio di Alfonso Bialetti nel 1933.
Si tratta della prima esposizione dedicata all’anziana capostipite e sarà allestita rispettando una divisione di tappe. La mostra si snoda lungo un percorso che ha inizio con curiosità e racconti legati alla scoperta e diffusione del caffè, per passare alla sezione dedicata alla produzione, dalla pianta alla tostatura, dal chicco alla tazzina, per poi arrivare ad una esclusiva selezione di antiche caffettiere e strumenti utilizzati per la preparazione del caffè, che hanno preceduto l’invenzione della Moka Express, fino all’origine dell’idea di Alfonso Bialetti e alle sue successive evoluzioni che hanno portato alla sua versione moderna.
Alfonso Bialetti apre un’officina per la produzione di semilavorati in alluminio a Crusinallo (VB). Spinto dallo spirito imprenditoriale, trasforma la sua Officina “Alfonso Bialetti & C. Fonderia in Conchiglia” in un atelier per la progettazione e produzione di prodotti finiti, pronti per il mercato. Con l’intuizione geniale di Alfonso Bialetti, nel 1933, viene alla luce Moka Express, dal design Art Decò, che rivoluziona il modo di preparare il caffè a casa e permette all’azienda, grazie anche all’ambizione del figlio Renato di affermarsi immediatamente tra i principali produttori italiani di caffettiere. 
La notorietà del marchio Bialetti viene consolidato anche grazie ai rilevanti investimenti pubblicitari e alla comunicazione incentrata sull’immagine del “Omino con i baffi”, nato negli anni ’50 ideato dal disegnatore e fumettista Paul Campani, che ne diviene il simbolo e tutt’oggi è presente sia sul marchio del gruppo Bialetti Industrie che applicato su suoi prodotti. La Bialetti arriva a produrre 18 mila pezzi al giorno, che portano la produzione annua a circa 4 milioni. Si stima che dagli anni Cinquanta ad oggi siano state vendute circa 300 milioni di caffettiere. Ed ancora oggi anche con l’arrivo delle macchine del caffè la Moka viene riconosciuta come una delle migliori espressioni dell’artigianato e del design italiano, tanto da essere presente in due importanti musei internazionali: il MoMa di New York e la Triennale di Milano.
All’esposizione verrà combinato un programma di appuntamenti con laboratori per bambini e corsi di degustazione.

La mostra: 27 novembre – 8 dicembre 2013, Milano. “La Permanente” Via Turati, 3.
Anna Scorsone Alessandri

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LA PALMA TRA SACRO E PROFANO.

Nella cittadina di Bagheria, presso il Palazzo Aragona Cuto, Via Consolare, verrà presentata la mostra d’arte contemporanea: “La palma, tra sacro e profano” organizzata dall’Associazione Culturale RicercArte di Palermo con il patrocinio del Comune di Bagheria e a cura di Marilena Calcara.
La palma nei miei ricordi di bambina la domenica delle Palme ha un’importanza religiosa e per noi bambini era l’occasione per indossare un vestito nuovo, mentre per gli adulti era l’occasione buona per ringraziare Dio per i buoni raccolti ricevuti dalla terra.
I contadini preparavano dei lunghi bastoni interamente rivestiti con tralci di rampicanti, foglie e rami di ulivo, foglie di palma intrecciate. Con gli abiti della festa si arrivava in chiesa per partecipare alla benedizione di questi doni per poi riportarli a casa: l’ulivo e le palme benedette si appendevano, accanto alle immagini sacre, poste sopra il letto delle proprie case e, come augurio di pace e serenità per tutta la famiglia; ma soprattutto per ricordare che la pace e l’amore devono regnare fra gli uomini. Questa valenza simbolica affidata al ramoscello d’ulivo e alla palma, un tempo, si protraeva sino all’anno successivo per poi essere bruciati sempre la domenica delle Palme. Un rito tra sacro e profano, accompagnato da preghiere in rima serviva per esorcizzare la paura dei tuoni e dei lampi e a mandar via il cattivo tempo, credendo appunto che questa condizione climatica avesse la medesima durata del tempo che impiegava la palma a bruciare. Inoltre ancora oggi vi è l’usanza di piantare proprio la domenica delle Palme un ramoscello d’ulivo benedetto ai fini di ottenere un copioso raccolto. Sino a cinquant’anni fa, il venerdì che precede la domenica delle Palme, prendeva vita una processione molto sentita e di grande impatto emotivo. La statua dell’Addolorata veniva portata in spalla per le vie in cerca del proprio figlio, seguita da un lungo corteo di fedeli. La processione avveniva di sera e offriva indubbiamente uno spettacolo suggestivo.
In Calabria vicino il paese di Bova Superiore il rito è speciale perché le figure femminili, spesso giunoniche, ricordano il mito greco di Persephone e di sua madre Demetra dee che presiedevano l’agricoltura. Una leggenda racconta che Ades, signore dell’oltretomba, invaghitosi della fanciulla Persephone, la rapì mentre raccoglieva fiori nel campo Niseo, portandola nel suo sotterraneo. Ciò causò la scomparsa della vegetazione ma, dopo giorni di disperazione e le suppliche di Demetra a Zeus, Persephone poté tornare per metà dell’anno con la madre sulla terra a far rifiorire e rinverdire campi e messi. 

Gli artisti che hanno dato vita a questa collettiva sono numerosi e ciascuno nel proprio sentire artistico, lo ha fissato in una immagine, logicamente come intesa dagli artisti che fanno di questa mostra un ottimo banco di prova nel campo delle arti figurative
Gli artisti: Luciana Anelli, Arturo Barbante, Marisa Battaglia, Cettina Callari, Francesco Collura, Antonina D’Amato, Naire Feo, Manlio Geraci, Liliana Errera, Piera Ingargiola, Valeria Lo Dico, Pino Manzella, Leo Noto, Marina Oddo, Maria Laura Riccobono, Celeste Salemi, Angela Sarzana, Nancy Sofia, Arturo Stabile, Antonella Stillone, Ketty Tamburello, Caterina Vicari, Maria Giovanna Vincenti.

La Palma, tra sacro e profano, dal 23 al 29 novembre 2013 – Palazzo Aragona Cutò, Via Consolare, Bagheria.
Orari: 9,13 – 17,19,30.

Anna Scorsone Alessandri

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Metto alla vostra preziosa attenzione il link di Rai Edu.
Grazie
Fabio Massimo Caruso


http://www.arte.rai.it/articoli/ritratto-dartista-fabio-massimo-caruso/23219/default.aspx

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Alessandro Dalla Nave, Centro Polivalente Gianni Isola, Imola (BO).
La Fondazione Cassa di Risparmio di Imola organizza nei locali del Centro Gianni Isola una mostra intitolata: Alessandro Dalla Nave, Imolensis – Pittore di molto merito, a cura di Giovanni Asioli Martini, (catalogo edito da Mandragora editrice) che propone per la prima volta al pubblico un percorso dedicato al talento, alla ricerca estetica, alla tecnica raffinata oltre che alla ricca personalità e alla vocazione artistica, del pittore e decoratore Alessandro Dalla Nave, protagonista della pittura imolese del Settecento. Non conosciamo la data di nascita di Dalla Nave ma possiamo circoscriverla in un periodo che va dal 1732 al 1736 grazie a tre puntelli cronologici: un documento d’archivio del 1760 lo cita come ventiquattrenne mentre alcune iscrizioni, delle quali non è facile stabilire l’autografia e riportate su alcuni fogli di disegni, ne testimoniano la longeva creatività dichiarandone l’esecuzione rispettivamente nel 1819 di anni 87, nel 1821 di anni 88 e ancora nel 1819 di anni 86. Ma anche il luogo di nascita ha goduto di qualche dubbio d’identificazione; perché in passato venne citata Medicina come cittadina natale, mentre poi venne accertato che la provenienza di Dalla Nave era Budrio.
Un racconto straordinario ci viene dato proponendo per la prima volta, oltre alla esposizione di numerosi disegni, una incisione, la cui analisi da parte di alcuni studiosi ha permesso, attraverso i loro saggi critici, di tracciare in modo esaustivo la vita, le opere e lo spirito umanistico di questo artista che fino all’età di 88 anni continuò ad operare, come è dimostrato in alcuni disegni, nei quali si firma “A.D.N. f. 1821, anni 88”. Anche un importante documento, in versione originale, relativo al Diploma di Accademico d’Onore dell’Accademia Clementina di Bologna, datato 1790, ritrovato presso una collezione milanese. 
Dalla Nave disegna le cascate di un corso d’acqua ponendo al centro della scena una grande conformazione rocciosa. Ben chiaroscurata grazie all’impiego del pennello e dell’inchiostro molto diluito, la roccia crea una zona d’ombra frontale, mentre il corso d’acqua sembra godere della luminosità di una giornata di sole. 
Nel disegno Dalla Nave tralascia il pennello e usa la penna compiendo fitti graticci nella roccia e nel bosco per dare risalto alla luminosità al resto della scena. 
Nella produzione pittorica di Dalla Nave spesso compaiono i corsi d’acqua: sono un elemento naturale che spezza la monotonia dei boschi e delle radure. 
Per quanto riguarda le cascate, esse sono meno frequenti, ma tutte si presentano con caratteristiche simili: un largo muro d’acqua ben contenuto dall’invaso, privo di sassi che ne possono spezzare la portata generando schizzi o rivoli secondari. Ritroviamo cascate simili in un riquadro proveniente da Palazzo Zotti (già Imola, ora Bologna) in una collezione privata, oppure nel dipinto dedicato al Riposo di Ercole in Palazzo Pifferi sempre a Imola. I disegni e la decorazione pittorica si riferirebbero così alla produzione più matura dell’artista, forse aiutato dagli allievi della sua Accademia che aveva sede in Sant’Agata, di fronte Palazzo Pifferi. L’interesse da parte della Fondazione per questo raffinatissimo pittore e decoratore imolese si era manifestato alcuni anni addietro con la pubblicazione dal titolo “Il volto nascosto della città” a cura di O. Orsi e C. Pedrini promossa dall’Assessorato alla Cultura e Musei Civici di Imola, dell’Associazione per Imola Storico-Artistica e del Fondo per l’Ambiente Italiano (Editrice Compositori). 
La mostra è caratterizzata da un moderno allestimento multimediale che propone i luoghi in cui il pittore si espresse caratterizzando gli edifici pubblici e privati ad essere al centro dell’attenzione con i suoi ornamenti e le sue decorazioni che arricchiscono l‘architettura dei palazzi ravvivandone gli interni, lontane dalla staticità dei decori geometrici e dalla pesante atmosfera delle tappezzerie.
Queste straordinarie decorazione arricchiscono gli edifici, più prestigiosi di Imola e porterà il visitatore attraverso l’uso di tablet, a compiere un balzo nel passato e coinvolgere il pubblico a ricercare l’atmosfera degli ambienti del tempo che fu di Alessandro Dalla Nave.

La mostra sarà visitabile fino al 15.1.2014 presso il Centro Polivalente Gianni Isola
Piazza Giacomo Matteotti 4 – Imola (Bologna)
Orario: martedì – giovedì 10-12 / 16-19, – mercoledì – venerdì 16-19, sabato – domenica 10-12 / 16-19.
Ingresso libero. Info 0542 26606.
Inoltre è stato realizzato anche un catalogo che fa parte della collana “Tracce” della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola. 
Anna Scorsone Alessandri

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ANTONIO POSSENTI. L’ALTRA PARTE. CARTE DI LAVORO.

In occasione dell’80esimo compleanno di Antonio Possenti, la Banca di Credito Cooperativo di Pescia e la Fondazione Campus, con il Patrocinio del Comune di Lucca ha organizzato una mostra dal titolo “Antonio Possenti. L’altra parte. Carte di lavoro”. Un’ esposizione di 80 opere quanti sono gli anni che Possenti compie.
Una mostra raccontata dall’artista con opere quasi tutte inedite realizzate nell’arco degli ultimi tre anni. 
In questo percorso espositivo emergono i vari temi caratteristici della sua produzione; ma tiene a precisare che non è un’antologica. I temi non sono altro che occasioni di pittura, situazioni che affiorano periodicamente, rappresentando il suo modo di vedere la vita.
Antonio Possenti spiega: “C’è un aspetto quotidiano del mestiere, che costituisce quell’ “altra parte” su cui si incentra questa mostra – una parte densa di significato che si costruisce ogni giorno, che non ha un tema ma raccoglie i temi che si maturano nella vita. Una dimensione domestica, intima, che non produce bozzetti per le opere da consegnare, ma che ha una completezza sua. I lavori che ho scelto per raccontarmi parlano del rapporto tra l’autore e l’opera durante l’esecuzione di quest’ultima. È lei che decide quando è compiuta, ed in quel momento prende una strada tutta sua” e poi continua “Ci tengo molto a questa mostra – racconta – l’unica delle oltre 200 fatte sinora in tutto il mondo, in cui per la prima volta racconto di me e del valore del disegno. Sono un fautore del disegno. È considerato espressione minore del dipinto, mentre gli è pari”.
La pittura di Antonio Possenti si colloca nella zona intermedia, fra la terra che brulica di persone, di animali, di accadimenti, e cielo dove le cose di questo mondo si mescolano, si meticciano, si trasformano in visioni di prodigi, qualche volta di incubi, anche se in Possenti l’incubo è festoso e benevolo.
Pittore colto che lascia dietro di sé innumerevoli reminescenze, innumerevoli esistenze diverse che aleggiano sopra le tele e le carte nel momento del raccoglimento, quando i fluidi e vorticosi elementi della fantasticheria gli si rivelano in forme e colori. Possenti è uno di quei fortunati artisti che ha il dono di rendere reale l’irreale, e che il mondo nascosto al nostro interno diventi realtà, forse persino più reale del mondo esterno. Delimitare tutto ciò che appare illogico all’occhio comune come una semplice fantasia – o una facile favola – significa in verità confessare che nulla si è compreso della vera natura delle cose. La vera funzione del pittore non sta nel rappresentare ma nel mostrare.

Antonio Possenti nasce a Lucca l’11 gennaio 1933, passa parte della sua adolescenza dedicandosi alla lettura di ogni genere e ciò contribuisce a far scoprire le qualità espressive del disegno. Infatti quando gli chiedevano cosa volesse fare da grande, rispondeva subito : “voglio fare il pittore. Ero abile nella pittura. Poi ho fatto anche tanti altri lavori, per vivere, ma il mio obiettivo è sempre rimasto quello di fare il pittore a tempo pieno e il fatto di esserci riuscito è una gran cosa”. 
Un valido aiuto per la sua formazione intellettuale e culturale l’ha avuto dalla famiglia. Il padre preside di Liceo, la madre insegnante ed il nonno era rettore dell’Università di Pisa.
Completati gli studi, durante il periodo di insegnamento inizia l’attività di disegnatore satirico, succedendo al vignettista Mino Maccari sulle pagine del settimanale “Il Mondo” illustrandone alcuni volumi della Collana. Fondamentale è stato l’incontro con il pittore russo Marc Chagall in Costa Azzurra, nel 1957: da quell’incontro Possenti decide di dedicare anima e corpo al professionismo pittorico. 
“Antonio Possenti. L’altra parte. Carte di lavoro” a cura di Alessandro Tosi. Catalogo edito da Usher arte.
Museo Nazionale Villa Guinigi, casermetta Via della Quarquonia – Lucca – Ingresso libero. 
Visitabile fino al 7 febbraio 2014. - Chiusura domenica e lunedì. 

Anna Scorsone Alessandri

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