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A memoria di

Guenzati Luciano

 

 


GUATEMALA


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Tecniche miste: caolino,pece greca, olio di lino. vetri colorati,corda,legno, madreperla,fogli d'oro zecchino,colori ad olio
1. Tocador de Berinbau:  cm. 154x216
2. Vendedora de votos:  cm. 125x191 
3. Duas Mulheres:  cm. 125x153
4. O Mímico:  cm. 91x152
5. Flores e insetos:  cm. 125x125
6. Natura Morta con Aglio:  cm. 50x45

Luciano Guenzati nasce a Desio (Milano) nel 1925. Grande appassionato di etnologia, dopo alcuni viaggi di studio in Africa si trasferisce in Brasile e poi in Guatemala dove morirà nel 1995. La Sua sete di conoscenza e di avventura lo spinge tra le popolazioni indigene dell'Amazonia e del Mato Grosso. Firma alcuni documentari sui costumi e sui riti tribali brasiliani. Scrive e dipinge ispirandosi alle culture sincretiche dell'America latina ed a quella, in particolare, afro-brasiliana.

I dipinti raccontano il Brasile dove Luciano Guenzati soggiornò come costruttore per ben 35 anni, ma la pittura, la poesia, i viaggi, le ricerche etniche sono state il significato più profondo dei suoi interessi. Temperamento tormentato, spirito inquieto, a volte prigioniero della conoscenza che crea tristezza, malinconia, nostalgia di un ignoto percorso umano, conoscenza ancestrale di sofferenze, disperazione, rimorsi ma con largo respiro della magia. Il Suo discorso, però, è sempre quello di un europeo e non ha pretese universali. La Sua problematica ha senso in Europa e il modo con cui interpreta le altre genti è sempre in relazione (come problematica) alla cultura europea nel senso ampio della parola, cioè manifestazione dell'uomo. Il Brasile raccontato dall'artista non segue la fredda logica dei concetti ma fantasia d'immagini, emozioni delle cose.
La compenetrazione ed il fascino di due culture, quella Amerinda e quella Africana, sono raccontate in tono quasi drammatico. La natura appare ingigantita e suscita fremiti abissali di oscuri simboli, riti magici, riti d'amore. Nella lotta per lo spazio, la ricerca della vita, ma è già corrosione e decomposizione. Il culto dei morti non è ricordo, è presenza. Nella grande foresta abita lo spirito degli antenati, degli animali, dei grandi alberi ed è, quindi, presenza.
Queste opere sono testimonianze di culture che vanno affievolendosi nel travolgente mondo delle tecnologie moderne.